PA italiana senza cultura digitale

PA italiana senza cultura digitale

Perché il protocollo elettronico non decolla? Perché montagne di carta sotterrano la Giustizia? E l'open source nella PA? La banda larga? Il sottosegretario Magnolfi delinea lo scenario in una intervista a InterLex
Perché il protocollo elettronico non decolla? Perché montagne di carta sotterrano la Giustizia? E l'open source nella PA? La banda larga? Il sottosegretario Magnolfi delinea lo scenario in una intervista a InterLex

Dieci anni di normative sulla trasformazione elettronica della pubblica amministrazione italiana hanno regalato al paese leggi avanzate, studiate anche all’estero: nei fatti, sono pochissimi i vantaggi introdotto nel sistema e per i cittadini. Una delusione cocente per i sostenitori della riforma, una situazione dalla quale è difficile persino ripartire.

Secondo il sottosegretario per le Riforme e l’Innovazione nella PA Beatrice Magnolfi “sono state introdotte alcune novità, come il protocollo elettronico, che però non sono diventate prassi in tutte le amministrazioni. Abbiamo situazioni in cui le tecnologie si sono sovrapposte all’uso della carta”.

Magnolfi, che ne parla in una approfondita intervista pubblicata da InterLex , spiega che il problema non sono le normative, sono le persone, l’insufficiente cultura digitale della PA italiana. “Quando mi trovo di fronte alla pubblica amministrazione reale, da cittadina – spiega – mi accorgo che c’è un enorme vuoto da colmare tra l’impianto normativo e la realtà”.

Occorre quindi passare dalle sperimentazioni alla messa in atto delle semplificazioni e dell’efficienza consentite dal digitale anche con strumenti che vadano ad incidere direttamente sui dirigenti delle amministrazioni, anche a livello retributivo : “Bisogna introdurre – afferma – indicatori di qualità che vengano poi ad agire sulle retribuzioni di risultato. Ci vuole un cambio di passo”.

Un caso su tutti è quello della Giustizia , che Magnolfi descrive come “una gigantesca rete di flussi informativi ormai al collasso. Nessuno viene più a investire in un paese in cui ci vogliono dieci anni per recuperare un credito o otto anni per divorziare”. Per ripartire occorre analizzare i risultati delle sperimentazioni condotte fin qui anche se “in tutti questi anni si sono realizzate solo sette sperimentazioni in altrettanti tribunali. Oltre ad analizzare i risultati delle sperimentazioni, dobbiamo anche dare il buon esempio. Incominci la Corte dei conti a dire che a partire da una certa data tutta la documentazione dovrà essere trasmessa su supporto elettronico e non più su cartaceo”.

Sulla Carta di identità elettronica i tempi saranno ancora lunghi: dopo i fallimenti del passato, spiega il sottosegretario, bisogna ripartire dalle regole tecniche e da lì si potrà produrre lo strumento necessario alla “modernizzazione del Paese, come strumento unitario per l’accesso ai servizi”.

Altro fronte su cui si sta intervenendo è quello della sicurezza informatica e sulla banda larga . “Il nostro obiettivo di legislatura – ricorda Magnolfi – è la copertura del territorio nazionale al cento per cento con la banda larga. Questa è una priorità programmatica, che è resa più chiara anche dall’apertura sul cosiddetto mix tecnologico di WiFi, WiMax e così via. È chiaro che un Paese sempre più connesso, perché sono più di venti milioni i cittadini connessi a Internet, deve tener conto del problema della sicurezza delle reti”.

Ineludibile poi, secondo Magnolfi, una riflessione complessiva che punti ad una riforma del diritto d’autore “perché – aggiunge – le tecnologie cambiano tutto, soprattutto nel Web di seconda generazione, dove i cittadini possono diventare anche autori, non ci sono più intermediari o distributori; si va direttamente su siti come Youtube, mentre il modello Wiki in qualche modo ridefinisce anche il principio della paternità intellettuale”.

E sull’ open source Magnolfi conferma l’impegno del Governo, già espresso nella Finanziaria, e spiega: “Ho pensato che sarebbe utile reinsediare una commissione, che in sostanza dovrebbe essere la comunità di coloro che hanno dato un contributo, sono stati i pionieri, hanno fatto le esperienze più interessanti nei vari settori. Lavoreranno on line per sei mesi e produrranno un documento finale per capire se quella direttiva (la direttiva Stanca sull’open source , ndr.) è ancora valida, se va aggiornata, se è stata applicata. La Finanziaria ci impone anche di realizzare il market place, il sito frutto del lavoro dell’osservatorio del CNIPA, in cui le soluzioni open source diventano patrimonio comune. Il bello è che ormai tutti parlano di standard aperti, mentre qualche anno fa c’era il rifiuto di questi temi, sembrava che parlarne fosse cosa da comunisti”.

L’intera intervista è disponibile a questo indirizzo

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Pubblicato il
1 mar 2007
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