La Baia: non ci fermeremo. Mai

La Baia: non ci fermeremo. Mai

Un tempo qualcuno vendeva ghiaccio, ma oggi non si lamenta dell'esistenza dei frigoriferi. Così prosperano i gestori di Pirate Bay. Brokep: se una cosa la posso prendere, solo io posso decidere se prenderla o no
Un tempo qualcuno vendeva ghiaccio, ma oggi non si lamenta dell'esistenza dei frigoriferi. Così prosperano i gestori di Pirate Bay. Brokep: se una cosa la posso prendere, solo io posso decidere se prenderla o no

Non ne vuol sapere di morire, la nota Baia dei Pirati . Arrivano staffilate da ogni dove: l’ultima è quella di Fred Goldman, padre di Ron Goldman, assassinato nel 1994 insieme a Nicole Brown Simpson. Fred Goldman ha aggiunto alle migliaia di altre denunce contro The Pirate Bay la sua causa perché, riferisce TorrentFreak , dai server della Baia sono uscite copie digitali di un libro – a suo tempo censurato e distrutto – che racconta l’assassinio. La qual cosa avrebbe provocato a Fred Goldman danni per 150mila dollari.
Eppure, la Baia resiste. E bene, perché i suoi gestori si sono tutelati. Tutto è all’estero, ma la sede è in Svezia: e ritengono quindi di non dover rispondere alle leggi statunitensi. I loro server, poi, non svolgono alcun servizio di hosting, limitandosi a dire “dove si trova” questo o quel file. Rick FalkVinge E questo vale per tutto , dal libro sull’assassinio di Goldman ai file musicali, dai film a qualsiasi altro contenuto – coperto o meno da diritto d’autore.

“Potreste dire che questo significa rubare”, dice Rick FalkVinge, leader del Partito Pirata svedese . “Il punto è che non ha alcuna importanza”. Così la vede quel partito che è nato proprio in Svezia e che si schiera con la Baia ad ogni occasione . Ora, dice, la Baia non può essere più fermata .

Alla BBC , Fredrik Neij e Peter Sunde, i principali artefici della Bay, dicono di non sapere neppure dove si trovino fisicamente i server, a parte uno, che si troverebbe negli scantinati di una banca a Stoccolma, dove sperano resti al sicuro.

“Penso che copiare non sia sbagliato. Loro (i produttori di contenuti, ndR) prendono soldi da così tante parti che la vendita non è che una minima frazione. Prendi l’ultimo film di Bond: che automobile vi si vede? Oh, è una BMW. E il suo telefono è un Sony Ericsson. Non credo sia una coincidenza. Ritengo che incassino un mare di soldi per consentire a quei prodotti di comparire nel film”, si sfoga Peter.

Quanto all’atto di scaricare file di qualsiasi natura, “non me ne frega niente”, dice Peter, “questa è la grossa cosa: non me ne frega niente. Se voglio qualcosa, me la prendo, perché posso. Potrà risultare immorale per qualcuno, ma ritengo stia a me decidere”. E spiega qual è il motivo per cui “le cose devono andare così”. “Perché qualcuno dovrebbe agire legalmente contro di me? Vado ancora al cinema, quindi pago il cinema. Tutti ci vanno, ed è per questo che vogliono scaricare i film. L’opinione pubblica (per questo, ndR) ritiene che (tutto ciò, ndR) debba essere legale”.

Non è dello stesso parere Jo Oliver, della International Federation for the Phonographic Industry , IFPI: “Semplicemente non è pratico dar via un prodotto gratis”, insiste. “Ci sono persone che devono essere pagate, perché hanno lavorato su quelle registrazioni”.

La legge svedese non è particolarmente stringente su questo fronte. Secondo un quotidiano nazionale i politici hanno poca voglia di cambiarla, soprattutto se la ragione è far chiudere un sito. “In Svezia, moltissimi usano il file-sharing”, dice Mats Carlbom, un reporter politico. “E non si tratta solo di giovani, ovviamente. Potrebbe trattarsi di più di un milione, forse due milioni di persone che impiegano sistemi di file sharing”.

Il report BBC lo chiude proprio The Pirate Bay, con una frase emblematica: la nave, dicono, non può più affondare . “Nessuno piange perché chi era abituato a girare vendendo ghiaccio alla gente non ha più un lavoro a causa del frigorifero”, dice Peter Sunde. “Sembrerà stupido, ma è la stessa cosa. La tecnologia è cambiata. Non si può tornare indietro, manca la strada. E non mi sembra che ci sia alcun desiderio di farlo”, conclude.

Marco Valerio Principato

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Pubblicato il
3 dic 2007
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