Apple/ Anche ai pinguini piacciono le mele

Apple/ Anche ai pinguini piacciono le mele

di D. Galimberti. Può Mac OS X diventare un nuovo punto di riferimento per il mondo open source? Apple ci spera e sembra sempre più decisa a infittire i rapporti con la comunità Linux e open source. Un connubio molto promettente
di D. Galimberti. Può Mac OS X diventare un nuovo punto di riferimento per il mondo open source? Apple ci spera e sembra sempre più decisa a infittire i rapporti con la comunità Linux e open source. Un connubio molto promettente


L’interesse delle grandi aziende verso il mondo dell’Open Source sta diventando sempre più grande, e molti produttori offrono ora la possibilità di acquistare personal computer sui quali viene preinstallata una qualche distribuzione di Linux. Al Linux Expo europeo, che si è tenuto al centro esposizioni Olimpia di Londra nei giorni 9 e 10 ottobre, quest’anno ha partecipato per la prima volta anche Apple. I motivi di questa partecipazione sono molteplici, e vanno dall’interesse del mondo Unix verso Mac OS X, agli interessi di Apple nel guadagnare fette di mercato anche in questo settore.

Fin dalla sua nascita, Mac OS X e il suo kernel basato su Unix BSD ha catalizzato gli interessi di molti esponenti del settore, tanto che nel corso degli eventi legati al mondo Linux, tra le mani di alcuni “smanettoni” hanno fatto la loro comparsa i primi PowerBook, mentre in rete i siti dediti a rendere sempre più vicini e compatibili questi due sistemi diventano ogni giorno più numerosi e frequentati.

Dal canto suo, Apple ha colto al balzo l’occasione, aggiungendo ai testimonial della campagna “Switch” un guru del mondo Unix, il britannico Simon Cozen. Non bisogna inoltre dimenticare che prima dell’estate Apple ha lanciato xServe, una nuova linea di macchine che, seppur ancora migliorabile, si colloca nel settore server in maniera decisamente concorrenziale.

Con la sua partecipazione al Linux Expo, Apple ha avuto la possibilità di mostrare come il suo sistema operativo possa lavorare tranquillamente tramite terminale (allo stesso modo e con tutte le possibilità di un qualsiasi sistema Unix), e come AQUA possa coesistere con altri sistemi di interfaccia, come X11, KDE o Gnome.

In fin dei conti Mac OS X rappresenta ormai la versione di Unix basata su BSD più diffusa, e la sua quota è destinata a crescere, sia perché la migrazione degli utenti Apple verso il nuovo sistema non è ancora conclusa, sia perché con xServe si sono aperte nuove possibilità in un settore che in precedenza era toccato molto più marginalmente.

Non deve sorprendere quindi il fatto che Jobs, con la campagna “Switch”, oltre che dal mondo Windows, miri a raccogliere nuovi utenti anche dal bacino Linux/Unix, puntando sul connubio di un OS potente con un’usabilità ai massimi livelli; il tutto unito ad un supporto che per forza di cose arriva da diversi fronti: quello del software Open Source, quello di tutti i più importanti software commerciali, per non parlare del software prodotto dalla stessa Apple.

A questo punto una domanda sorge spontanea: può Mac OS X diventare un nuovo punto di riferimento per questo mondo? Ecco come la penso.


Per rispondere correttamente, o quantomeno per cercare di dare una risposta alla precedente domanda, bisogna distinguere due casi: per quello che riguarda l’universo Unix, Mac OS X (come abbiamo già avuto modo di osservare) è ormai una realtà numericamente importante, destinata a crescere e che gode di buona considerazione. Per quanto riguarda il mondo Linux (che poi si trova al centro della manifestazione che ha introdotto queste considerazioni), entra in gioco anche l’Open Source, e il discorso rischia di diventare molto complesso.

