ADSL, quando la banda larga è un miraggio

ADSL, quando la banda larga è un miraggio

Punto Informatico e Il Salvagente pubblicano oggi la prima parte di una inchiesta che si svilupperà nelle prossime settimane, per comprendere quale sia il reale stato dell'ADSL italiana. E quali siano le prospettive
Punto Informatico e Il Salvagente pubblicano oggi la prima parte di una inchiesta che si svilupperà nelle prossime settimane, per comprendere quale sia il reale stato dell'ADSL italiana. E quali siano le prospettive

Una rete che cade a pezzi, standard di qualità che non vengono rispettati, un sistema di gestione reclami che fa inorridire e rari investimenti: lo sviluppo della banda larga italiana, a partire dall’ADSL, si può riassumere così. Eppure, se si guardano le offerte commerciali presenti sul mercato nazionale, l’impressione che se ne ricava è completamente diversa.

Sulla carta gli operatori telefonici si fanno concorrenza a colpi di connessioni superveloci, giocando al rialzo anno dopo anno: prima 2, poi 4, 6 e ora 7, 8 e addirittura 20 megabit di velocità. Sembra una gara a chi offre di più. Nei fatti, però, a moltissimi utenti capita di viaggiare davvero lentamente, e ai più sfortunati succede anche di impallarsi sul più bello. Basti pensare che nell’ultimo mese alle redazioni de il Salvagente e di Punto Informatico sono arrivate centinaia di segnalazioni: da qui l’idea delle due storiche testate di collaborare per approfondire le varie angolature di un problema così ampio.

Come è possibile che gli internauti italiani, pur pagando fino al triplo in più rispetto a quelli degli altri paesi europei, ricevano un servizio così scadente? Bisogna considerare che la strada italiana su cui “corrono” i dati, qualunque sia il provider che si sceglie, è sempre la stessa e risale alla preistoria della comunicazione: si tratta di lunghi fili di rame che in molte località viaggiano ancora sopra i pali. Insomma, la rete messa a disposizione da Telecom, e data in affitto ai suoi concorrenti, assomiglia più a una mulattiera che a una moderna autostrada. La fibra ottica è assimilabile ad un’utopia.

“Nulla da fare”
Paolo vive a Orvieto. Da poco si è trasferito in una zona in cui l’unico operatore che fornisce l’accesso ADSL è Telecom. Convinto dalla venditrice, sottoscrive un contratto Alice Tutto incluso con velocità di navigazione di 2 mega e la promessa che da lì a un mese il provider avrebbe eseguito l’upgrade (aggiornamento) a 7 mega. Ma, appena attivata, l’ADSL continua a disconnettersi. In due mesi Paolo tempesta il 187 di segnalazioni. I tecnici lo contattano più volte e alla fine arriva la diagnosi: a causa della “cattiva qualità della linea” la connessione non può andare oltre gli 800 kbit, nonostante Paolo paghi un abbonamento per 7 mega.

Laura, invece, con Internet ci lavora. Fino a qualche mese fa era abbonata ad Affari flat di Libero, 25 euro al mese più Iva e 4 mega di banda. Quando dal servizio clienti di Infostrada arriva l’offerta di passare a 7 mega per 20 euro al mese più Iva, Laura non ha dubbi. I problemi, però, non tardano ad arrivare. La mattina presto la connessione raggiunge 1 mega, ma dopo qualche ora c’è praticamente la paralisi: fino al tardo pomeriggio la velocità non supera mai i 100 kbit. Partono le segnalazioni all’operatore. L’assistenza tecnica di Infostrada, invece di darsi da fare per risolvere il problema, prima chiede a Laura di realizzare report quotidiani sullo stato della connessione da spedirgli, poi risponde che per la velocità proprio non può fare nulla.

Stessa risposta è toccata a Maurizio, che vive in campagna, vicino a Roma. Abbonato a Tele2, per mesi ha navigato a singhiozzo. Quando ha contattato il servizio clienti del suo provider anche a lui è stato chiesto di scrivere e spedire vari report sullo stato della sua connessione e poi non gli è stata data alcuna risposta. Arrabbiato, Maurizio ha cambiato operatore, passando a Tiscali. Per lui, però, l’ADSL è ancora un miraggio.

