IT, università a porte chiuse

IT, università a porte chiuse

di Simone Brunozzi - In Italia valgono ancora le solite regole per fare carriera. Anche quando si tratta di materie essenziali come l'Informatica e anche quando in ballo c'è un forte e riconosciuto impegno personale del docente
di Simone Brunozzi - In Italia valgono ancora le solite regole per fare carriera. Anche quando si tratta di materie essenziali come l'Informatica e anche quando in ballo c'è un forte e riconosciuto impegno personale del docente

Mi chiamo Simone Brunozzi, e alcuni di voi mi conoscono per alcuni articoli che ho pubblicato qui su Punto Informatico nel corso degli anni. Oggi vorrei raccontarvi della mia esperienza come docente universitario di informatica, e di come questa esperienza sia finita nella solita maniera “italica”. Spero, con questo, di dare un ulteriore spunto di riflessione ai giovani per la loro carriera professionale o accademica.

Dopo alcuni mesi in California (UC Irvine) per una borsa di studio, ad inizi 2004 sono tornato in Italia perché avevo vinto un posto come professore a contratto presso l’Università degli Studi di Perugia, al Corso di Informatica. Pensavo che potesse essere l’inizio di una carriera accademica, e quindi ho preso molto seriamente questo impegno.

La paga era piuttosto bassa (ben più bassa dei soliti 4-5 mila euro che un professore a contratto riceve per un corso universitario), non avevo assistenti, dovevo lottare ogni volta per avere qualcuno con me durante le sessioni di esami (che preparavo e correggevo sempre io).

Mancando gli strumenti ufficiali, mi ero attrezzato con un sito web ufficiale del corso, una mailing list, dispense sempre aggiornate e scaricabili in sxw e pdf (che rendevano superfluo l’acquisto di qualsiasi libro), email a cui chiedere chiarificazioni e consigli, un sillabus chiaro per spiegare ogni dettaglio di come studiare, come prepararsi agli esami. A detta degli studenti, il mio era uno dei pochi corsi di informatica (notare bene: informatica) che metteva a disposizione quegli strumenti.

Fortunatamente, nonostante le fatiche, i circa cento studenti del corso mi davano parecchie soddisfazioni, e dimostravano una grande partecipazione.

Per due anni accademici consecutivi ho tenuto questo corso, ottenendo delle ottime valutazioni da parte degli studenti (i famosi questionari che vengono passati agli studenti a fine corso), risultando addirittura il miglior docente nel secondo anno di corso. È stata una enorme soddisfazione, per me.

Ammetto candidamente che il mio curriculum accademico, per la materia che insegnavo, era praticamente nullo: tuttavia, con grande impegno e dedizione, sono riuscito a trasmettere tutto ciò che serviva ai miei studenti, tanto che, negli anni a seguire, molti di loro hanno continuato ad usare le mie dispense anche per argomenti di altri corsi, e molti di loro, fin dagli inizi, si sono dimostrati interessati a preparare una tesi di laurea con me.

In qualità di professore a contratto ho anche seguito come correlatore ben 11 tesi, ho partecipato a tutti i consigli di corso tranne uno, ho dato tutte le mie energie per dimostrare ciò che valevo.
Nonostante questo, il mio corso è stato infine affidato ad un altro docente, e tutto il lavoro da me svolto non è stato minimamente riconosciuto, tranne che da pochi stimati che hanno apprezzato, ma non hanno potuto fare molto. L’unica cosa che ufficialmente risulta, è un vago apprezzamento messo a verbale nel consiglio di corso in cui veniva approvato il nuovo docente. Tutto qui.

Ora la mia situazione professionale è comunque stabile e felice, ma mi dispiace molto non essere riuscito a farmi strada a livello accademico, soprattutto pensando che molti docenti non dedicano le stesse energie e la stessa passione per insegnare ai loro studenti.

Il mondo accademico è tuttora in mano a gruppi di anziani professori che fanno i loro comodi e scelgono non in base ai meriti, ma alle loro personali preferenze, a volte politiche, a volte di altra natura.
A tutti quelli che, una volta laureati, sentono il richiamo della vita accademica, consiglio di valutare bene la strada che si intraprende: se cercate la meritocrazia, se cercate le cose facili, se pensate che basti l’impegno e la passione… ricredetevi.

Cercatevi, piuttosto, il famoso santo in paradiso, soprattutto se avete dei meriti e delle capacità: sarà pure un approccio poco morale e troppo pragmatico, ma è l’unico approccio che funziona, in Italia.

Colgo l’occasione per ringraziare tutti gli studenti, e i pochi docenti, che mi hanno sempre sostenuto, e che hanno apprezzato il mio lavoro in questi due anni accademici.

Simone Brunozzi

Questo articolo è rilasciato sotto licenza “Creative Commons Attribuzione – Condividi Allo Stesso Modo 2.5” da Simone Brunozzi ( http://www.ubuntista.it – simone.brunozzi aT gmail.com)

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Pubblicato il
27 feb 2007
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