AT&T è il primo vero Cybercop

AT&T è il primo vero Cybercop

Il gigante della connettività USA mette in campo nuovi strumenti di deep packet inspection, filtering, fingerprinting e via peggiorando, in accordo con le major. E ne va pure fiero
Il gigante della connettività USA mette in campo nuovi strumenti di deep packet inspection, filtering, fingerprinting e via peggiorando, in accordo con le major. E ne va pure fiero

La deep packet inspection e le altre tecnologie intrusive con cui controllare e mediare quanto combinano gli utenti in rete sono state ufficialmente sdoganate da AT&T: senza alcuna remora, il più importante operatore di TLC statunitense ha fatto sapere di ritenere il filtering a monte una necessità, una tappa obbligata, un must .

“Stiamo lavorando su una soluzione tecnologica e riteniamo che il modo migliore di affrontare il problema si agire a livello di network”. Così James Cicconi, vice presidente senior del reparto affari legali di AT&T, nel corso di un panel di discussione sulla pirateria telematica tenuto a latere del CES di Las Vegas.

AT&T ricorda quello che i lettori di Punto Informatico conoscono benissimo: l’azienda ha stretto un accordo a tutto campo con le major. Lo scopo? Bloccare tutto il bloccabile. Ed ora bisogna fare di più.

Cicconi infatti riconosce di non aver ancora raggiunto un punto critico nello sviluppo della struttura di traffic cop di AT&T : “Ma ci sono molte tecnologie promettenti. E stiamo avendo una discussione aperta con un certo numero di società di contenuti per esplorare le più diverse tecnologie presenti sul mercato”.

“Non è un segreto che quello che stiamo già facendo per risolvere il problema della pirateria non ha funzionato”, dice Cicconi. Le tecnologie impiegate finora non sono servite a molto, ragion per cui secondo l’azienda è venuto il tempo di implementare lo sniffing dei pacchetti di dati a livello di provider, una delle pratiche più temute dai sostenitori delle libertà digitali.

Il dirigente sostiene che comunque la sua società ha ottenuto risultati importanti grazie alla collaborazione con le aziende tecnologiche e le associazioni di categoria, come la “premiata ditta” anti-copyright MPAA&RIAA . Collaborazione che negli ultimi sei mesi ha permesso di fare passi avanti nell’implementazione di tecniche di fingerprinting al più basso livello di network possibile, condizione essenziale per poter riconoscere i contenuti illegali da quelli leciti .

Al panel partecipava anche NBC secondo cui la collaborazione dei provider è essenziale e AT&T rappresenta un importante punto di riferimento per qualsiasi iniziativa futura che voglia essere anche efficace. D’altro canto, sostiene il responsabile legale del network Rick Cotton, “il volume del traffico P2P, dominato dai materiali protetti dal copyright, è travolgente. Una cosa del genere non può chiaramente essere accettabile né può continuare”.

Sulla posizione di AT&T calano la scure gli aficionado della net neutrality. Cory Doctorow osserva caustico su Boing Boing : “un censorio, costoso, e inutile pezzo di spyware alle proprie operazioni di rete” funzionerebbe “giusto per 30 secondi, il tempo che ci vuole per chi è appassionato di download di materiale protetto da copyright per passare all’utilizzo di un protocollo cifrato”.

AT&T va avanti ma tenta di attutire l’impatto delle critiche facendo dire a Cicconi che “qualunque cosa facciamo deve passare l’esame dei consumatori e dei regolamenti di settore. I riflettori saranno puntati sull’operazione, dobbiamo trattare la cosa con tatto, non ci sono dubbi a riguardo”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
11 gen 2008
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