Videogiochi in Italia, come diventare sviluppatori

Videogiochi in Italia, come diventare sviluppatori

Ci vuole qualcosa di più di un semplice corso di design. Occorre acquisire strumenti e conoscenze che non parlano solo di tecnologia ma anche di team building e mercato. Così la pensa l'Accademia Italiana di Videogiochi
Ci vuole qualcosa di più di un semplice corso di design. Occorre acquisire strumenti e conoscenze che non parlano solo di tecnologia ma anche di team building e mercato. Così la pensa l'Accademia Italiana di Videogiochi

Nel primo di questa serie di speciali tematici dedicati al mondo dei videogiochi, su Punto Informatico si è parlato dell’ upgrade onorifico conferito all’Università Full Sail di Winter Park, in Florida, in precedenza una più normale scuola privata. Parlare però di Full Sail è un po’ alienante, non solo perché parliamo di Stati Uniti, ma anche perché si tratta di una scuola molto elitaria, la cui retta annuale si aggira fra gli 11.000 ed i 25.000 dollari. Tornando in Italia, Punto Informatico ha invece raggiunto AIV , la Accademia Italiana di Videogiochi , una scuola privata con sede a Roma dedita allo sviluppo di videogame. Nell’intervista che segue con Luca De Dominicis – Lead Game Designer dell’AIV – si sono approfonditi i metodi didattici, la struttura dei corsi, gli sbocchi lavorativi, le differenze con l’estero e la situazione dei mercati nazionale ed internazionale. L’intento non è evidentemente quello di pubblicizzare questa o quella struttura, AIV non è il primo né sarà l’ultimo referente con cui Punto Informatico ha parlato, ma di cercare di capire e analizzare le opportunità che sono oggi disponibili su un mercato videoludico, quello italiano, decisamente in ritardo rispetto a quello degli altri grandi paesi europei.

Punto Informatico: Partiamo dall’aspetto didattico. Sull’home page di AIV scorgiamo quattro tipi diversi di orientamento: Programmazione, Computer Grafica, Art Direction, Game Design. Come sono strutturati questi corsi e che tipo di competenze forniscono agli studenti?
Luca De Dominicis: Scendendo subito nei dettagli è importante porre subito un punto chiave su AIV: tutti i nostri corsi sono puntati verso il Game Development ed hanno una fortissima impronta pratica. Questo implica che per i due canali principali, Grafica e Programmazione, si parte dalle base per arrivare dopo due anni di corso, alla possibilità di mostrare il proprio lavoro in ambito videoludico ad un colloquio presso una software house.
Questo viene raggiunto non solo tramite le molte ore teorico/pratiche, ma anche e soprattutto grazie al secondo anno completamente pratico: cerchiamo di far lavorare le due classi ad un progetto comune che porti ad un prodotto mostrabile in sede di colloquio.
Gli altri corsi, Art Direction e Game Design, vengono erogati sotto forma di seminari gratuiti: AIV trova pretestuosa infatti l’erogazione di corsi di Game Design (ad esempio) che così spesso vediamo in Italia.

PI: Perché? Cosa significa essere un Game Designer?
LDD: Non vuol dire unicamente “pensare ad un bel gioco”, ma soprattutto vuol dire pensare ad un titolo ben conoscendo le difficoltà a cui andrà incontro il team di developer per realizzarlo.
Per questo sollecitiamo gli iscrivendi a partecipare ad uno dei due canali e forniamo gratuitamente degli incontri per approfondire il tema Game Design e Art Direction.

PI: Quali tool vengono messi in campo per la didattica?
LDD: Possiamo dire che, per il corso di Computer Grafica, prediligiamo lo studio approfondito di Maya per quel che concerne modellazione ed animazione. Dal prossimo anno apriremo lo studio anche a 3DSmax .
Utilizziamo Photoshop nell’ambito di texture ed progettazione/realizzazione delle GUI in game e out-game.
Per la realizzazione di Normali (sia normal map che bump map) insegniamo sia Z-Brush che Mudbox , preferendo un tantino Z-Brush per quel che concerne la realizzazione delle versioni High-Poly dei modelli.
Tutto il discorso Texture viene ripreso ampiamente durante la fase che rivela il delicato compito di produrre degli Unwrap e Skin. Non mancano cenni delle moderne tecniche di Pelt-Mapping .

PI: Altre indicazioni per chi si avvicina a queste possibilità?
LDD: Il corso si conclude il primo anno con uno studio approfondito della realizzazione di modelli 3D e di ottimizzazione platform-based: mostriamo tutta una serie di criteri per partire da una art direction e finire con un modello importabile nel motore di gioco in base alla piattaforma usata ed in base al tetto massimo di poligoni da usare.
Questa parte è, a mio avviso, quella più interessante in AIV: studiare i software non è così complesso, imparare i percorsi aziendali e gli short-cut di pensiero adeguati per operare con un modello 3D – ad esempio – nel migliore e nel più celere dei modi è il valore aggiunto che fornisce AIV ad i suoi studenti.

