Porno chiama Google: aiutateci

Porno chiama Google: aiutateci

L'industria dell'hard si inventa una nuova verginità: ora ritiene che i netizen più giovani debbano essere schermati dalle luci rosse. E accusa i grandi del search: non fanno abbastanza per proteggerli dalle nostre cose
L'industria dell'hard si inventa una nuova verginità: ora ritiene che i netizen più giovani debbano essere schermati dalle luci rosse. E accusa i grandi del search: non fanno abbastanza per proteggerli dalle nostre cose

È accusato di aver tentato di adescare un minore online il 47enne insegnante di liceo arrestato la scorsa settimana in South Carolina. Secondo gli investigatori , avrebbe tentato di corrompere un fantomatico 13enne – in realtà un agente sotto copertura – spedendogli non meno di 500 foto e video di contenuto pornografico. Il tutto attraverso il sito di condivisione immagini Hello.com , di proprietà di Google: un sistema innocente per condividere le proprie immagini favorite con amici e parenti, ma trasformato dal malintenzionato in uno strumento di caccia.

Jenna Jameson Se in questo caso i sistemi automatici di Google, compresi log e strumenti di registrazione, hanno consentito la rapida individuazione del pornografo, come sottolinea SearchEngineWatch , c’è chi comunque punta il dito proprio contro BigG.

È dal palco dei pornografi che arrivano le critiche di Steven Hirsch, co-fondatore di Vivid Entertainment vale a dire uno dei giganti del settore hard, a rivolgersi direttamente a Google e Yahoo per chiedere di “erigere barriere più solide” in grado di proteggere i minori dai contenuti a luci rosse presenti in rete .

In una nota, Hirsch spiega che “nessuno dei motori di ricerca e portali, e in particolare Yahoo e Google, ha intrapreso azioni significative in questa direzione”: in questo caso non è possibile appellarsi alla libertà di espressione , dice l’imprenditore a luci rosse, poiché in ballo c’è “la sicurezza dei bambini”.

Ma né Google né Yahoo ci stanno a fare la parte dei cattivi. “Ci siamo sempre impegnati nel proteggere i bambini dalla pornografia online attraverso i nostri strumenti di ricerca sicura, di filtro del linguaggio inappropriato e di parental control” ha spiegato un portavoce di Yahoo. Di recente, ha precisato, la sua azienda ha anche aderito una task force di aziende IT con l’obiettivo di studiare nuove tecnologie per proteggere l’infanzia in Rete .

Sulla stessa linea BigG, che ha ribadito di essere “profondamente partecipe al compito di tenere al sicuro i nostri utenti”. Prova ne siano i flag apposti dagli stessi utenti di YouTube ai contenuti che circolano sulla piattaforma, che a volte risultano fin troppo restrittivi nel giudicare il rischio legato al materiale presente. Parole che prestano peraltro il fianco a chi ricorda i casi brasiliani e indiani che coinvolgevano Google e nei quali il titano del search ha dimostrato un comportamento da molti giudicato incoerente nella gestione di certi contenuti potenzialmente problematici.

Hirsch insiste e propone a “qualunque Internet Company interessata” di unire le forze per migliorare i sistemi di verifica dell’età dei navigatori , allo scopo di rendere molto più difficile se non impossibile che i più giovani possano venire a contatto, seppure accidentalmente, con materiale inappropriato.

Tutto questo interesse per i più piccoli da parte dell’industria della pornografia è ammirevole. Ma fa anche riflettere: qualcuno, di certo ingeneroso, potrebbe addirittura ritenere che si tratti di un espediente per tentare di introdurre regolamentazioni restrittive in materia, allo scopo di ridurre considerevolmente il peso guadagnato dai siti che offrono materiale proibito quasi gratuitamente ai danni dei tycoon del settore. Che dopo l’epoca dei moralisti contro i pornografi, si stia preparando una crociata di pornografi contro altri pornografi ?

Luca Annunziata

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Pubblicato il 18 feb 2008
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