L'informatica italiana alle prese con le fatture dalla PA

L'informatica italiana alle prese con le fatture dalla PA

Ne parla un piccolo imprenditore italiano che si occupa di hardware e che deve barcamenarsi con i ritardi nei pagamenti, specialmente degli enti pubblici. L'IVA? Una vessazione
Ne parla un piccolo imprenditore italiano che si occupa di hardware e che deve barcamenarsi con i ritardi nei pagamenti, specialmente degli enti pubblici. L'IVA? Una vessazione

Torino – Esimia Redazione di PI, chi vi scrive è un piccolo imprenditore che ha fatto della propria passione per l’informatica il proprio lavoro. Ma quanto è faticoso? Mi spiegherò meglio. Per costituire la mia azienda ho dovuto fare sforzi titanici. Solo la mia tenacia mi ha consentito di continuare ad esistere. Ma fino a quando riuscirò a stare i piedi?

Lavorare nell’IT oggi è qualcosa di assurdamente impossibile. Per paradosso l’ambiente snobba il cliente privato perché visto come “perdita di tempo” in quanto “niubbo” e di converso gli si attribuisce un guadagno assai ristretto. Tuttavia il cliente privato solitamente paga. La reale tragedia, il peggiore degli affari, è lavorare con le aziende e con gli enti statali.

Infatti, mentre le prime richiedono pagamenti a 30, 90 e 120 giorni Fine Mese Data Fattura (che solitamente non vengono rispettati), con i secondi va anche peggio, poiché i pagamenti avvengono “a mai più”.

Nel primo caso l’ottenimento delle proprie spettanze avviene dopo innumerevoli telefonate, viaggi a vuoto, liti con il cliente che si nega. Nei casi più estremi, anche avvalendosi del supporto di un legale, ottenere i pagamenti è comunque una impresa. Con gli enti pubblici si ha invece grosso modo la certezza di riavere il denaro.

Tuttavia una disposizione in materia di legge finanziaria prevede che sulle vendite effettuate agli Enti Pubblici si possa pagare l’IVA “posticipandola”, ovvero rimandandone il pagamento a fattura saldata. Lo stesso Stato quindi “legittima” i suoi Enti a pagare in ritardo (e che ritardi! Si arriva anche oltre i 12 mesi). È tuttavia singolare come lo Stato medesimo però si faccia in ogni caso pagare le imposte su quel reddito, fino a quel momento solo virtuale, puntualmente alle scadenze.

Tutto questo deve sommarsi alle assurde previsioni degli studi di settore in materia di redditi che, almeno per quanto riguarda la mia attività, sono da considerarsi nella peggiore delle ipotesi in ragione minima del 22%. Quando tutti noi sappiamo che sulla vendita di hardware spesso i supermercati vendono a prezzi inferiori di quelli praticatici dai nostri fornitori e che pertanto il 22% (ma già solo la metà) è mera UTOPIA. Fornitori poi, che vanno pagati cash se vogliamo ottenere prezzi idonei a garantire quel minimo di guadagno. Tuttavia proprio per questa ragione (pagamenti cash ed incassi a “quando sarà”), ci trasformiamo in banche per i clienti. Banche ad interessi zero e senza garanzie le cui uniche certezze sono i ricavi provenienti dai tanto snobbati utenti privati (che però, va detto, te li fanno strasudare).

materiali informatici - fonte www.mun.ca/geog/people/grad/mbillah.php In un paese civile ci dovrebbe essere un sistema in grado di monitorare gli effettivi rendimenti delle attività ma, si sa, la parola “Italia” e “civile” non possono stare nella medesima frase. Se ne conclude che buona parte dei già magri profitti da me ottenuti si sono dispersi in truffe, fallimenti, avvocati e medicine (perché sì, l’esaurimento prima o poi ti viene e devi farti curare). La mia azienda è una realtà piccola. Sono riuscito ad assumere un dipendente e ne sono molto contento. Devo garantirgli però uno stipendio in maniera puntuale. Qualcuno mi spieghi come è possibile riuscirci con le premesse di cui sopra, con uno Stato che con la sua giustizia di cartapesta, istiga a delinquere. Perché sì, non ci giriamo intorno, in Italia è disonorevole avere la fedina penale pulita. Mi sono rivolto alle istituzioni nell’intento di recuperare il possibile di quanto mi era stato maltolto. Avrei fatto meglio a farmi giustizia da me. Almeno avrei ottenuto una certa soddisfazione considerando che, invece, ho finito per dover pagare altre spese.

Alla luce di tutto questo, considerate un bel po’ di cose, il mio sguardo inizia a puntare a Nord, dietro le Alpi non tanto distanti da qui. Come dice il detto “il lavoro nobilita l’uomo”. Ma ci si può considerare uomini solo in un contesto che ne tuteli e garantisca la dignità. Al momento mi sento fortemente squalificato umanamente ancorché professionalmente. A questo prezzo non voglio più starci.
Cordiali saluti.

Luigi C.
(Torino)

Caro Luigi
riceviamo periodicamente lettere che descrivono situazioni analoghe, anche se di rado così dettagliate. Per tutti, a parte il problema gravissimo dei tempi di saldo, vale il vero e proprio dramma del pagamento IVA a fronte di fatture non ancora riscosse. Un problema ben lungi dal poter alimentare le lungaggini di molti enti pubblici, ma che è invece vessatorio per tutti i piccoli imprenditori, tanto più in un settore condizionato da questi margini operativi.
Pagare tasse a fronte di redditi non ancora percepiti, perché di questo si tratta, rappresenta un aggravio di spese pesantissimo per un’impresa, tanto più pesante e insostenibile quanto più contenute sono le dimensioni dell’attività stessa.
L’invito è evidentemente a tutte le realtà del settore affinché denuncino lo stato del proprio business a causa di questo genere di problemi, affinché insieme si possa comprendere al meglio la realtà di un comparto dominato da grandi brand ma popolato di piccoli e appassionati operatori. E magari contribuire affinché certi abusi siano presto superati.
Un saluto, a presto
Alberigo Massucci

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Pubblicato il
14 feb 2008
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