Uno dei grandi classici del videogaming, per lungo tempo il successo di punta per la softwarehouse Maxis ( Electronic Arts ) diventa patrimonio comune dell’umanità programmatrice e degli aficionado del software a codice aperto.
Uscito in origine nel 1989 per computer Amiga e Macintosh, SimCity ha nel corso del tempo lasciato il posto a serie di maggiore appeal per il pubblico moderno (The Sims su tutte), e ora arriva il riconoscimento del perdurante successo del gestionale con il rilascio del codice sorgente sotto licenza GPLv3 .
Sarà felice della cosa Will Wright, il geniale game designer che con SimCity ha in pratica dato vita a un settore – quello dei gestionali propriamente detti o anche dei “city-builder” – che prima del titolo Maxis non esisteva . Ora Wright è impegnato nell’ennesimo progetto che si preannuncia rivoluzionario ( Spore ), ed EA si è dimostrata tanto lungimirante da donare alla community il codice del progetto originale, che potrà ora essere sezionato, studiato, “hackerato” e rimontato nel modo che più aggrada ad appassionati e virtuosi del codice.
Adottare SimCity all’attuale mercato open e alle moderne macchine informatiche ha però significato introdurre parecchi cambiamenti a cominciare proprio dal nome, che per motivi di copyright sarà d’ora in poi Micropolis , lo stesso titolo provvisorio usato durante i 4 anni di sviluppo del gioco. EA è sì lungimirante, ma vuole mantenere i diritti di sfruttamento del nome SimCity per gli anni a venire. Della conversione del codice si è occupato Don Hopkins , già responsabile della trasposizione dell’originale – circa 15 anni fa – ai sistemi Unix e, con l’affermazione di Linux come sistema operativo mainstream , all’ambiente del pinguino diversi anni dopo.
“La cosa fondamentale qui è riuscire a penetrare nella testa dei programmatori originari di Maxis quando lo hanno messo insieme” scrive Boing Boing , mettendone in evidenza la complessa struttura di gestione di un vero e proprio mini-ecosistema cittadino con componenti economiche, sociali e strutturali compresse nei limiti di memoria e capacità di calcolo dei personal computer dell’epoca – siamo negli anni del DOS e del limite dei 640 Kbyte di memoria convenzionale disponibili per i programmi, videogame inclusi.
Il codice originale, scritto in C e vecchio più di 24 anni, è stato convertito da Hopkins in C++ e integrato in Python , ripulito, ottimizzato e riformattato per poter girare su Linux nella migliore maniera possibile. Successivamente Micropolis è stato adattato al sistema operativo della Childen’s Machine , anch’esso figlio del pinguino, per servire gli intenti educativi del software incluso nel celebre e discusso laptop per i paesi in via di informatizzazione.
E che il titolo di Maxis sia indubbiamente formativo lo dimostra l’affetto che i fan ancora gli tributano , condensato in commenti che parlano del tempo speso a costruire micro-città digitali come di una esperienza fondamentale nella vita: “La cosa migliore che ho appreso da SimCity (oltre che a contrastare l’attacco di un mostro, ovviamente) rimane con me ancora oggi: il solo modo di risolvere le congestioni da traffico è quello di pianificare un trasporto di massa più efficace” scrive Wil Wheaton sul celebre portale.
“Se costruisci semplicemente più strade, queste verranno semplicemente riempite da più macchine”, continua poi Wheaton, e giù coi ricordi tra le righe dei bei vecchi tempi dei pixel squadrati e con le comparazioni tra le peggio intasate metropoli americane. I cui sindaci dovrebbero scaricare o ricevere una copia di SimCity, suggeriscono gli appassionati, per avere almeno un’idea di massima di come si amministra efficacemente una città .
Alfonso Maruccia