P2P e pedoporno, 80 indagati in Italia

P2P e pedoporno, 80 indagati in Italia

Una rete di file sharing accessibile ad amici e ad amici degli amici consentiva di scambiare enormi quantità di materiali illegali. Perquisizioni in tutto il paese. L'indagine partita dalle segnalazioni di Telefono Arcobaleno
Una rete di file sharing accessibile ad amici e ad amici degli amici consentiva di scambiare enormi quantità di materiali illegali. Perquisizioni in tutto il paese. L'indagine partita dalle segnalazioni di Telefono Arcobaleno

Le tecnologie peer-to-peer vengono ancora una volta tirate in ballo in una operazione contro la disseminazione in rete di immagini di pornografia infantile: ieri il Nucleo Interforze contro la pedofilia on line ha condotto 80 perquisizioni e operato 3 arresti in Italia, a carico di persone che gli investigatori ritengono coinvolte in vario modo nella diffusione dei contenuti illegali.

Le perquisizioni hanno impegnato 400 uomini delle diverse forze dell’ordine, che hanno portato alla luce materiali che in molti casi farebbero ipotizzare per gli indagati il reato di associazione a delinquere . L’aggravante sarebbe legata al fatto che per accedere al circuito P2P occorreva essere “presentati”, una modalità comune a numerose comunità di scambio di file, una modalità evidentemente pensata in questo caso per tentare di ostacolare l’incursione nella “comunità” di sharing di persone appartenenti alle forze dell’ordine. Ad aggravare ulteriormente la posizione di almeno alcuni degli indagati, il fatto che questi venissero spinti a condividere grandi quantità di materiali , una particolarità di molte diverse reti di sharing anche impegnate su contenuti di tutt’altra natura.

Il lavoro di queste ore del NIT coordinato da Domenico di Somma, maresciallo dei Carabinieri, è strettamente collegato ad una recente indagine, un’operazione che aveva portato a più di 100 perquisizioni: è da lì che gli inquirenti, inserendosi nella rete al posto degli indagati, hanno potuto ricostruire l’attività di alcuni di questi soggetti verificando anche l’esistenza del network di peer . Salvo specifiche posizioni, ciascuno degli indagati rischia fino ad un massimo di cinque anni di carcere e multe fino a 51mila euro .

L’operazione che si è svolta ieri si deve alla segnalazione di Telefono Arcobaleno , secondo cui sette degli indagati in passato erano già stati incriminati per reati del tutto analoghi. Proprio di recidiva parla il presidente dell’Associazione, Giovanni Arena, che in una nota la descrive come “una caratteristica propria della patologia pedofila”. A suo dire “è assolutamente necessario che la pericolosità sociale di questi soggetti non venga favorita dalla cronica lentezza nei processi, e dalla scarsa certezza della pena, affinché si facciano valere i diritti della parte più debole della società, i bambini, quelli che subiscono le ingiustizie più grandi”.

A ridosso dell’operazione del NIT, Telefono Arcobaleno ha anche rilasciato il suo report di marzo sulla diffusione della pedopornografia in Internet. Secondo Arena, si tratta di una risposta “alla totale mancanza di dati sul fenomeno”, un report che – spiega – offre a istituzioni e media “la mappatura aggiornata della pedofilia sul web”, dove per pedofilia si intende evidentemente non la condizione patologica in sé quanto la manifestazione di comportamenti aberranti e la diffusione di pornografia infantile.

Tra gli indicatori più gettonati del report anche dai media, il conteggio di quelli che vengono definiti “siti pedofili”, in aumento esponenziale: a marzo 2007 ne erano stati rilevati 1.831, numero salito a quota 4.409 a marzo 2008.

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Pubblicato il 2 apr 2008
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