Brevetti software, l'Europa ci (ri)pensa

Brevetti software, l'Europa ci (ri)pensa

Le pressioni degli Stati Uniti si moltiplicano e si ragiona sulle prime bozze di accordo. L'Europa riprende la strada dei muretti brevettuali. Resuscita l'idea che l'alfabeto digitale possa essere proprietà di qualcuno
Le pressioni degli Stati Uniti si moltiplicano e si ragiona sulle prime bozze di accordo. L'Europa riprende la strada dei muretti brevettuali. Resuscita l'idea che l'alfabeto digitale possa essere proprietà di qualcuno

Sta suscitando allarme quanto denunciato in questi giorni da Foundation for a Free Information Infrastructure – FFII : gli Stati Uniti stanno premendo sull’Unione Europea affinché si infonda nuova vita alla brevettabilità del software in Europa. Le grandi corporation della tecnologia americane soffrono della posizione comunitaria e chiedono che la UE, come già gli USA, si lanci sulla via del brevetto facile . Una richiesta che l’Europa ha già iniziato ad accettare.

Lo spiega nel suo alert internazionale proprio FFII, una voce ascoltata perché fu proprio il suo attivismo a mobilitare negli anni scorsi mezza Europa e a portare, contro ogni pronostico, alla bocciatura della brevettabilità del software nella UE. È dunque ovvio che se FFII parla di progressi per un accordo sui brevetti tra le due sponde dell’Atlantico l’attenzione di tutti non possa che risvegliarsi, tanto più che da molto tempo la Commissione Europea ha dato segni di disponibilità a riaprire il fronte dei brevetti sull’innovazione.

L’interesse degli Stati Uniti è certificato dalle proposte dell’amministrazione Bush per una migliore cooperazione economica tra USA e UE: tra queste, in materia di proprietà intellettuale, si afferma che le parti “debbano perseguire l’armonizzazione delle diverse normative sui brevetti”. Dichiarazione dalle chiare conseguenze, visto anche che una delle maggiori diversità tra i due sistemi, e quella più rilevante sotto il profilo industriale dal punto di vista delle corporation nordamericane del software, è proprio quella che riguarda l’innovazione tecnologica. Il settore tecnologico è più rilevante di qualsiasi altro nell’economia statunitense, la sua centralità è assoluta.

Dunque, proprio in questi giorni molte cose vengono decise : al riparo dei riflettori si sono appena tenuti gli incontri primaverili di un organismo nato da un anno e voluto da USA e UE per stringere i propri rapporti, in particolare sotto il profilo normativo ed economico. Si chiama Transatlantic Economic Council (TEC) e all’ ordine del giorno dei negoziati non casualmente è stata posta proprio l’ armonizzazione delle leggi sui brevetti , con una particolare richiesta, quella di raggiungere un accordo sulla roadmap , ossia sui tempi necessari perché questa “armonizzazione” prenda corpo. E pur essendo ovvio, l’interesse delle grandi corporation è anch’esso certificato. Lo dimostrano le indicazioni giunte proprio al TEC dal TABD , il Trans Atlantic Business Dialogue , che insiste sulla necessità di arrivare ad un accordo per l’armonizzazione. Al TABD, organismo formato da imprese USA e UE, partecipano tra gli altri EDS, Microsoft, Philips, Siemens e British Telecom.

Poiché non vi è segno alcuno che la politica statunitense miri all’abolizione della brevettabilità del software, nel termine armonizzazione FFII non ha potuto che leggervi il ritorno del rischio brevetti . E sembra aver visto lungo. Nello statement conclusivo del meeting primaverile del TEC si legge che “l’Ufficio dei brevetti e dei marchi statunitensi e la Commissione Europea hanno concordato una roadmap per portare avanti una armonizzazione globale del sistema dei brevetti”. Come nota FFII, l’eventuale imposizione all’Europa degli standard statunitensi sui brevetti non può che trasformarsi in una riduzione degli standard di brevettabilità che sono oggi il riferimento della UE. I dettagli specifici della roadmap non sono ancora stati pubblicati.

A far parlare però è anche la vecchia bozza di trattato e il motivo è ovvio: laddove si citano le condizioni di brevettabilità un comma è omesso in quanto “riservato” e in un altro si legge che “una invenzione di cui si chiede il brevetto dovrà comprendere un passo innovativo. Sarà considerato tale se (…) l’invenzione nel suo insieme non risulterà ovvia (non innovativa, ndr.) (…)”. La dicitura nel suo insieme ricorda vecchie proposte sui brevetti e preoccupa FFII: “Come abbiamo già spiegato in passato, la frase (…) è alquanto ambigua in questo contesto. La ragione è che quando si detiene un brevetto sul software, quasi sempre si rivendica il brevetto come computer sul quale gira il nuovo algoritmo… “. Mescolare le due cose è pericoloso, ed erode l’attuale status del software in Europa.

Quanto sta avvenendo in sede TEC preoccupa anche per altre ragioni, avverte FFII. Al contrario della lunga procedura che ha cancellato negli anni scorsi la brevettabilità del software in Europa, il TEC non è il Parlamento Europeo, non deve muoversi sotto i riflettori della stampa, non ha un elettorato a cui rispondere. È invece costituito da incontri tra funzionari di alto livello statunitensi ed europei all’interno di un processo chiuso che si muove al di fuori dei trattati multilaterali che governano il WIPO, l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale. D’altra parte è lo stesso WIPO a incoraggiare “progressi esterni” all’organizzazione quando si viene ai brevetti. “La maggiore differenza – spiega FFII – è che il TEC è un dialogo commerciale. L’uso di incontri sul libero scambio commerciale per modificare le norme sui brevetti ha peraltro dei precedenti. Durante i negoziati del GATT gli Stati Uniti hanno manipolato un processo di apertura e libero scambio per ricattare partner commerciali affinché accettassero i trattati TRIPs, che limitavano la flessibilità delle normative nazionali sui brevetti”. Con il TEC, al contrario di quanto avviene in sede WIPO, inoltre, USA e UE non devono fare i conti con soggetti come Cina, India e Brasile , paesi che non sono disponibili ad un rafforzamento generale della brevettazione.

Il quadro sembra chiaro: se gli Stati Uniti riusciranno nel colpaccio di far aderire l’Europa ai loro standard brevettuali, fino ad estendere finalmente anche al Vecchio Continente la brevettabilità del software, sarà poi molto più facile per la diplomazia commerciale statunitense fare pressioni anche in altre aree del mondo, su mercati nei quali oggi la grande industria statunitense, a partire da quella tecnologica, non riesce a far valere tutti i propri brevetti, compresi quelli sugli algoritmi e sui mattoni costitutivi del software. Chi ha voglia di dare un’occhiata a una manciata di brevetti di questo genere può approfondire a questo indirizzo , una pagina curata come sempre da FFII.

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Pubblicato il
16 mag 2008
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