Napster: il futuro è nel denaro

Napster: il futuro è nel denaro

Un miliardo di dollari. Con questa cifra il sistemone spera di comprarsi l'approvazione delle majors discografiche. E mentre arrivano i primi prezzi per l'abbonamento a Napster quelli della RIAA storcono il naso. EMI possibilista
Un miliardo di dollari. Con questa cifra il sistemone spera di comprarsi l'approvazione delle majors discografiche. E mentre arrivano i primi prezzi per l'abbonamento a Napster quelli della RIAA storcono il naso. EMI possibilista

New York (USA) – Un miliardo di dollari in cinque anni: questo è quanto Napster si è detto pronto a sborsare alla majors della discografia in cambio del “permesso” al “nuovo” file-sharing che Napster intende mettere in piedi.

In una conferenza stampa, Napster e mamma Bertelsmann hanno messo sul piatto questa valanga di denaro per strappare alle più accaniti accusatrici del sistemone di file-sharing, un cenno di consenso. Basterebbe quello, infatti, per trainare Napster fuori dalla melma processuale e spingerlo verso il futuro di sistemone a pagamento, a cui gli utenti potranno accedere dietro abbonamento.

Bertelsmann ha chiesto alle proprie colleghe, cioè agli altri big del “music business”, di accettare una sospensione temporanea dello scontro legale per “riflettere insieme” sul futuro. Afferma Hank Berry, il CEO di Napster: “Quel che stiamo dicendo è che a questa comunità deve essere consentito di rimanere unita. Tutto quello che dobbiamo fare è sederci attorno ad un tavolo e metterci d’accordo”.

In passato le offerte di Bertelsmann alle altre majors erano “modulate” su percentuali degli introiti di Napster, ma erano tutte state rifiutate. Oggi, ciascuna delle grandi potrebbe portarsi a casa senza colpo ferire 150 milioni di dollari all’anno. Altri 50 milioni sarebbero “distribuiti” tra i produttori indipendenti. Nella conferenza stampa straripante di reporters, Napster ha anche avuto modo di sottolineare come nel nuovo sistemone che va preparando e che dovrebbe essere pronto al più tardi entro luglio, la musica scambiata sarà “protetta” e garantirà una revenue agli artisti e ai produttori. Le vagonate di dollari che arriveranno nelle tasche di questi ultimi, infatti, nella visione di Napster andranno poi nelle percentuali di contratto ai singoli artisti, distribuiti dai rispettivi produttori.

Napster ha comunque sottolineato che nel miliardo di dollari non sono compresi i danni che l’azienda potrebbe dover pagare per le violazioni del passato, ma dovrebbe essere interpretato dalle case discografiche come un “segno di buona volontà”.

L’azienda ha poi colto l’occasione per indicare primi possibili “costi di abbonamento” per l’accesso al nuovo sistema Napster. Tra i 3 e i 5 dollari al mese sarebbe il prezzo che Napster intenderebbe imporre ai propri utenti a partire dalla prossima estate per lo scaricamento di un numero limitato di brani musicali. Un prezzo più alto, compreso tra i 6 e i 10 dollari al mese, invece, verrebbe imposto a coloro che intendono “non porsi limiti” nel download musicale.

Il momento più complesso per Napster sarà quello della transizione dall’attuale sistema completamente free al nuovo sistema “protetto” e a pagamento. Berry ha spiegato che questa fase sarà gestita con attenzione e consentirà un rapido passaggio al nuovo Napster senza “sbilanciamenti”. Termini sibillini, in realtà, che probabilmente nascondono le difficoltà che ora si presentano al management dell’azienda. A cominciare dall’incertezza sulla reazione degli utenti a fronte di una richiesta di abbonamento. La tecnologia di “protezione” dei file musicali su cui sta lavorando Digital World Services, società del gruppo Bertelsmann, impedirà agli utenti di Napster di gestire i file musicali a proprio piacimento. Come già annunciato, e del tutto in linea con quanto viene sviluppato da altri grandi players della distribuzione musicale online, il nuovo Napster impedirà la masterizzazione in CD della musica scaricata o il trasferimento di quei brani su player portatili mp3.

Barry ha spiegato che queste funzionalità non sono escluse per principio e che Napster potrebbe “aprire” a queste capacità per quegli utenti che saranno disponibili a “comprarsele” pagando un’addizionale sul prezzo di abbonamento.

Che questo sistema possa convincere molti utenti attuali di Napster a rimanere su Napster è alquanto incerto e l’azienda non lo nasconde. Addirittura Berry ha espresso previsioni che partono dal presupposto che dei 64 milioni di utenti registrati di Napster, nel nuovo sistemone ne rimangano solo 2 milioni. In quel caso, con un abbonamento medio di circa 5 dollari al mese, l’azienda potrebbe ottenere circa 120 milioni di dollari di revenue all’anno.

La speranza dell’azienda è che i sondaggi condotti da Harris Interactive e Webnoize siano attendibili. Da queste indagini, infatti, risulterebbe che il 70 per cento degli utenti Internet interessati alla musica online sarebbe disposto a versare un abbonamento per usare Napster.

Dopo la conferenza di Napster, non si è fatta attendere la risposta dei discografici. Pare proprio che il miliardo di dollari offerto su un piatto di bit fatichi ad andare giù ai più accaniti accusatori di Napster. Un portavoce della IFPI, la federazione delle industrie di settore associata alla RIAA, ha addirittura accusato Napster di voler forzare la mano: “Siamo dispiaciuti che Napster sia nuovamente ricorso ad una tattica che non rappresenta altro che vuote pubbliche relazioni”.

Secondo la IFPI tutto quello che deve fare Napster ora è togliere dal suo network tutti i file di musica considerati “pirata”, cioè copie illegali: “L’azienda deve seguire quanto imposto dal tribunale e cessare l’offerta di musica in violazione del diritto d’autore. Solo così si può creare il clima giusto per parlare di licenze e di modelli di business legittimi”.

La posizione della IFPI non è isolata, visto che l’inossidabile boss della RIAA, Hillary Rosen, aveva scelto di insistere nel denunciare Napster e nello spingere per la sua chiusura poche ore prima della conferenza stampa di Napster. “Napster fermi le violazioni – aveva detto Rosen – finisca di ricorrere a mezzucci per ritardare il processo e raddoppi i propri sforzi per costruire un business che abbia una sua legittimità”. Non solo, Rosen ritiene che Napster debba “smettere di parlare con i media” e abbia invece tutto da guadagnare nel parlare, evidentemente in modo riservato, con i suoi accusatori.

Per la prima volta, invece, è apparsa possibilista EMI Group, una delle majors che ha portato Napster in tribunale. “Se alla fine dei giochi – ha spiegato una portavoce – il modello di business che ne uscirà sarà convincente e interessante, EMI sarà interessata”.

Per tutta la giornata di ieri si sono attesi i commenti di Seagram, Sony e Warner Music, commenti che per il momento non sono arrivati…

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Pubblicato il
22 feb 2001
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