Italia pronta al Grande Database Genetico

Italia pronta al Grande Database Genetico

Il colonnello dei RIS Garofano parla di prelievi obbligatori per chi viene arrestato o è indagato oppure fermato per reati che prevedono più di tre anni di carcere. Il database, sottolinea, batterà il crimine
Il colonnello dei RIS Garofano parla di prelievi obbligatori per chi viene arrestato o è indagato oppure fermato per reati che prevedono più di tre anni di carcere. Il database, sottolinea, batterà il crimine

Lo chiedono i protocolli di collaborazione investigativa firmati dall’Italia, lo permette la tecnologia, lo hanno già fatto alcuni importanti partner europei: tutto spinge perché il Belpaese si doti della sua banca dati genetica , quel database del DNA che secondo il colonnello dei RIS di Parma, Luciano Garofano, è uno strumento essenziale per combattere la criminalità. E la normativa che aprirà le porte all’archiviazione dell’impronta genetica di molti italiani è imminente.

Lo ha sostenuto Garofano nel corso di un convegno, in cui ha spiegato che l’ Italia è pronta e che, anzi, “in realtà saremo gli ultimi in Europa ad averla”. A suo dire l’Italia “ha aderito al trattato di Prum per lo scambio di dati a livello internazionale, ma non abbiamo dati da fornire. Per cui non posso che essere fiducioso del fatto che la legge arriverà presto”.

Secondo il colonnello, il mondo politico è sempre più attento a questa tematica proprio perché “i tempi sono maturi” e perché l’Italia ha bisogno di questo genere di banca dati. “In Inghilterra – ha sottolineato Garofano – la percentuale dei reati che venivano scoperti prima dell’uso dei dati genetici era del 26 per cento. È salita al 46 per cento nel momento in cui gli investigatori si sono avvalsi di tecniche basate sul DNA; per passare infine al 59 per cento quando è stata creata la banca dati ad hoc “.

Garofano si dice quindi sicuro dell’efficacia di un database di questo tipo che non solo consente di “sgominare i protagonisti di reati che prima non potevano venire identificati” ma anche permette di “scagionare innocenti”. Una tesi da sempre controversa tra gli esperti , soprattutto tra coloro che temono due possibili scardinamenti di un database del genere: il primo generato da un “furto” di informazioni genetiche per un successivo abuso delle stesse, il secondo legato alla possibilità che le attività investigative si “appoggino troppo” sul database genetico e dimentichino la necessità di riscontri di diverse tipologie e fonti.

La risposta di Garofano è che questo è l’esempio del caso di via Poma , quello dell’omicidio di Simonetta Cesaroni, un caso mai risolto che risale a dieci anni fa: secondo il colonnello “oggi non può essere riesaminato con le nuove tecniche genetiche proprio perché non disponiamo dei campioni biologici. Se non conserviamo i campioni diventa impossibile utilizzare le nuove tecniche che si prospettano all’orizzonte. La paura di violare la privacy non può essere una giustificazione a non fare una legge. La libertà, del resto, transita attraverso la sicurezza. E qui stiamo parlando della sicurezza degli italiani”.

Il colonnello dei RIS sembra certo che la legge arriverà a breve, anche perché è un testo di legge su cui ha lavorato il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita presso la presidenza del Consiglio. Un testo, ha sottolineato Garofano, che è già “all’esame dei ministeri della Giustizia e degli Interni” e che prevede il prelievo coatto per chiunque sia indagato o fermato per reati che possono portare a pene superiori ai tre anni di reclusione e per tutti coloro che vengono tratti in arresto.

Se questo scenario può far venire i capelli dritti ai sostenitori della privacy, di certo non va giù liscio come l’olio al Garante per la privacy . Francesco Pizzetti, che presiede l’Autorità, non è affatto convinto che possano essere conservati impunemente sangue o capelli di italiani per trarne profili genetici. “Una legge è assolutamente necessaria – ha spiegato – ma un eventuale provvedimento va valutato con estrema attenzione. È bene che la raccolta dati sia circoscritta alla sequenza alfanumerica, e non alla conservazione di campioni biologici”.

“Speriamo – ha continuato Pizzetti – che la nostra esperienza venga tenuta in debita considerazione, e chiediamo di essere sentiti dal Parlamento sul tema”. Difficile ritenere che una normativa in materia possa essere considerata credibile in assenza di un ampio dibattito nazionale sulle implicazioni di un database di questo genere e del concetto stesso di prelievo coatto dei dati genetici.

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Pubblicato il 29 giu 2007
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