Scorporo funzionale o One Network?

Scorporo funzionale o One Network?

Alla vigilia dell'assemblea degli azionisti Telecom, c'è fermento sul futuro della rete. Pronto un provvedimento che conferisce maggiori poteri all'Agcom. Molti chiedono la separazione societaria sul modello One Network
Alla vigilia dell'assemblea degli azionisti Telecom, c'è fermento sul futuro della rete. Pronto un provvedimento che conferisce maggiori poteri all'Agcom. Molti chiedono la separazione societaria sul modello One Network

Milano – Tappa importante, oggi, per Telecom Italia . L’azienda affronta l’assemblea degli azionisti, mentre lo scorporo della rete rimane il rovello su cui dibattono maggiormente addetti ai lavori e non.

È opinione ormai condivisa che in futuro sia opportuno che la rete diventi un’entità a sé stante, il nocciolo della questione sono però le modalità in cui concretizzare la separazione. Governo e Agcom , come noto, sono orientati ad una separazione funzionale e non societaria. Né più né meno di quanto Telecom Italia ha già dichiarato di voler fare, con l’intento di porre in essere la separazione per “sgombrare definitivamente il campo dalle accuse che spesso ci vengono rivolte di scarsa trasparenza nelle transazioni tra la componente di rete locale d’accesso e il resto dell’azienda”.

“La separazione funzionale della gestione della rete da quella dei servizi, indipendentemente dal suo assetto proprietario (pubblico o privato) sarebbe una soluzione favorevole non solo alla concorrenza, ma anche ai consumatori – commenta Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del Cittadino – perché si avrebbe da un lato una più chiara valutazione dei costi dei servizi Telecom, dall’altro un più libero e conveniente accesso di altri operatori che, usando la stessa rete della società, potrebbero offrire differenti servizi”.

“La separazione funzionale non è una panacea e deve essere effettuata solo nel caso di un serio problema di concorrenza nel mercato nazionale”, ribatte Martin Selmayr, portavoce del commissario europeo Viviane Reding, considerando che tale soluzione deve scaturire da “una valutazione che deve essere fatta dal regolatore nazionale in piena indipendenza”. “Quest’anno – aggiunge – presenteremo una proposta ufficiale per riformare le regole europee delle telecomunicazioni e questa includerà anche il rafforzamento dei regolatori nazionali per dare loro la possibilità di imporre la separazione funzionale”, ma le autorità nazionali “dovranno valutarne l’opportunità in funzione della singola situazione nazionale”.

Intanto il Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni annuncia , per la prossima settimana, un emendamento del Governo sul ddl all’esame del Parlamento sui poteri dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in materia di regolazione della rete di accesso. “L’emendamento – si legge nella nota del ministero – consente all’AGCOM – sulla base della verifica delle condizioni di mercato, della consultazione pubblica e del confronto avviato dall’ottobre scorso con gli operatori – di stabilire le regole e le relative misure organizzative per assicurare che la rete di accesso sia gestita con criteri di neutralità, di autonomia e di separazione funzionale dalle altre attività dell’impresa titolare di notevole forza di mercato. Tali regole assicureranno parità di trattamento esterna ed interna per tutti gli operatori che chiedono accesso ed includeranno anche la definizione del perimetro delle attività soggette a separazione”.

“Il Codice delle Comunicazioni verrà così aggiornato, in linea con gli orientamenti comunitari – ha dichiarato Gentiloni – Nessuna regola decisa per decreto, ma l’affermazione del ruolo dell’Autorità indipendente di regolazione, indispensabile alla luce del confronto sulla separazione della rete che è in atto da sette mesi”.

Sul tema “separazione” assume rilievo un contributo di Francesco Sacco , docente di strategia e politica aziendale all’Università Bocconi. In un articolo pubblicato su Europa (e ripreso dall’ Istituto Bruno Leoni ), Sacco spiega pro e contro del modello inglese, basato sulla “separazione funzionale”, con le ragioni per cui ritiene più efficiente e vantaggiosa una “separazione societaria”.

