Siamo giovani, noi la musica la copiamo

Siamo giovani, noi la musica la copiamo

Il Regno Unito è malato di pirateria telematica. Lo dicono alcuni studiosi. Che avvertono: il problema per l'industria non è tanto Internet quanto lo scambio offline di musica tra amici
Il Regno Unito è malato di pirateria telematica. Lo dicono alcuni studiosi. Che avvertono: il problema per l'industria non è tanto Internet quanto lo scambio offline di musica tra amici

Che i teenager considerino naturale copiare musica in formato digitale non è certo una novità. Ora arriva la conferma “istituzionale” grazie a una ricerca della University of Hertfordshire , commissionata dall’organizzazione dell’industria musicale inglese British Music Rights . Oltre a confermare fatti noti, lo studio evidenza anche come lo strumento di distribuzione non autorizzata più diffuso è ancora la copia “off-line” .

Su un campione di 1.158 persone intervistate, i ricercatori hanno “scoperto” che nella fascia di età compresa fra i 18 e i 24 anni il 95% è coinvolto in una qualche attività di copia casalinga di brani musicali. Tra i metodi utilizzati il preferito rimane quello della raccolta dai supporti di amici e conoscenti – il 58% – in sostanza è l’equivalente del vecchio scambio di musicassette analogiche.

Feargal Sharkey, CEO di BMR ed ex-frontman della band Undertones , parla della necessità per le etichette di recuperare il tempo perduto , rinnovare se stesse e i canali di distribuzione dei contenuti musicali.

“Per qualcuno che ha speso 30 anni nell’industria musicale – ha dichiarato Sharkey al Guardian – è istintivo sapere quello che sta succedendo. Ma quando ti siedi davvero al tuo computer e vedi un numero che dice che il 95% delle persone copia musica a casa”, l’effetto è quello di un colpo a bruciapelo.

Oramai non è più questione di legalità e illegalità, suggerisce Sharkey, perché sapere che copiare musica non è permesso dalla legge non ha fermato la circolazione incontrollata e incontrollabile di brani e dischi in formato digitale, sul file sharing così come nei player portatili e sui CD masterizzati.

L’ex-musicista, ora lobbista dell’industria, è convinto della necessità di istituire una opportuna combinazione di progetti educativi e metodi di distribuzione innovativi – come ad esempio la musica finanziata dalla pubblicità – per migliorare l’attuale situazione di caos che governa il settore. “Alla fine deve andare meglio… Ad un certo punto i musicisti devono ricavare abbastanza soldi” dal proprio lavoro, continua Sharkey, altrimenti smetteranno di fare musica.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
9 apr 2008
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