La prima Authority sul DRM

La prima Authority sul DRM

Nasce in Francia e dovrà vigilare sull'applicazione della legge sul diritto d'autore. Parigi ha già inviato ai giudici 23 pagine per spiegar loro come muoversi anche sul P2P e ora dà lezioni
Nasce in Francia e dovrà vigilare sull'applicazione della legge sul diritto d'autore. Parigi ha già inviato ai giudici 23 pagine per spiegar loro come muoversi anche sul P2P e ora dà lezioni

Parigi – Un’Authority indipendente ora vigila sull’applicazione della controversa legge DADVSI , Droits d’Auteur et Droits Voisins dans la Société de l’Information , approvata lo scorso agosto. Il Ministro della Cultura francese, Renaud Donnedieu de Vabres, ne ha ufficialmente nominato i membri nei giorni scorsi, nel quadro di un’azione coordinata e uniforme, che proietta la Francia alla testa della cordata europea che tenta di districarsi nella questione DRM. Un’Autorità sul DRM semplicemente non s’era mai vista .

“Autorità di regolazione riguardo alle misure tecniche”, familiarmente definita ARMT, il nuovo organismo previsto dalla legge DADVSI si propone due obiettivi, segnala French-Law.net . Il primo sarà vigilare sull’implementazione delle linee guida riguardo all’ interoperabilità dei sistemi DRM , che non dovranno ingabbiare gli utenti in lock-in da tecnologia, costringendoli ad una fruizione di contenuti strettamente legata alle piattaforme. Il secondo obiettivo dell’ARMT sarà assicurarsi che i sistemi di protezione non impediscano agli utenti di godere di diritti come la copia privata , eccezione alla legge che regola il diritto d’autore.

Sei membri per sei anni, reclutati presso istituzioni indipendenti quali la Corte dei Conti, di Cassazione e il Consiglio di Stato. Banditi dalla composizione dell’Autorità coloro che abbiano legami con l’industria dei contenuti e con lo sviluppo di sistemi DRM : una condizione che qualcuno critica, perché ne uscirebbe un’Authority sostanzialmente “incompetente”.

Per quanto riguarda l’interoperabilità, l’ARMT potrà ricevere segnalazioni di comportamenti fuorilegge esclusivamente dalle industrie del software e dai fornitori di servizi, qualora si vedano negate dai fornitori di DRM le specifiche tecniche sulla base delle quali garantire l’interoperabilità. L’Authority non potrà ricevere segnalazioni da parte dei consumatori: la segretezza riguardo al funzionamento dei sistemi DRM è d’obbligo perché questi sistemi non perdano di efficacia.

La questione dell’interoperabilità, il suo corollario che impone che le specifiche tecniche dei sistemi di protezione debbano essere condivise, è particolarmente controversa: alla luce del fatto che EMI in primis abbia deciso di rendere disponibile il suo catalogo presso iTunes, privo di DRM, le disposizioni francesi potrebbero perdere di senso al mutare del mercato.

L’ARMT è inoltre investita del delicato compito di conciliare l’operare dei sistemi DRM con la garanzia di poter eseguire la copia privata . In questo caso l’Authority raccoglierà anche dagli utenti le segnalazioni riguardo a DRM eccessivamente restrittivi, che impediscano operazioni lecite sui contenuti protetti. Se le due parti, consumatore e fornitore di DRM, non dovessero raggiungere un accordo, sarà l’ARMT a sanare il contenzioso.

La legge, però, è particolarmente fumosa in merito: non è chiaro lo statuto dei contenuti distribuiti online e di quelli distribuiti su supporto DVD, ai quali potrebbe non essere applicata l’eccezione della copia privata; è ancora materia di discussione il numero di copie private da concedere all’utente, senza che queste danneggino il detentore dei diritti di proprietà intellettuale.

Sarà l’ARMT a deliberare a riguardo. E Christophe Espern, uno dei fondatori di EUCD.info , esprime in un’ intervista la sua preoccupazione: sfiduciato riguardo alla possibilità di ottenere qualche risultato nell’ambito dell’interoperabilità (l’industria nutrirebbe troppi interessi a riguardo), Espern teme che la Francia si illuda di poter tutelare la copia privata e, al tempo stesso, incoraggiare l’introduzione di misure che possano negarla.

Certo è, però, che nonostante discrepanze in ambito legislativo e un quadro internazionale quantomai frammentato e in divenire, il tentativo francese dimostra una compattezza e una risolutezza difficilmente riscontrabili altrove. Una risolutezza dimostrata anche in occasione di una circolare del Ministero della Giustizia emanata lo scorso gennaio, per offrire alla magistratura delle linee guida che consentano ai giudici di operare in maniera unitaria e coerente nei confronti del file sharing e dell’elusione delle misure tecnologiche di protezione dei contenuti.

La circolare, 23 pagine dense, specifica che sono previste pene graduali e proporzionate al reato , che puniscono l’aggiramento di sistemi DRM ed il semplice download illegale, e che scoraggiano lo sviluppo di software esplicitamente creati per condividere opere protette, bloccando alla fonte lo sharing fuorilegge con la minaccia di pene detentive di tre anni e sanzioni pecuniarie fino a 300mila euro. Pene dissuasive, che spaventano gli utenti e indignano le associazioni anti DRM, che riflettono al tempo stesso l’intenzione della Francia di dare l’esempio di come si possa camminare su un terreno accidentato, spesso reso ancor più dissestato da contraddizioni giuridiche e dalle pressioni di innumerevoli gruppi di interesse.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 13 apr 2007
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