PI: Con quali skill di programmazione si affronta un corso del genere?
LDD: Dal lato programmazione il corso è leggermente scalabile in base al tipo di classe che abbiamo (quanti studenti sono già confidenti nei vari linguaggi di programmazione). Partiamo da C++ per arrivare abbastanza in fretta all’architettura del codice per un videogame, toccando argomenti fondamentali quali la gestione della fisica, delle entità, delle risorse e all’implementazione dei vari linguaggi di scripting: dall’XML al Python al TCL/TK.
Chiaramente il tutto in ambiente di sviluppo che usa tool quali Visual Studio, Nebula Device 2 e Rak Net .
Una parte del corso abbastanza rilevante tratta il caso speciale della programmazione Windows e quindi Direct X, gestione dell’interfaccia e gestione avanzata della grafica.
Il percorso del primo anno di programmazione si conclude con l’implementazione del sonoro e degli input.

PI: Quanti studenti avete? C’è un’età ideale per iscriversi alla vostra Accademia?
LDD: L’Accademia Italiana Videogiochi è a numero chiuso e offre 8 posti l’anno sia per Grafica che per Programmazione. L’età dei nostri studenti oscilla molto, spesso infatti abbiamo laureati o lavoratori, diciamo che approssimativamente il range che ci si presenta va dai 20 ad i 40 anni.
I corsi di AIV sono serali, appunto per permettere a studenti e lavoratori di frequentarli conciliandoli con i loro altri interessi.

PI: C’è un qualche pre-requisito essenziale per iniziare?
LDD: L’unica cosa ideale per iscriversi ad AIV è la passione per i videogame: affrontiamo molti argomenti nel corso dei due anni di corso e le lezioni in aula devono essere coadiuvate da altrettanto studio a casa e l’entusiasmo è spesso la molla che fa la differenza fra lo studente che riesce e quello che poi fatica a trovare un posto di lavoro post accademico.

PI: Perché uno studente dovrebbe preferire l’Accademia alle forme tradizionali di apprendimento didattico?
LDD: Per il suo aspetto fortemente pratico. Ad ogni colloquio di lavoro nel settore videoludico viene fatta espressa richiesta di referenze ed esperienze maturate in ambiti simili. Il secondo anno di AIV punta esattamente a questo: dare agli studenti un’esperienza pratica che sia la chiave di volta di un colloquio di lavoro.
Ogni altra forma, ovviamente parlando di Italia, non ha ancora prodotto alcuno studente inserito in alcuna software house. AIV di contro vanta già mezza dozzina di studenti in software house italiane ed internazionali. PI: Parliamo un attimo dell’aspetto economico: la retta annuale per l’iscrizione all’AIV è di 2.500 euro all’anno. Non è una cifra insormontabile, ma neanche alla portata di tutti. Ci sono forme di aiuto verso gli studenti? Ci sono forme di iscrizione in base al reddito? Avete un sistema del tipo “borsa di studio” per premiare gli studenti più meritevoli?
LDD: Il costo di AIV è in linea con l’esborso richiesto per frequentare dei Master post-laurea.
Considerando che il nostro progetto pesa unicamente sulle nostre spalle diviene matematicamente impossibile abbassare il costo del corso. Ci teniamo ad aggiungere che AIV fin ora ha fatto tutto con le sue sole forze, resistendo ad uno stato ed alle istituzioni completamente latitanti in questo tipo di ambito.
Anche le industrie e le strutture più grandi d’Italia – AESVI per citarne una – si occupano di corsi che si rivolgono alle infrastrutture che ruotano intorno al mondo dei videogame e non di corsi di Game Development, questo per dare il quadro di quanto sia difficile e raro il tipo di offerta formativa che andiamo a proporre ad i nostri studenti.
Non possiamo far finta di nulla: il settore videogiochi risente come tutti gli altri della parossistica stagnazione che il nostro paese offre a tutte le industrie emergenti.
Il tipo di aiuto che forniamo a quanti volessero partecipare ad AIV è la possibilità rateizzare la retta spendendo poco più di 150 euro al mese.

PI: Nessun segnale dalle istituzioni?
LDD: Stiamo cercando di sensibilizzare le istituzioni verso il nostro settore ma il percorso è ancora lento ed accidentato. Più che allo stato, e questo è uno scoop, AIV sta lavorando con una grande software house italiana – di cui non possiamo fare il nome – per proporre dei corsi con annesso stage aziendale remunerato, creando in questo modo un connubio assolutamente unico nel nostro paese. Uno stage remunerato sarebbe il perfetto coronamento di un percorso didattico di levatura internazionale: non solo lo studente vivrebbe la vita delle software house di rilievo, ma si vedrebbe riconosciuto uno stipendio con il quale ammortizzare il costo del corso.

PI: Per ora l’AIV è una piccola realtà didattica presente con un’unica sede a Roma. Avete intenzione di portare l’Accademia da qualche altra parte, in Italia?
LDD: In base a come andranno le trattative a cui accennavo potremmo aprire una nuova sede. Per il momento AIV rimane esclusivamente a Roma.