Darwin, il kernel di Mac OS X, è Open Source (oltre che multipiattaforma), ma tutto quello che ci sta sopra è rigorosamente segreto e coperto da copyright, ed Apple ne è molto gelosa, al punto di stroncare sul nascere ogni tentativo di modifica o clonazione.
Come possono conciliarsi nello stesso prodotto due aspetti così differenti? E soprattutto, come può essere vista questa dualità dai sostenitori dell’Open Source puro?

A mio avviso questa dualità consente ad Apple (e di riflesso agli utilizzatori di Mac OS X) di ottenere numerosi vantaggi: da un lato può trarre i benefici dalla filosofia Open Source negli aspetti in cui essa dà il meglio di sé, e dall’altro assicura al proprio sistema un elevato livello di uniformità/conformità d’interfaccia nonché un controllo sui prodotti di terze parti.

Questi ultimi sono aspetti fondamentali per fornire ai propri utenti un ambiente di lavoro standardizzato e coerente, e sono probabilmente i punti sui quali il mondo dell’Open Source è attualmente più debole, mancando di uno standard di riferimento sia per gli sviluppatori che per gli utilizzatori. Con questo non voglio certo dire che gli ambienti disponibili per Linux siano di bassa qualità, anzi: avere più ambienti significa avere maggiori possibilità di scelta per l’utente, e stimola gli sviluppatori a fare sempre qualcosa di meglio degli altri. Di contro costringe l’utente a conoscere e districarsi tra più ambienti, cosa che probabilmente non è gradita a chi usa il computer come puro strumento di lavoro o di svago: in un mondo in cui il 90% delle persone utilizza un solo sistema operativo e un solo ambiente di lavoro, Apple ritiene che sia più utile fornire un’alternativa “unica” e ben definita (sulla quale ha il pieno controllo) piuttosto che una spezzettata in più parti.

Ma se dal punto di vista del sistema operativo, grazie a Mac OS X, Apple riesce a suscitare tutto l’interesse che merita, altrettanto non si può dire dei processori che equipaggiano le macchine attualmente in vendita. Sotto questo aspetto però le cose potrebbero presto cambiare.
Apple (così come tutti i maggiori sviluppatori di software per Mac) ha concentrato tutti i suoi sforzi per trarre tutti i benefici possibili dalle istruzioni Altivec dei processori G4 prodotti da Motorola, relegando i G3 di IBM (l’altro suo alleato nello sviluppo di processori) ad un ruolo secondario.

Proprio mentre la divisione processori di Motorola naviga in cattive acque, IBM torna in primo piano presentando un nuovo processore derivato dal potente Power4 delle macchine di fascia alta. Il PPC-970, presentato all’inizio della scorsa settimana , è il primo processore IBM compatibile con le istruzioni Altivec, nonostante Big Blue avesse acquistato la licenza già nel lontano 1999.

Il suo debutto è fissato a metà del prossimo anno, quindi ci sarà ancora un po’ da pazientare, sperando che nel frattempo il G4 di Motorola possa tirare fuori qualche altro asso dalla manica. Per gli amanti dei numeri e dati, il PPC-970 sarà a 64 bit ed esordirà alla frequenza di 1.8 GHz con una circuiteria a 0.13 micron, anche se sono già previsti processori da oltre 2 GHz con circuiti a 0.09 micron. A dimostrazione che il clock non è tutto, gli 1.8 GHz del PPC-970 svilupperanno la stessa potenza del Power4 da 1GHz (circa 940 punti nelle SPECint 2000). Un aspetto da non sottovalutare per valutare le prestazioni finali delle macchine Apple sarà l’incremento dell’ampiezza di banda del bus principale, che con i nuovi processori potrà arrivare a 900 MHz.

I consumi ridotti dovrebbero dare il via libera all’utilizzo dei nuovi processori anche nei portatili (macchine che probabilmente saranno rinnovate a breve) e a quel punto il G3, attualmente presente solo sui “piccoli” iBook, potrebbe fare la sua scomparsa definitiva completando la transizione di Apple verso un nuovo hardware che crei un connubio ideale con Mac OS X.

Domenico Galimberti

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Pubblicato il 25 ott 2002
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