Il "J'accuse" di Kevin Mitnick

Il "J'accuse" di Kevin Mitnick

L'hacker appena scarcerato usa parole ponderate ma di fuoco contro i media che l'hanno perseguitato per cinque anni e contro i metodi della magistratura federale americana
L'hacker appena scarcerato usa parole ponderate ma di fuoco contro i media che l'hanno perseguitato per cinque anni e contro i metodi della magistratura federale americana


Lompoc (USA) – Di seguito ampi stralci del discorso che Kevin Mitnick ha rilasciato all’atto della sua liberazione dopo 5 anni di carcere per “frodi e attacchi hacker ai danni di sistemi informatici pubblici e privati”. Tra le varie imputazioni spiccava quella secondo cui Mitnick, abusando dei sistemi informatici di Pacific Bell, sarebbe entrato abusivamente in possesso di codici sorgente di programmi specializzati di Motorola, Novell, Sun Microsystems ad altri.

“Prima di tutto vorrei ringraziare i milioni di individui che hanno visto il sito kevinmitnick.com nel corso della mia detenzione e che negli ultimi cinque anni mi hanno dimostrato il loro sostegno. Non hanno idea, probabilmente, di quanto questo sia stato importante per me.

“Nel corso della mia detenzione non ho parlato, ho rifiutato decine di richieste di interviste dai media di tutto il mondo e questo per una sola ragione molto importante: la mia vita e le mie azioni sono state manipolate e rappresentate rozzamente dai media da quando avevo 17 anni, quando cioè il Los Angeles Times per primo violò la prassi, e forse la legge, sulla non-pubblicazione dei nomi di minori sottoposti a procedimento penale”.

“Nel mio caso le questioni aperte sono molte e lontane dal chiudersi, almeno fino a quando i media continueranno ad accrescere il proprio potere con la creazione del… mostro del mese. Mi riferisco in particolare alla violazione di ogni etica giornalistica da parte di un uomo, John Markoff, reporter di una delle organizzazioni informative più potenti del mondo, il New York Times “.

“Il mio caso riguarda le azioni del tutto straordinarie intraprese dai procuratori federali David Schindler e Cristopher Painter per impedirmi la difesa ad ogni nuovo step del mio procedimento”.

“Più di ogni altra cosa, il mio caso riguarda lo straordinario favoritismo e la deferenza che i tribunali federali hanno mostrato verso i procuratori federali determinati a vincere a qualsiasi costo, arrivando a pormi in stato di isolamento per togliermi alcuni dei diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione”.


“Markoff è diventato miliardario grazie ai suoi articoli diffamatori sul New York Times e al suo libro del 1991, Cyberpunk. Nel 1994, il 4 luglio, un articolo di Markoff in prima pagina sul New York Times non solo mi accusava di 60 capi di imputazione inesistenti e dati per certi, ma anche mi definiva come il criminale informatico più ricercato. In quell’articolo venivo accusato di aver spiato l’FBI , cosa mai contestatami e falsa, o di aver acceduto ai computer del NORAD, che non sono nemmeno connessi a una qualsiasi rete esterna. Non solo, secondo Markoff sono l’ispiratore del film War Games scritto molto tempo prima da persone che non ho mai conosciuto”.

“Inoltre, in tutti i suoi articoli Markoff non ha mai reso note le sue relazioni private con Tsutomu Shinomura che precedono di anni il mio arresto” (Shinomura è stato l’espertone informatico assoldato dalla polizia federale che è riuscito a rintracciare Mitnick e che ha condotto al suo arresto, ndr). “Sia Markoff che Shinomura hanno partecipato come agenti federali al mio arresto, in violazione delle leggi e della deontologia giornalistica. Entrambi erano presenti quando tre mandati in bianco sono stati utilizzati per perquisire illegalmente la mia abitazione e per arrestarmi, e né l?uno né l’altro hanno mai parlato dell’illegalità di quanto era accaduto”.