PI: Quali sono gli sbocchi lavorativi per chi consegue una certificazione presso l’AIV? Avete contatti diretti con aziende di videogame?
LDD: Le aziende internazionali guardano moltissimo alla qualità personale del professionista che andranno ad assumere. La laurea non è richiesta nel 85% delle offerte di lavoro (in cui spiccano prestigiosissime posizioni sia per i grafici che per i programmatori) mentre diviene un punto focale sia la referenza che il portfolio presentato al momento del colloquio.
Attualmente AIV ha posizionato studenti e docenti in realtà internazionali che vanno dall’Inghilterra, all’Olanda per finire in America. Parliamo di realtà del calibro di Disney Interactive e Activision senza però dimenticarci delle belle ed importanti realtà locali come, ad esempio, Twelve Interactive che per prima ha assunto un programmatore formatosi in AIV.

PI: Qualche nome che da AIV è transitato in quelle sedi?
LDD: Per fare un po’ di nomi vediamo Manuele Bonanno impiegato alla Disney Interactive, Carlo Mangani per la Twelve Interactive, il nostro amico e socio Alessandro Bartolucci in prestito come Lead Programmer per Call of Duty 4 all’Activision, Stefano Pinna in Olanda per una prestigiosa software house che sviluppa in out-source per grandi titoli. Abbiamo un altro studente in partenza (incrociamo le dita!) per la Hull in Inghilterra grazie alle nostre referenze.
Insomma: secondo noi niente male per una realtà nata in modo indipendente e che non ha ricevuto aiuto alcuno né dalle istituzioni né dalle major che vedono l’Italia solo come una terra da “exploitare” e non come una realtà da far crescere culturalmente parlando.

PI: Su Punto Informatico ne abbiamo già parlato a fondo: negli USA i videogiochi sono una cosa seria e si vedono sempre più spesso scuole private essere riconosciute poi università a livello statale. AIV ha mai provato ad avvicinare il MIUR ? È nei vostri obiettivi ricevere un riconoscimento di questo genere o non vi interessa – non vi preoccupate di questa questione?
LDD: Le realtà didattiche Istituzionali Italiane hanno un profondo “bug”: essendo italiane soccombono alla pesantissima pressione di favoritismi e “mafiette” così tanto note a chi frequenta le normali facoltà. Siamo apparsi in radio, in televisione e sui maggiori periodici del paese. Abbiamo sviluppato il primo FPS italiano completamente fatto da zero ma queste non sono motivazioni sufficienti per portare avanti la nostra realtà. In Italia ci vuole altro.
Siamo talmente tanto arretrati e bloccati da retaggi culturali arcaici che nemmeno gli enormi profitti derivanti dalla nostra industria servono a smuovere tanto gli investitori quanto le istituzioni.
Abbiamo parlato con molte venture capital italiane riguardo l’opportunità di investire nel nostro settore solo per sentirci rispondere che non sapevano nemmeno della sua esistenza.
Non è tutto perso: abbiamo tenuto il primo Game Developer Day presso la facoltà di Matematica a Tor Vergata, presso Roma, e sia l’affluenza che il successo sono stati appaganti.
Rimaniamo però sempre appesi alla buona volontà di professori lungimiranti. Preferiamo a questo punto perseguire il percorso autonomo confidando nei partner di rilievo che nel corso di questi anni abbiamo saputo conquistare per qualità ed onestà.

PI: Parlando quindi di sviluppo e videogiochi in Italia c’è solo da piangere? Come la vedete? Migliora?
LDD: Quando AIV vide la luce, nel 2004, ad eccezione di Milestone nel nostro paese non si sviluppava nemmeno un titolo.
Anche grazie a noi, e non ce lo siamo detti da soli, la situazione si è smossa veramente molto. Nulla sarà più come prima: lo si vede dalle molte realtà che nascono in Italia e che poi riescono ad affacciarsi anche al mercato Europeo.
Noi confidiamo che questo paese, proverbialmente lento, riesca prima o poi a decollare anche in questo ambito. Agli italiani passione e creatività non sono mai mancate, e sarebbe assurdo vederci tagliati fuori da un ambito creativo di così grande importanza. Suggerisco a tutti i ragazzi che coltivano questo sogno di non demordere: le assunzioni in italia ci sono, ed anche in posizioni di prestigio.
Se si è disposti a viaggiare poi la situazione è assolutamente rosea: la richiesta di professionisti è elevatissima.
L’importante è non demordere e mettere sempre il massimo impegno.
Per conto nostro continueremo in questa strada e finché potremo – si parla di economia non di scelta personale – terremo aperta AIV: in questi anni le lettere di gratitudine di quelli che ce l’hanno fatta, unite all’orgoglio di aver aperto un settore in un paese, ci hanno ampiamente ripagati delle fatiche. Inoltre AIV sta sviluppando un videogame nuovamente di tipo FPS e speriamo in settembre di poter mostrare i primi screenshot in game.

a cura di Enrico “Fr4nk” Giancipoli

Nota:
Professionisti, development team, piccoli, medi e grandi sviluppatori che in ambito videoludico ritenessero di poter dare un contributo per costruire il “quadro” della realtà italiana possono farlo scrivendo in redazione . Ogni segnalazione è gradita.

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Pubblicato il
30 mag 2008
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