Chi è responsabile della velocità?
Ma se il provider con cui l’utente ha sottoscritto un contratto nulla può per garantire la velocità del suo cliente, di chi è la responsabilità in caso di disservizio? Naturalmente se la causa dei problemi alla connessione è imputabile alla qualità della linea, la responsabilità dovrebbe essere di chi possiede e affitta a terzi quella linea. “La prima causa di rallentamento è la distanza dell’utente dalla centrale”, ricorda al Salvagente e a Punto Informatico un tecnico di Telecom Italia di cui preferiamo non rivelare il nome. “Chiunque si trovi a più di 3 km di filo di rame dalla centrale non ha neppure la sicurezza dell’allineamento, cioè può anche non riuscire a connettersi al web. La distanza, infatti, attenua il segnale. Seconda causa di rallentamento possono essere le condizioni fisiche del filo di rame su cui viaggiano i dati. Un doppino sporco o attaccato dall’umidità produce rumore , una sorta di interferenza che incide sulla velocità di connessione”.

Attenuazione e rumore sono i parametri che il gestore telefonico è tenuto a controllare quando arriva una segnalazione. Durante la nostra inchiesta, però, abbiamo scoperto che i tecnici dell’ex monopolista che si occupano di ADSL, nella gestione delle segnalazioni degli internauti insoddisfatti devono seguire indicazioni dell’azienda che potrebbero sembrare poco favorevoli agli utenti. In un documento interno, di cui siamo entrati in possesso, vengono stabiliti i valori soglia da tener presente quando si elabora una Diagnosi di navigazione lenta .

la tabella

Se i tecnici dovessero davvero seguire quelle indicazioni vorrebbe dire che chi ha un contratto a 2 mega riceverebbe il supporto del tecnico solo se ha una velocità minima in ricezione al di sotto di 640 kbit . Per un contratto da 4 o da 7 mega, invece, la soglia minima è di 1,2 mbit, mentre per chi ha scelto i 20 mega il limite minimo è di 2,4 mbit, cioè una velocità minima di ricezione quasi 10 volte inferiore rispetto a quella promossa dal contratto.

Ma che succede se lo stato della connessione di un utente è peggiore anche di queste soglie? “Se l’utente è una persona normale non succede niente. Se invece è qualcuno importante si interviene sulla linea, magari cambiando il doppino di rame”, sostiene il tecnico. Overbooking, poca banda molti utenti
Le ragioni sono diverse, ma l’intoppo è lo stesso. Internet veloce è una chimera anche per chi vive o lavora nelle zone più centrali e sviluppate del paese. In questo caso, la causa del rallentamento per chi naviga in ADSL non sono solo le condizioni scadenti della strada su cui si viaggia, ma anche un’errata previsione del traffico.

Si chiama overbooking di banda e, sostanzialmente, significa che i provider vendono una quantità di banda maggiore rispetto a quello che la potenzialità tecnologica messa in campo permette di sostenere. È un po’ quello che accade nelle tangenziali delle grandi città nell’ora di punta: strade troppo strette, molte macchine in circolazione e lunghissime code estenuanti.

Per ovviare a questo problema naturalmente una soluzione ci sarebbe: investire più risorse. Ma a parte Fastweb che in alcune grandi città ha scommesso sulla fibra ottica, costruendo ex novo per i propri utenti una parte della rete, nessuno degli operatori telefonici ha mostrato finora lungimiranza. Il risultato è che, nonostante in alcune zone d’Italia esista la possibilità di sottoscrivere un contratto da 20 mega nominali, dalle centrali che dovrebbero fornire questo servizio quei mega proprio non escono. A Roma per esempio chi ha sottoscritto una connessione superveloce, in condizioni ottimali riesce a navigare con 8-10 mega. Insomma ancora una volta paga più di quello che gli viene offerto senza che l’Autorità garante per le comunicazioni intervenga.

