Forse ha ragione chi sostiene che c’è troppo sesso in certi videogiochi. Di sesso, di sessualità superficiale e anche un po’ maschilista in certi titoli ce n’è davvero troppa. Ma secondo l’originale tesi di un brillante studente di Altanta, Daniel Floyd, è proprio questo approccio, superficiale appunto, che rende i videogiochi una forma espressiva immatura e non ancora all’altezza di cinema, teatro, televisione, scultura e qualsiasi altra arte figurativa.
“Il sesso nei videogame c’era già negli anni settanta” osserva l’alunno del Savannah College in un video presentato nella sua università: dai videogiochi di dubbio gusto degli esordi si è passati per l’epurazione del sesso dalle console sin dal lancio del NES di Nintendo, e poi a un fiorente mercato in Asia e in Germania per titoli spiccatamente per adulti (ma solo su PC).
E poi sono venuti gli anni novanta, con Lara Croft che da eroina di un videogioco si è trasformata in sex symbol universale, e Duke Nukem che ha sdoganato un approccio sciovinista – con le ballerine di lap dance da premiare con qualche verdone – che è stato ripreso anche negli anni a seguire da titoli come GTA . Il problema, ribadisce Floyd, è “come il sesso è stato presentato al pubblico”.
Se i videogiochi devono diventare “una nuova forma di espressione artistica”, devono cambiare registro: oggi come oggi “non sono un media maturo”. Floyd cita James Portnow , noto game designer in forza ad Activision e apprezzato opinionista del ramo, che ribadisce come “sia opportuno che i videogiochi esplorino anche la parte più nobile e primitiva della sessualità per compiere la trasformazione in una vera forma d’arte”. Oggi, Mario e compagnia sono visti dai genitori ancora come un passatempo per bambini , e per questo – spiega Floyd – vengono posti sotto pressione per garantire ai più piccoli una esperienza scevra da ogni contenuto pericoloso: “I videogiochi non sono solo per bambini – si lamenta lo studioso – ma si tratta di un pregiudizio che è ancora ben radicato nell’opinione comune”.
Così, ogni volta che qualcuno tenta di superare il banale approccio comune alla sessualità e di spingere la sensibilità degli spettatori un po’ più in alto, “il calderone delle controversie inizia a bollire”. Sul settore gravano quelli che Floyd definisce “stereotipi”: ad esempio il nerd che ingrassa davanti allo schermo e finisce per sviluppare patologie sociopatiche , ma si tratta spesso di pregiudizi che “gli stessi game developer hanno contribuito a creare”.
“L’industria offre al pubblico quanto soddisfa la sua domanda, ma nessuno prenderà sul serio i videogiochi se non verranno fatti passi avanti” sentenzia Floyd. Nel cinema una scena più intima può essere utile a raccontare la storia o caratterizzare al meglio il profilo dei personaggi, e lo stesso deve accadere su PC e console: “Occorre lasciare che sia il gioco a definire cosa sia appropriato per il suo contenuto”. E il contenuto potrebbe anche essere alto, si potrebbe addirittura puntare a plasmare le coscienze con fini meritori: ci crede anche David Weinberger , che dalle pagine del suo blog ricorda l’universalità e la diffusione dei videogiochi tra il pubblico.
“I designer dovrebbero essere liberi di inserire la sessualità dove è appropriato – prosegue Floyd – senza temere la reazione dell’opinione pubblica”. Non sarà facile, visto anche che “gli USA sono spaventati da sesso” e che quest’ultimo può costituire un serio problema per il rating di un titolo. Un giudizio negativo può costare molto in termini di introiti e di eventuali ricorsi legali: il sesso “non garantisce le vendite dei videogame”, ma anzi spesso è un deterrente .
Eppure occorre fare spazio alla sperimentazione, “all’esplorazione dell’intimità tra i personaggi in luogo del sesso a se stante”. Sarà proprio la sessualità a consentire di “migliorare il realismo dei personaggi”: i primi che tenteranno di esplorare questa strada espressiva incontreranno senz’altro delle difficoltà, ma la situazione migliorerà gradualmente man mano che l’opinione pubblica si abituerà a questa nuova forma espressiva. È già successo con il jazz, i fumetti, i cartoni animati conditi di violenza, e dunque succederà ancora. “Parlando di sesso in modo serio, si potrebbero evitare gli approcci censori tenuti dalla generazione precedente” conclude fiducioso il professor Floyd.
Luca Annunziata
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