Contrappunti/ Vite in 160 caratteri

Contrappunti/ Vite in 160 caratteri

di Massimo Mantellini - Il contenuto della comunicazione su Twitter è in larga misura irrilevante, mentre il centro del messaggio comunicativo è spesso e volentieri l'umore della comunicazione stessa
di Massimo Mantellini - Il contenuto della comunicazione su Twitter è in larga misura irrilevante, mentre il centro del messaggio comunicativo è spesso e volentieri l'umore della comunicazione stessa

È da qualche settimana che sperimento Twitter senza aver ancora compreso bene cosa sia. Twitter lo si potrebbe definire un tentativo di ibridare la comunicazione testuale breve su canali diversi: via web, instant messaging e SMS. I meccanismi comunicativi sono molto semplici e simili a quelli in uso nei sistemi di messaggeria: una lista di amici con la quale condividere contemporaneamente i messaggi, una eventuale (si può anche decidere di non averne) lista di followers che scelgono di leggere in background ciò che scriviamo, una comunicazione forzatamente sintetica, costretta all’interno del limite dei 160 caratteri tipica degli SMS.

L’idea che mi sono fatto è che Twitter sia una specie di estensione geografica del proprio ambiente familiare. Un sistema capace di seguirci sul web o sul telefono cellulare, all’interno del quale ascoltare le voci dei nostri amici rimandando ogni tanto noi stessi un segnale di vitale presenza. Se questo sia effettivamente vero oppure utile o se sia invece il segno di una decadenza dei tempi non so.

È impressionante notare come il contenuto della comunicazione su Twitter sia in larga misura irrilevante, mentre il centro del messaggio comunicativo sia spesso e volentieri l’umore della comunicazione stessa. Ci si dà il buongiorno su Twitter (o per lo meno ciò accade nella ristretta cerchia di utenti che seguo), si comunicano informazioni personali che mai si divulgherebbero per altre vie: “Stamattina porto il bimbo dal pediatra”, “Oggi sono più leggera, ho appena divorziato”. Notizie meteorologiche si intersecano con brevi commenti lavorativi, i contrappunti della propria giornata sottolineati in un rapido flash. Sembra di poter dire che una quota della comunicazione ultrapersonale che normalmente utilizza gli SMS si allarghi in questo modo ad una cerchia più ampia di persone in ascolto, disegnando una piccola inedita comunità.

Non meraviglia che a molti osservatori tutto questa comunicazione minimale possa risultare irritante ed inutile. Ed infatti un po’ ovunque in rete è possibile leggere pareri sprezzanti sulla vacuità di Twitter e sulla degenerazione dei costumi di quanti decidono di utilizzarlo. Il mio parere anti-twitter preferito è quello di BrodoPrimordiale che vi consiglio di leggere e che così termina:

Insomma, dopo la piaga della gente che ti chiama al cellulare e chiede nei primi 5 secondi di conversazione: “dove sei?”, adesso abbiamo un sito che vuol sapere “What are you doing?”. Urge un servizio 2.0 che, previa iscrizione, consenta finalmente di farsi i cazzi propri.

Ma confesso che, pur riconoscendone i limiti, mi pare che nei confronti delle singole opzioni che compongono questo sistema di multimessaging, Twitter sia in grado di creare uno strumento nuovo che è contemporaneamente privato e comunitario (seppur in un senso assai ristretto).

Le voci in ascolto, se ci pensate, sono quelle delle nostre case: il rumore di fondo, naturale e conosciuto, della nostra vita di relazione. Twitter estende un simile ambiente, ma lo fa senza costringerci troppo lontano. Le voci casuali delle persone che conosciamo ci seguono flebilmente, lampeggiano sullo schermo se siamo on line oppure vibrano nel telefono cellulare se siamo in viaggio, ma proprio per la scarsa rilevanza dei contenuti non partecipano, se non marginalmente, al carico informativo della nostra giornata. Non si aggiungono ai siti web, alle telefonate, ai quotidiani da leggere, ai libri ed a tutto il resto. Ne fanno semplicemente da contorno.

Niente viene sostituito: come spesso accade, gli utilizzi possibili di Twitter sono ancora tutti da definire così come il suo successo fra gli utenti (per non dire la sua eventuale sopravvivenza). Personalmente non mi convincono troppo gli utilizzi informativi che qualcuno sta immaginando (alcuni grandi soggetti informativi come Google news e BBC hanno aperto un canale apposito su Twitter) mentre per ciò che attiene alla tendenza dei bit ad inseguirci ovunque, quella certamente è ormai definitivamente consolidata e non c’è bisogno di Twitter per sottolinearne l’invadenza.

Non voglio la posta elettronica sul telefonino, non avrei tempo e modo (e nemmeno voglia) di essere sempre reperibile per rispondere a messaggi urgenti, aprire allegati, navigare su siti web suggeriti al volo. Ma da qualche settimana a questa parte quando mi allontano da un computer, riindirizzo Twitter sul cellulare dove un leggero suono ogni tanto mi annuncia “nulla di urgente” da leggere o da rispondere: solo la voce leggera di qualche amico che da qualche parte sta facendo qualcosa d’altro.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
29 gen 2007
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