Eppure che l’ADSL nel nostro paese sia un problema è cosa ben nota anche a chi quell’Authority la dirige. Solo qualche giorno fa Corrado Calabrò presidente dell’Agcom ha dichiarato: “Nelle telecomunicazioni bisogna cambiare registro oppure siamo al capolinea. E tocca allo Stato innescare un nuovo ciclo di investimenti che da sole le imprese private potrebbero non avere convenienza a fare”. Effettivamente finora gli investimenti sono solo stati annunciati. Solo un anno fa Telecom assicurava che avrebbe collegato nel centro di Milano circa 70mila utenze alla fibra ottica. Di quel progetto non si è più saputo niente.

Circa 3 mesi fa, invece, l’ultima dichiarazione di intenti è partita dal nuovo amministratore delegato dell’ex monopolista, Franco Bernabé, che ha promesso 160 milioni di euro per la manutenzione e il potenziamento della rete. “In realtà di questi soldi sul bilancio 2008 non c’è ancora traccia”, racconta a Punto Informatico e al Salvagente Carmelo Gullì, rappresentante sindacale dell’Lsc-Cgil. E aggiunge: “In realtà questi soldi facevano parte di un’ipotesi di accordo tra azienda e sindacato che non è stato ancora firmato. Purtroppo la strategia di tutti gli operatori è quella di investire poco per volta e solo dove si è certi che il denaro speso frutterà in poco tempo”. Il risultato è che in alcune aree del paese l’ADSL proprio non esiste e in altre è solo nominale.

Per chi ha molto da spendere la soluzione c’è. Si chiama linea Hdsl ed è un servizio molto costoso, 500-600 euro di canone al mese, che permette ai dati di viaggiare all’interno di un collegamento diretto dalla centrale a casa del cliente.

Il servizio? Pochi lo garantiscono
Di essere in torto certi provider lo sanno bene. Se si leggono i contratti per la fornitura di ADSL proposti proprio sul Web dai vari operatori si trovano sempre delle clausole studiate apposta per garantire il fornitore, qualunque sia la qualità del servizio erogato.

Sui siti di Infostrada e Tele2, nei contratti si sottolinea che il buon funzionamento del servizio è legato alla capacità del server e al traffico sulla rete. Tiscali, invece, declina ogni responsabilità e scrive che “la predisposizione della linea telefonica e l’abilitazione della stessa alla connessione ADSL è effettuata allo stato da Telecom Italia o da altri operatori, e che pertanto, non dipende in alcun modo dall’attività di Tiscali”. Telecom, invece, consapevole della scarsa qualità di molte linee aggiunge nel suo contratto: “La velocità non è garantita poiché dipende dal livello di congestione della rete e del server a cui ci si collega e dalle caratteristiche della linea”.

Tutte le aziende offrono servizi di connessione in cui viene indicata la velocità massima in ricezione: Alice tutto incluso fino a 7 mbit, Tiscali 8 mega fino 8 mbit, Fastweb naviga senza limiti fino a 20 mbit, ma quasi nessuna indica con la medesima evidenza una connessione minima garantita. Inoltre,se si dà uno sguardo alle proposte e si prova a verificare che tipo di copertura è disponibile per la propria linea, inserendo il proprio numero di telefono, si ottengono informazioni assolutamente scorrette. Abbiamo fatto un test verificando la copertura di un’utenza che per lo stato della rete non raggiunge neppure 1 mega di connessione. Tutti gli operatori, a parte Tele2, hanno dichiarato di poter garantire una connessione ADSL con una velocità massima di 6 o 7 mega.

Sarebbe molto più semplice e corretto se i provider, potendo verificare il reale grado di copertura della rete per ciascun utente, proponessero contratti diversi in base alla reale velocità massima di ogni internauta. Con prezzi diversificati.

Barbara Cataldi

nota
L’inchiesta prosegue. Per contribuire invia a Punto Informatico e al Salvagente il tuo caso, la tua testimonianza, segnala i disservizi ma anche i problemi risolti. Scrivi a pi@edmaster.it .

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Pubblicato il
22 mag 2008
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