“Il modello inglese – precisa – prevede una separazione soltanto amministrativa dell’ultimo miglio della rete dal servizio al dettaglio con la proprietà che però rimane sempre in capo all’incumbent. Gli incentivi e la governance delle due entità sono separate come sono anche distinti il marchio, le strutture fisiche e il flusso delle informazioni (…) La separazione funzionale ha un elevato costo di controllo, ed anche per questo l’organico e il budget di Ofcom sono circa il triplo di quelli della nostra Agcom. In UK ci sono 247 impegni, molto dettagliati e legalmente vincolanti, che BT deve rispettare per garantire una equivalence of input ai suoi concorrenti e sono stati necessari più di 17 mesi di lavoro per individuarli”.

“Una separazione societaria – osserva Sacco – sarebbe ben più facile da gestire efficacemente e più veloce da implementare. Per farlo non è necessario l’intervento pubblico. Se TI volesse vendere la sua rete “societarizzata”, troverebbe molti investitori che apprezzerebbero il suo profilo rischio-rendimento simile a quello di una utility anche se soggetta ad obsolescenza tecnologica”. La separazione dell’ultimo miglio non sarebbe però una soluzione sufficiente: “Separando solo l’ultimo miglio chi investirà nelle nuove reti? Non sarà possibile evitare duplicazioni e quindi inefficienze. La competizione infrastrutturale è ormai datata. Il futuro è la competizione sui servizi”.

Altroconsumo ammonisce l’Agcom per il ritardo con cui sta affrontando la situazione nel suo complesso, poiché l’Authority “non ha mai convocato una consultazione pubblica per definire gli aspetti regolatori nella separazione funzionale della rete telefonica, come invece annunciato con le fanfare sul proprio sito internet il 22 febbraio scorso, e non ha la forza per imporre la regole del gioco a tutela degli interessi diffusi di tutti i consumatori e del Paese”.

“L’Authority – considera l’associazione – ha sulla carta le leve per garantire trasparenza e concorrenza nel mercato della telefonia; sarebbe dovuta intervenire puntualmente affinché l’ex-monopolista, Telecom, non fagocitasse il mercato sfruttando la sua funzione di operatore all’ingrosso sugli altri operatori, mantenendo elevatissime quote di mercato al dettaglio nel fisso e ancora più nella banda larga, a danno dei concorrenti e dei consumatori finali. Interventi mai realizzati, con diversi episodi di abuso di posizione dominante, dall’ADSL all’unbundling (il famigerato ultimo miglio)”.

E allineandosi alle considerazioni del professor Sacco, Altroconsumo osserva che “il modello Openreach (la business unit di BT che gestisce la rete nel regno Unito, ndr) potrebbe non essere la soluzione, proprio per la debolezza storica dell’Agcom, lontana anni luce dalla sua omologa del Regno Unito, che gestisce e garantisce per l’attività di Openreach. Esiste il modello innovativo One Network, che prevede la compartecipazione di vari operatori nella gestione della rete sotto il controllo dell’Agcom. Un esperimento interessante che prevedrebbe degli investimenti di ammodernamento sulla rete, con benefici diretti per i gestori (tutti gli operatori, non il solito fortunato di turno) nell’interesse dello sviluppo del Paese. La rete, dal punto di vista tecnologico è vecchia: l’Italia rischia a breve il gap tecnologico rispetto agli altri Paesi europei”.

Stefano Quintarelli , fra i maggiori esperti italiani di reti e servizi di comunicazione, e membro del comitato scientifico di Equiliber , considera da sempre il modello One Network come la soluzione ideale per il mercato TLC, valutando antistorica la divisione funzionale sul modello Openreach e sottolineando inoltre le critiche mosse da chi – come Cable & Wireless – ne lamenta già l’inefficacia, caldeggiando la separazione strutturale, pur nell’eventualità che la proprietà rimanga la medesima.

Dario Bonacina

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Pubblicato il
16 apr 2007
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