I 21 flop tecnologici da non dimenticare

I 21 flop tecnologici da non dimenticare

ComputerWorld ha deciso di festeggiare i flop più imbarazzanti del mondo IT; gli utenti decideranno qual è il pacco più clamoroso
ComputerWorld ha deciso di festeggiare i flop più imbarazzanti del mondo IT; gli utenti decideranno qual è il pacco più clamoroso

ComputerWorld ha deciso di consacrare il 6 marzo ad una nuova festa pagana dal vago sapore luddista: il giorno dei flop tecnologici più imbarazzanti. In ricordo del virus Michelangelo che, il 6 marzo del 1992, avrebbe dovuto portare il seme della devastazione negli hard disk di mezzo mondo, ecco pronta una sorta di nomination online catartica. Quattordici prodotti che non ce l’hanno fatta: non tanto perché erano una schifezza, ma per questioni congiunturali – o astrali.

Oggi verranno divulgati i risultati delle votazioni che hanno coinvolto gli utenti. Per una dettagliata panoramica in rigoroso ordine alfabetico non si può che partire con l’ Apple Newton del 1993 (vedi foto sotto). Una specie di PDA “gigantesco” – almeno per gli standard attuali – con riconoscimento della scrittura che venne stroncato sulle strisce di Doonesbury. Costava 700 dollari e non brillava per usabilità, anche se è rimasto nel cuore di molti.

Altro gingillo dal grande impatto emotivo, soprattutto nel settore musicale, è stato il lettore DAT portatile. Lanciato nella metà degli anni ’80, da Sony e Philips, avrebbe dovuto conquistare le folle per la sua qualità audio, ma alla fine proprio questa peculiarità si dimostrò una croce. Per timore che la pirateria potesse approfittarne, le major convinsero il Congresso statunitense a varare una Legge che obbligava non solo l’implementazione di un sistema rigidissimo di protezione per i DAT, ma anche royalty per i distributori – ovviamente da pagare alle case discografiche. ComputerWorld lo considera un flop perché la tecnologia DAT mirava al grande pubblico mentre il suo spazio se l’è preso esclusivamente in ambito professionale.

Il gingillo della Mela Alla fine degli anni 90 del secolo scorso, la catena Circuit City lanciò il servizio DIVX (Digital Video Express) – niente a che vedere con il noto codec. In pratica si potevano noleggiare i film su dischi DIVX per due giorni e poi restituirli o riciclarli. Il problema è che avevano bisogno di player particolari che ovviamente vendeva solo Circuit City. Fra il 1998 e il 1999 si consumò la debacle : i DIVX persero clamorosamente nei confronti dei DVD.

Sempre a fine ’90 vanno ricordate le cosiddette dot-bombs: il collasso della new economy “prima maniera” e le molte aziende quotate al NASDAQ che si estinsero in una bolla di sapone. Dieci anni fa, come oggi, gli ebook reader se la passavano male anche se Sony, tra gli altri, continua a crederci.

Come Apple, anche IBM ha da farsi perdonare almeno un oggetto: il PCjr . Un personal computer che nel 1984 avrebbe dovuto opporsi ad Apple II e Commodore 64. L’epilogo lo conosciamo tutti; però nel modernariato adesso potrebbe difendersi con buone quotazioni.

Flooz e Beenz , praticamente sconosciute in Italia, ebbero la brillante idea sempre nei ’90 di inventare la moneta di Internet. Una valuta che non aveva valore corrente, ma che avrebbe dovuto sostituire il denaro nell’ecommerce. I consumatori alla fine preferirono le carte di credito.

Altro flop devastante: Iridium . La rete satellitare che nel 1998 avrebbe dovuto permettere le chiamate telefoniche in ogni parte del mondo. I 66 satelliti funzionavano ma il business plan era fallato , le tariffe irraggiungibili. Iridium ha cambiato padrone più volte ma non è mai… decollato. Ricordate Windows Bob ? Sì, l’interfaccia grafica presente su Windows 3.1. Avrebbe dovuto avvicinare i neofiti al PC, ma secondo gli esperti rappresentò un agghiacciante tentativo di insulto all’intelligenza.

Un’altra chicca è senza dubbio il “mitico” Net PC. Il più famoso si chiamava iOpener ed era prodotto dalla Netpliance. Insomma, permetteva la navigazione online e… basta. Mancava di tutte le funzionalità di un pc normale, ma costava uguale. Larry Ellison di Oracle lo ha proposto in due diverse occasioni e se oggi non se ne parla un motivo c’è .

Un altro flop bizzarro è quello dell’ufficio senza carta. Qualcuno pensava che con l’avvento della mail qualcosa sarebbe cambiato. Poi nel 2002 il MIT di Boston pubblicò “The Myth of the Paperless Office”, rilevando che il mailing aveva prodotto un incremento dell’utilizzo della carta in ambito aziendale del 40%. Dati poi confermati anche da altre ricerche autorevoli .

Il gingillo della Mela Nel 1996 l’hype ronzava intorno alle tecnologie Push , ma non quelle che hanno reso famoso il BlackBerry, bensì i servizi news ed informativi in genere. PointCast Network era leader del settore. Sebbene il mailing mobile e i feed RSS assomiglino concettualmente al push, la differenza è sostanziale grazie alla presenza di numerosi sistemi di filtro e personalizzazione. E Pointcast (schermata qui accanto) chiuse i battenti nel 2000.

E che ne è stato anche di quegli “apparecchi intelligenti” che avrebbero dovuto rendere la domotica un segmento affermato? Un flop anche quello, sentenzia Computerworld .

Ma l’incubo della Generazione X si chiama “realtà virtuale”, concetto dietro alcuni dei fiaschi più clamorosi. Eppure i media tradizionali ci cascano ancora. Terribile flop. Anzi “floppissimo” per chi ha comprato titoli di imprese troppo ottimiste.

Completano la lista una serie di tecnologie che considerare flop potrebbe risultare discutibile: Apple Lisa, Dreamcast, NeXT, OS/2, Qube, il riconoscimento del parlato e la Web TV. Ma non si può essere d’accordo su tutto.

Dario d’Elia

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Pubblicato il
6 apr 2007
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