Bebè hi-tech per prevenire il fenomeno delle nascite incontrollate tra i teenager: questo l’ultimo tentativo in ordine di tempo attuato nelle scuole superiori dello stato messicano di Chihuahua. La speranza è quella di dissuadere i ragazzi dal mettere al mondo prole, mostrando loro quanto sia difficile ed impegnativo accudire un esserino indiavolato che urla e strepita e… rutta.
Il suo nome è RealCare Baby II e cela dietro l’innocente aspetto da tenero poppante, un’avanzata tecnologia utilizzata per tentare di scoraggiare i giovani dal procreare prima del tempo. Divisi in coppie, gli studenti dai 13 ai 17 anni vengono “obbligati” ad accudire i bebè per un periodo di tre giorni circa. Semplice? Tutt’altro.
Questi adorabili pargoli sono programmati per urlare, piangere, aver fame, fare i bisognini ed anche il ruttino agli orari più impensabili, anche e soprattutto nel bel mezzo della notte , poiché, proprio come le controparti umane, non hanno orari se non quelli fisiologici.
“Bisogna cambiar loro i pannolini, dargli da mangiare e anche fargli fare il ruttino. I bebè simulano in tutto e per tutto il comportamento di un neonato vero: ridono, piangono… hanno addirittura piccole coliche” – spiega Pilar Huidobro, capo del programma di istruzione. “Lo spirito dell’iniziativa è quello di far capire ai ragazzi quali siano i rischi e le responsabilità derivanti dal diventare padre o madre in giovane età, pur tuttavia senza tralasciare l’aspetto ludico”.” Nello stato di Chihuahua – continua – si ha uno dei maggiori tassi di natalità tra i teenager, con dati che rivelano che il 20% dei neonati vengono partoriti da madri al di sotto dei 19 anni”.
La chiave di volta del programma è la verosimiglianza tra il replicante e l’essere umano. Quanto più l’esperienza risulterà realistica, tanto più sarà chiaro ai ragazzi quanto duro ed impegnativo sia fare il genitore a tempo pieno.
Non è certo la prima volta che dissuasori-bambole vengono usate per scopi educativi, ma le RealCare Baby II sono innovative sotto vari punti di vista: disponibili in sette nazionalità diverse, dall’afroamericano al giapponese, le bambole riescono anche a constatare la presenza del “genitore” , che dovrà portare al polso un bracciale identificativo il cui chip fornirà indicazioni sia al neonato, sia ai tutor che seguono la coppia. È quindi impossibile lasciare il bambino a se stesso, poiché ogni azione è registrata.
Ma non solo: i bebè sono in grado di capire quando il loro pannolino è sporco, e lo capiranno anche i neo genitori, poichè l’esserino inizierà a prodigarsi per richiamare la loro attenzione emettendo decibel e decibel di urla . Bisogna poi nutrirli, fargli fare il ruttino, farli addormentare ed essere sempre nei paraggi, poiché spesso piangono e sono difficili da calmare “per far provare al genitore la frustrazione di non riuscire a calmare un neonato in lacrime” – spiega il dettagliato sito web del produttore.
Sono addirittura dotati di un sensore di movimento posto sul collo: il genitore dovrà quindi fare attenzione alla postura della testa . Il packaging della bambola è davvero ben fornito: oltre ai vari biberon, pannolini e tutina è anche fornito un dispositivo di allattamento, una vera e propria mammella hi tech da applicare sui vestiti.
Il tutto dovrebbe essere sufficiente a rimandare di svariati anni la voglia di avere figli e servirebbe inoltre a sensibilizzare i ragazzi sull’importanza della contraccezione. Risposte confortanti in questo senso non tardano a giungere: “Gli studenti sottoposti alla full immersion di “caregiving” si sono detti spaventati dall’immane mole di lavoro che la cura del neonato comporta, un lavoro full time, poichè obbligati a portare i bambini a casa con loro anche dopo la fine delle lezioni” – dichiara Huidobro. “La risposta da parte dei ragazzi è stata buona. Tutti concordano sul fatto che sono troppo giovani per avere dei figli”.
Vincenzo Gentile