Roma – Non sembra avere dubbi Visa che la via della tecnologia biometrica sia da abbracciare fino in fondo e in fretta per aumentare il più possibile le opportunità del commercio elettronico, incrementando la sicurezza delle transazioni digitali. Per farlo ha scelto, tra le altre, anche la voce.
Stando ad una nota diffusa in queste ore, Visa ha stretto un accordo con Vocent Solutions , società interamente dedicata allo sviluppo di questo genere di sistemi di analisi biometrica applicata a infrastrutture di sicurezza.
Visa ci crede al punto che i primi esperimenti ha deciso di condurli in proprio, facendo installare la tecnologia in una rete interna che serve 5mila dipendenti. Questi utilizzeranno i sistemi Vocent per autenticarsi e sarà dunque la loro voce a confermare i privilegi di accesso ai sistemi dell’azienda.
In estrema sintesi, l’apparato Vocent registra i numeri da 0 a 9 pronunciati da ogni singolo utente e archivia il timbro vocale in un database. Questo viene “consultato” dal sistema quando è necessaria l’autenticazione, che si ottiene pronunciando una serie di numeri suggerita su base casuale dall’infrastruttura di identificazione. Se tutto corrisponde viene dato il via libera. I margini di errore secondo Visa sono ridottissimi, al punto da non rappresentare un problema.
Tutto risolto dunque? I tempi sono in realtà più lunghi di quanto vorrebbero i promotori di questa tecnologia. Non solo ci sono numerosi ostacoli tecnici, come per esempio applicare questa soluzione ad autenticazioni vocali effettuate su linee dati e non linee voce, ma c’è anche da convincere banche, partner, commercianti sulla bontà della tecnologia.
Qualcuno riteneva che il problema maggiore fosse la scalabilità di un sistema di questo tipo ma l’interesse di Visa dimostra che il cuore può essere gettato oltre l’ostacolo. Il più grosso impedimento, dunque, rischia di essere quello culturale.