iPhone, Greenpeace fa marcia indietro

iPhone, Greenpeace fa marcia indietro

Continua il ping pong tra le parti. I produttori di sostanze chimiche accusano gli ecologisti di esagerare. E questi si difendono, contrattaccando
Continua il ping pong tra le parti. I produttori di sostanze chimiche accusano gli ecologisti di esagerare. E questi si difendono, contrattaccando

Suona un po’ piccata la replica di Greenpeace a BSEF , consorzio che riunisce alcuni produttori di sostanze chimiche, replica con la quale l’organizzazione ecologista tenta di rigettare totalmente le accuse di aver condotto test imprecisi e poco affidabili sul melafonino .

In un comunicato datato 19 ottobre, BSEF accusava apertamente lo studio condotto da Greenpeace di essere “non corretto”. Errate le procedure e le tecniche utilizzate : le conclusioni sarebbero quindi prive di ogni supporto numerico e scientifico. Ma soprattutto, secondo gli industriali, allo stato dell’arte non esisterebbe alcun sostituto per i BFR .

La notizia è finita anche sulle pagine di Gizmodo , sulle quali è poi comparsa una replica ufficiale di Tom Dowdall, che si occupa del sito web di Greenpeace: “Siamo entusiasti del dibattito scaturito dal nostro rapporto – spiega in una lettera – ma ci sono una serie di questioni sul vostro blog ( Gizmodo , ndR) che saremmo felici di poter chiarire”.

Secondo l’organizzazione ecologista, lo studio pubblicato la scorsa settimana è stato condotto secondo metodologie note e largamente approvate . Le sostanze rilevate, inoltre, sebbene consentite in quelle quantità dalle normative in vigore (RoHS), dovrebbero essere comunque eliminate. Infine, i ritardanti di fiamma potrebbero tranquillamente venire eliminati impiegando materie plastiche inerti.

In una lettera allegata dallo stesso Dowdall, si legge tuttavia: “Se ritenete che ci stiamo accanendo su Apple, date un’occhiata al nostro rapporto del 2006, che riguardava moltissime aziende”. Greenpeace si starebbe quindi dando da fare su tutti i fronti, per tentare di ridurre l’impiego delle sostanze pericolose. Certo però, quel rapporto “non ha ottenuto tante prime pagine come quello sull’iPhone”.

Insomma, a pensare male non si sbaglia (quasi) mai. Dice Gizmodo : “Perché non pubblicare prima una ricerca completa su tutti i produttori, con riferimenti precisi e chiari sulla metodologia applicata, magari in una rivista scientifica?”. E poi, solo a quel punto , lanciare un comunicato stampa per mettere alla sbarra i colpevoli .

Gli fa eco The Register , che pure accoglie le tesi di Greenpeace sui ritardanti di fiamma. Ma, come sottolineato nell’articolo, “dove sono le analisi comparative tra il telefono Apple e quelli Nokia, Motorola, Samsung e tutti gli altri?”. Non resta che attendere che Greenpeace aggiorni il proprio studio del 2006.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
24 ott 2007
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