MPAA ammette: i nostri numeri sul P2P sono falsi

MPAA ammette: i nostri numeri sul P2P sono falsi

Clamorosa ammissione di colpa da parte delle major hollywoodiane: sui dati del P2P illegale nelle università abbiamo fornito cifre completamente sballate. Poi usate per due anni di feroce propaganda
Clamorosa ammissione di colpa da parte delle major hollywoodiane: sui dati del P2P illegale nelle università abbiamo fornito cifre completamente sballate. Poi usate per due anni di feroce propaganda

Ma allora è proprio vero che non ci si può più fidare di nessuno: MPAA , la celebre associazione degli studios di Hollywood, ha ammesso di aver spacciato numeri falsi manipolando una ricerca al fine di propagandare la lotta alla condivisione illegale nei campus universitari .

La ricerca incriminata – commissionata alla società di rilevazione LEK – risale al 2005, e sostiene che il 44% di tutte le perdite degli introiti nel mercato USA sia provocato dall’utilizzo delle connessioni universitarie per lo scambio di copie illegali distribuite sulle reti di sharing. Basandosi su queste stime, MPAA ha battuto forte per due anni sulla grancassa delle misure anti-pirateria nei campus , facendo pressione sul Congresso e ottenendo l’istituzione di proposte come quella tesa a promuovere l’ adozione delle DRM negli istituti, attualmente al vaglio dei parlamentari di Capitol Hill.

La verità? È tutto falso o, nella migliore delle ipotesi, enormemente sopravvalutato : MPAA parla di un “errore umano” alla base del calcolo sbagliato, e fa scendere dal 44% al 15% del totale le perdite reali subite dagli studios a causa dei cattivi studenti che si dedicano al P2P selvaggio. L’associazione però non spiega come mai ci siano voluti ben due anni per rendersi conto dell’errore, e soprattutto con quali pretese si vorrebbe che le nuove stime venissero prese per buone, considerando il pasticcio testé spuntato fuori.

Il problema principale con le stime di MPAA, nota ars technica , è l’assoluta mancanza di trasparenza che caratterizza lo studio “segreto” e ora definito falso e sbagliato, che si muove nella direzione esattamente opposta a quella della ricerca e dell’istruzione mondiale ovvero la condivisione di metodologie, fonti e quant’altro possa servire per una verifica indipendente del lavoro svolto.

Tanto più che Mark Luker, presidente dell’associazione non profit EDUCAUSE che gestisce la registrazione dei domini .edu , mette in evidenza il fatto che la propaganda lo “studio” di MPAA non tiene in debita considerazione, nei suoi presunti 6,1 miliardi di dollari di perdite dovute alla pirateria, che l’80% degli studenti di college vive in realtà al di fuori dei confini dei campus , e pertanto ben poco potrebbero fare filtri e DRM sui network universitari per porre un freno al P2P non autorizzato.

Secondo l’opinione di Luker, una stima più realistica sulle perdite dovute agli studenti-condivisori si assesterebbe sul 3% dei ricavi totali. Gli fa eco Terry Hartle, vice-presidente dell’ American Council on Education , che parla di attenzioni ingiuste dell’industria nei confronti dell’educazione universitaria . “Il file sharing illegale è un problema esteso nella società – sostiene Hartle – Parte di esso ha luogo nei college e nelle università, ma si tratta di una piccola porzione del totale”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
24 gen 2008
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