“Ho ammesso fin dal mio arresto di aver commesso atti illegali, di aver invaso la privacy di molti ed ero pronto a patteggiare per questo. Ma nulla di quanto suggerito da Markoff, che io cioè fossi colpevole di ogni genere di truffa, è vero o sostenuto dalle prove”.

“Quello che è successo è dovuto alla mia curiosità. Io volevo sapere fino a che punto ero in grado di capire il funzionamento delle reti telefoniche, gli “in” e gli “out” della sicurezza informatica. Non ci sono prove, e certamente non c?era alcuna intenzione del genere da parte mia, che io abbia tentato di rubare qualcosa a qualcuno”.

“Anche se non è stata rilevata nessuna prova di truffe o di tentativi di truffe, i procuratori federali non mi hanno offerto alcun accordo ragionevole per patteggiare. La loro prima offerta includeva la richiesta che io ammettessi di aver compiuto frodi per 80 milioni di dollari e che non avrei mai fatto il nome delle aziende coinvolte nel caso. Ma si è mai sentito di un caso di frode dove i procuratori hanno tentato di impedire che la frode stessa si palesasse? Questo è il metodo che hanno utilizzato per manipolare l’ammontare dei danni, per esagerare il pericolo, per coprire le informazioni sulle aziende coinvolte e per spingere queste ultime a dichiarare danni inesistenti ma coerenti con le false accuse create attorno a me da Markoff e dai suoi articoli diffamatori sul New York Times”.


“Il punto è che io non ho mai rubato alcunché alle aziende coinvolte in questo caso. Né ho mai commesso frodi ai loro danni. E non c’è la più piccola prova che questo sia invece successo. Ma i procuratori non sarebbero mai stati capaci di violare i miei diritti costituzionali senza la complicità della magistratura statunitense. Da quanto ne so, sono l’unico imputato nella storia degli Stati Uniti a cui è stata negata un’udienza per la scarcerazione su cauzione. Recentemente Painter ha affermato che una tale udienza sarebbe stata inutile perché secondo lui il giudice in questo caso non avrebbe concesso la scarcerazione”.

“E questo che significa? Forse che il giudice del mio caso era prevenuto su di me prima ancora delle udienze? Forse che Painter ritiene di aver l’autorità di determinare di quali dei diritti costituzionali gli imputati possano di volta in volta godere?”

“In questo caso il giudice si è rifiutato di ottenere dai procuratori il rispetto dei procedimenti e più volte, per quattro anni, ha esplicitato di non voler ordinare ai procuratori di sottoporre alla corte copie delle prove contro di me. Per coloro che non conoscono bene il mio caso, io sono stato una vittima della carcerazione preventiva, senza udienza per poter chiedere il rilascio su cauzione, per quattro anni. In questi quattro anni non mi è stato concesso di esaminare alcuna delle prove contro di me perché i procuratori hanno contrastato tutti i nostri sforzi tesi a conoscere le prove e il giudice si è rifiutato di ordinare loro di fornire quelle prove”.

“I problemi di questo processo sono ben più importanti di me o di qualsiasi giornalista del New York Times, sono molto più importanti dei procuratori e del giudice che mi ha negato diritti costituzionali. Sul tappeto ci sono i diritti che la Costituzione ci garantisce, il diritto di ciascuno e ognuno di noi di essere protetto dall’assalto dei media e di essere protetto dalle azioni di procuratori che vogliono vincere ad ogni costo i processi, anche a costo di violare i diritti costituzionali dell’imputato”.

“Ciò che è stato fatto a me può accadere ad ognuno di voi. E in chiusura lasciatemi dire che gli Stati Uniti mettono dietro le sbarre un così alto numero di persone che non ha paragoni in alcun altro paese del mondo. Grazie a tutti”.

Kevin Mitnick

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Pubblicato il
24 gen 2000
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