DRM, l'industria bacchetta Steve Jobs

DRM, l'industria bacchetta Steve Jobs

Ai discografici non va giù la posizione di Jobs contro il DRM che, dicono, è strumentale. Nessuno - spiegano - ha costretto Apple a lucchettare in quel modo i suoi contenuti. PI intervista Mazza (FIMI) su questo e sul futuro del DRM
Ai discografici non va giù la posizione di Jobs contro il DRM che, dicono, è strumentale. Nessuno - spiegano - ha costretto Apple a lucchettare in quel modo i suoi contenuti. PI intervista Mazza (FIMI) su questo e sul futuro del DRM

La difesa delle scelte Apple sul DRM vergata dal CEO della Mela Steve Jobs ha dato vita ad un enorme dibattito in rete ma no, non è andata giù all’industria musicale. Perché, dicono ora i suoi rappresentanti, nessuno ha imposto al big di Cupertino un modello di distribuzione che consenta agli utenti di Apple iTunes di riprodurre i brani che acquistano solo su Apple iPod. Nulla da dire contro le protezioni anticopia, ma sostenere che la mancanza di interoperabilità proposta dal modello Apple sia dovuta ad una scelta delle major, questo no, non è accettabile.

IFPI , la federazione internazionale dei fonografici, ieri in una nota ha criticato la posizione di Jobs . “Abbiamo sempre rispettato il modus operandi di Apple sul piano commerciale – ha dichiarato il CEO IFPI John Kennedy – Siamo felici che ora Jobs voglia affrontare il problema dell’interoperabilità, ma sembra affermare che l’interoperabilità ha effetti secondari devastanti. Noi non pensiamo che sia così”. Secondo IFPI, anzi, la vera soluzione risiede proprio nel rendere il DRM interoperabile, un modo per ribadire che se Apple ha scelto un’altra strada lo ha fatto motu proprio e non su spinta delle major.

Kennedy gira il coltello nella piaga invitando Jobs a spiegare in che modo l’interoperabilità rappresenterebbe un danno. IFPI sostiene invece che un DRM “aperto”, che consenta ai consumatori di utilizzare i contenuti che hanno acquistato su piattaforme diverse, sarebbe soltanto un grosso beneficio . Kennedy, che si chiede se Jobs sia disponibile a vendere i film Disney o Pixar senza protezioni DRM, va oltre, nel chiudere la nota diramata ieri: “Fino ad oggi Steve Jobs non ha sostenuto l’interoperabilità. Forse ora la porta è aperta per trovare una combinazione di DRM ed interoperabilità ed avere uno scenario win/win per Apple, l’industria della musica e i consumatori”.

A criticare Jobs è intervenuto nelle scorse ore anche il Consumer Council norvegese, tirato indirettamente in ballo dalla lettera aperta di Jobs: “La nostra preoccupazione – dicono i norvegesi – è che siano Apple e iTunes che debbano affrontare se lo ritengono il problema del DRM e delle industrie discografiche: come abbiamo già detto, è iTunes Music Store che sta fornendo un servizio ai consumatori e dunque ha la responsabilità di offrire un prodotto consumer-friendly”.

Di tutto questo Punto Informatico ha parlato ieri con Enzo Mazza, presidente FIMI , in una conversazione nella quale sono emersi alcuni degli scenari su cui l’industria musicale già sta lavorando, scenari che sembrano poter significare anche il superamento di molti dei conflitti di questi anni.

Punto Informatico: Dunque considerate strumentale la presa di posizione di Jobs?
Enzo Mazza: Sì. Ed è dovuta al fatto che, soprattutto in Europa, Apple è messa all’angolo per la propria scelta sul DRM. Si cerca di girare la patata bollente al soggetto che più facilmente può essere attaccato: l’industria discografica.

