NoLogo/ Keep it simple (stupid)

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di Mafe De Baggis - Promesse concrete, semplici da capire, non offensive per l'intelligenza dei clienti. Niente stuzzicherie, cozzerie, muffinerie, frappuccini e sfiziosità. Cibo. Buono. Fresco
di Mafe De Baggis - Promesse concrete, semplici da capire, non offensive per l'intelligenza dei clienti. Niente stuzzicherie, cozzerie, muffinerie, frappuccini e sfiziosità. Cibo. Buono. Fresco

Milano – Se fate un giro in Scozia, terra splendida e in gran parte incontaminata, incontrerete spesso piccoli pub e ristoranti che espongono con orgoglio sull’insegna il motivo per cui dovreste sceglierli: “good food”, cibo buono. Se cercate un posto dove dormire nei paesi del SouthWest americano, come l’Arizona, lo Utah o il New Mexico, vi renderete conto rapidamente che tutti i motel, anche quelli di catene presenti in tutto il mondo, offrono con orgoglio non solo “wi-fi gratis” ma soprattutto “clean rooms”, camere pulite.

A noi figli e nipoti degli anni ’80, del markeking del sogno, della globalizzazione e dell’overpromise, questa limpida sincerità, ai limiti dell’ingenuo, fa uno strano effetto. All’inizio ridacchi un po’: ci mancherebbe altro che un pub dica di offrire cibo cattivo o che un motel possa non pulire le stanze. Dopo un po’ però lo trovi rilassante, rinfrancante, non invasivo. D’altra parte in Scozia è probabile che “buono” sia davvero un plus, per il cibo, e che nel deserto montano con tanta polvere e poca acqua “pulito” sia un valore aggiunto. Sono promesse concrete, semplici da capire, non offensive per l’intelligenza dei clienti. Niente stuzzicherie, cozzerie, muffinerie, frappuccini e sfiziosità. Cibo. Buono. Fresco.

Non a caso una delle catene di bar-ristoranti più di successo nel Regno Unito si chiama Eat e la sua insegna all’aereporto di Edinburgo recita “Good, fresh, uncomplicated food” (Cibo buono, fresco, semplice). Una promessa – in gergo si dice un claim – dei pub di campagna riutilizzata dal marketing di una catena con 85 ristoranti. Anche San Lorenzo, che vende online e per corrispondenza cibi scelti proprio per la qualità e la genuinità, ha creato un punto di incontro online chiamato The good food social club .

Anche se è ancora difficile accorgersene, immersi come siamo in una melassa di esagerazioni e punti esclamativi, questa tendenza alla semplificazione del prodotto e del messaggio legato al prodotto è sempre più diffusa.
In rete questo percorso l’ha iniziato Google – che con una pagina e un servizio fa più traffico di chiunque altro – e l’ha perfezionata Twitter – che, come dicevamo tempo fa , è stato progettato togliendo funzionalità, non aggiungendo. Chi complica, sbaglia: le recenti difficoltà di Yahoo da questo punto di vista sono abbastanza significative.

Mafe de Baggis
Maestrini per Caso

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Pubblicato il
1 feb 2008
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