Contrappunti/ Web, e la stampa che si morde la coda

Contrappunti/ Web, e la stampa che si morde la coda

di Massimo Mantellini - Passati gli anni della stampa rumorosa ed ignorante su quanto accadeva in Internet e a causa di Internet, ora su quella stessa stampa trovano spazio curiose associazioni e profeti fai-da-te
di Massimo Mantellini - Passati gli anni della stampa rumorosa ed ignorante su quanto accadeva in Internet e a causa di Internet, ora su quella stessa stampa trovano spazio curiose associazioni e profeti fai-da-te

Lo dico senza acrimonia. Fino a qualche anno fa molti danni allo sviluppo della rete Internet in Italia sono stati prodotti dai giornalisti. Lo devo aver scritto mille volte del resto, non è una novità. C’è stato un lungo periodo di transizione, a cavallo della fine degli anni novanta, durante il quale alla grande maggioranza dei soggetti deputati alla divulgazione informativa mancavano le competenze minime per spiegare Internet ai propri lettori e poiché scrivere si doveva scrivere e Internet era percepita diffusamente (come sempre avviene quando ci si trova di fronte ad uno scenario nuovo) come qualcosa di incerto e pericoloso, i risultati in termini di informazione sono stati per lungo tempo discretamente disastrosi. Per un certo numero di anni ogni articolo di stampa che si occupava di Internet trattava invariabilmente dei rischi legati all’accesso telematico per grandi e (soprattutto) piccini e di poco d’altro. Mai o quasi mai simili pezzi giornalistici servivano a sottolineare i grandi vantaggi per tutti legati alle nuove frontiere della comunicazione elettronica.

Ora i tempi sono un po’ cambiati e fortunatamente il racconto da parte dei media di cosa sia, come funzioni, quali vantaggi porti e quali pericoli sottenda Internet, si è andato in buona parte normalizzando.

Oggi le tematiche della rete riempiono le pagine economiche e quelle culturali dei giornali di tutto il mondo ed anche di quelli italiani, invadono la comunicazione politica e quella istituzionale, disegnano nuove complesse mappe sociali che riguardano i giovani ma anche gli adulti, gli adolescenti come gli anziani. Internet sta insomma, almeno in questo, cambiando il mondo.

Eppure mentre i giornalisti iniziano a riprendere possesso delle loro prerogative, stiamo assistendo ad un effetto paradosso, anch’esso tipicamente italiano: la demonizzazione della rete, dal campo giornalistico (dove certo rimangono a cantarla alcuni soggetti di spicco come Bruno Vespa), si è trasferita a quello comunicativo in senso lato. Oggi in Italia esistono decine di soggetti differenti (sociologi, educatori, criminologi, sacerdoti, psichiatri) che si sono rapidamente sostituiti ai giornalisti nel sostenere e diffondere una idea della rete esclusivamente deteriore e pericolosa.

Si tratta di un fenomeno tanto imbarazzante quanto legittimo, animato da una pletora di personaggi differenti, capaci di generare attenzione attraverso alcuni meccanismi peculiari della emersione mediatica in questo paese, vale a dire la contiguità politica e l’associazionismo. Nascono come funghi Fondazioni e Onlus non meglio definite che si dedicano alla tutela dei minori e ad altre tematiche sensibili. Associazioni tutte uguali, con molti presidenti e pochi iscritti, capaci di perforare la calotta mediatica a colpi di convegni e comunicati stampa sulle tematiche più vicine alle nostre corde di adulti e genitori. Si moltiplicano le consulenze a ministri e politici vari da parte di soggetti dalle dubbie competenze tecnologiche, novelli esperti di tematiche che fino a ieri nessuno considerava, forti di una docenza universitaria qualsiasi, un libro pubblicato, una comparsata televisiva a far da curriculum.

Sulla scia di personaggi come il celebre Don Fortunato di Noto, sacerdote siciliano dedito da anni alla lotta mondiale alla pedopornografia su Internet, a suo tempo nominato consulente dal Ministro delle Comunicazioni Gasparri, una moltitudine di soggetti differenti sgomita oggi sui media e nei talk show per raccontarci una rete Internet pericolosa e angosciante, fatta di adescatori e pedofili, minorenni ridotti in dipendenza da foto porno e giochi online ed adulti malevoli in agguato dietro ad ogni router, agitati da ogni sorta di imprevedibile perversione.

Qualche giorno fa un gruppo di questi “esperti” (non vale la pena nemmeno citarne i nomi, sono più o meno sempre gli stessi che si rincorrono di evento in evento) ha partecipato a Roma all’ennesimo convegno dal titolo Dignità e diritti dei minori: rischi e abusi su internet durante il quale, all’unanimità – come ci informa l’Agenzia Ansa – è stato chiesto al prossimo governo di approntare una legge che consenta l’accesso a Internet solo dopo l’acquisizione di una licenza .

Non ci sarebbero nemmeno troppi commenti da fare se non fossimo il paese che siamo. Passata la sbornia dei giornalisti digiuni di Internet ora ci tocca quella degli educatori monocolore e degli accademici dell’Università di Vattelapesca, dei Professor Tersilli che ti guariscono dalla dipendenza da Internet o dei genitori con la G maiuscola, svegliatisi una mattina con chiaro in testa il compito di rappresentare, loro stessi, senza ulteriori barbose investiture, tutti i genitori del mondo, meglio se attraverso opportuni interventi in TV della loro nuova Fondazione patrocinata dalla Presidenza del Consiglio. Comunicatori “fai da te” che trovano nei media e nella loro annosa tendenza a dar eco a qualsiasi notizia, anche la più improbabile, a patto che sia enfatica e in grado di colpire il lettore, un utile acceleratore alle proprie aspirazioni di protagonismo.

Ora la rete Internet è il luogo del confronto ed ogni presenza è possibile e persino auspicabile. Nessuno dà fastidio a nessuno da queste parti. Tutto si somma al tutto. Ufologi e Raeliani possono confrontarsi con i sostenitori della Chiesa dell’Ultimo Giorno o con la setta degli adoratori di Pippo Baudo e perfino con gli affossatori di Internet o della mozzarella di bufala senza che questo possa portare alcun serio disturbo. Nel mondo reale invece le cosa stanno per adesso un po’ diversamente.

E ancora una volta l’arretratezza culturale del nostro paese non fatica a dar segno di sé, con quella capacità unica che abbiamo da queste parti di dar voce al peggio del peggio per poi conviverci amabilmente senza il minimo imbarazzo.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
17 mar 2008
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