PI: Però il DRM non va giù in primis proprio ai consumatori
EM: Il fatto è che il DRM viene raccontato esclusivamente come una limitazione. Ma le protezioni sono solo un pezzo del DRM, uno strumento che consente di associare dati ed informazioni ai contenuti distribuiti, quindi di sapere cosa e quanto circola. Non si parla delle soluzioni che possono mantenere tutte le positività di queste tecnologie.

PI: Ad esempio?
EM: Il DRM è uno strumento che consente di formulare nuovi modelli di business, si prenda Napster, basati su abbonamenti che permettono l’uso completo dei contenuti fino a quando non scadono. E questo delinea anche lo scenario di domani. L’industria vuole l’interoperabilità. Non è un caso se il problema più sentito con il DRM sia proprio questo, l’interoperabilità. Parliamoci chiaro, il DRM non è una novità, anzi è un vecchio problema per l’industria del software, pensiamo ai videogiochi. Da quanti anni lo implementano? Questo non ha impedito a quell’industria di crescere e mi pare in modo significativo. PI: E come sarà il domani di una industria dei contenuti che va verso un DRM interoperabile, senza paletti di piattaforma?
EM: Il futuro è la possibilità di accedere in modo infinito a contenuti che però avremo ottenuto legittimamente. La convergenza di tutti i media porterà ad una totale rivoluzione della questione download-non download, perché avremo una scatola collegata in modi diversi, wireless ecc, ad un’altra scatolina che potremo portarci appresso. Il domani non è il possesso dei contenuti, ma è il loro accesso, è la licenza per l’accesso ai contenuti che si desiderano in qualsiasi modo e momento, e indipendentemente dalla piattaforma. E tutto questo sarà possibile solo con un DRM più evoluto, interoperabile appunto.

PI: Però in questo modo non si tiene conto della natura della rete, fatta sempre più di scambi tra utenti, scambi di ogni genere
EM: È vero il contrario. Scambieremo sempre di più le nostre esperienze. Non ti manderò più il mio contenuto, ti manderò invece la mia playlist, che comprende l’ultimo film uscito, due espisodi di Desperate Housewives , un paio di videogiochi e l’ultimo filmino che ho girato a casa.

PI: E qui torniamo al problema dell’interoperabilità tra piattaforme
EM: Appunto. Sarà possibile, perché no?, mandarti i miei “favoriti” della settimana, magari uno sarà disponibile su un canale televisivo A, un altro sulla piattaforma musicale B ed un altro direttamente dal mio hardware C. Dove sia non avrà più importanza, avrò un codice e con quello accedo. È il massimo del social network.

PI: Superando il “problema” del possesso del file, succeduto al possesso del supporto fisico
EM: Certo, non ci sarà più bisogno di avere gigabyte di cose scaricate. La prospettiva si sposta ad un altro livello. Un’opportunità per l’industria, anche per il marketing è una cosa molto interessante, ma anche per il consumatore.

PI: C’è consenso su tutto questo?
EM: Non bisogna nascondersi le questioni da risolvere. È chiaro che una prospettiva del genere dev’essere condivisa dai carrier, da tutta la filiera dei produttori. Ma l’alternativa è andare verso sistemi di tassazione della connettività offerta dai carrier, che mi sembra molto ma molto più complessa.

PI: E gli utenti? Come pensa che reagiranno?
EM: È bene operare dei distinguo. Nel popolo della telefonia mobile, in pratica chiunque, gli utenti non sono specializzati. Paradossalmente su una popolazione a bassa tecnologia, il DRM non crea problemi. E nella telefonia mobile i contenuti sono blindatissimi, ma non ci sono grandi dibattiti. Il grosso invece avviene in rete, perché è un popolo tecnologicamente molto avanzato che abbisogna di proposte intelligenti.

PI: Non molti si aspettano che arrivino dall’industria
EM: Questa, quella della musica, è un’industria che viene accusata di essere indietro. E invece è quella più avanti, sul commercio “liquido” è quella più avanti. Si sta facendo l’Iraq da sola, con un mercato nuovo affiancato a quello tradizionale.

a cura di Paolo De Andreis

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Pubblicato il
8 feb 2007
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