Un futuro per Microsoft

Un futuro per Microsoft

di Alessandro Bottoni - Le nuove strategie di Steve Ballmer indicano una direzione per molti versi nuova per il colosso informatico. Che dinanzi a sé ha un'utenza che è cambiata, che non disdegna l'open source e si fida di Google
di Alessandro Bottoni - Le nuove strategie di Steve Ballmer indicano una direzione per molti versi nuova per il colosso informatico. Che dinanzi a sé ha un'utenza che è cambiata, che non disdegna l'open source e si fida di Google

Leggo su Punto Informatico che “Steve Ballmer, CEO di Microsoft, sceglie il 2008 e la conferenza mondiale dei partner Microsoft, in corso in Texas, per ribadire l’intenzione della sua azienda di farsi strada in rete attraverso la vendita di servizi alle imprese. Perché quello che si può fare in locale con Sharepoint e Dynamics, vale a dire gli strumenti di comunicazione e condivisione pensati per gli uffici, si può fare anche via Internet. (da Ballmer: se Microsoft cambia, cambiate tutti , di Luca Annunziata).
Francamente, le affermazioni di Steve Ballmer scatenano una ridda di riflessioni, non tutte positive, sul futuro di Microsoft.

BigM buona ultima
Quello che Microsoft sta cercando di fare è convertirsi da un modello distributivo “Software as a product” (SaaP) ad un modello “Software as a service” (SaaS). In buona sostanza, invece di vendere scatole (con dentro dei DVD), vuole vendere degli abbonamenti .

Sul fatto che questa sia l’evoluzione “giusta” ed inevitabile del mercato del software, ci sono pochi dubbi. I vantaggi sono notevoli, sia per il produttore che per l’utente. Il produttore non deve più avere una catena produttiva e distributiva. Basta una batteria di server. Gli aggiornamenti non devono più essere distribuiti ma solo installati sui server e la pirateria può essere combattuta con grande facilità. L’utente non deve più preoccuparsi di installazioni, aggiornamenti e backup. Deve solo accedere al servizio ed usarlo.
L’unica esigenza “delicata” dell’utente è quella di poter lavorare sia online che offline, in modo da non dipendere dalla connessione ADSL o Wi-Fi. Questa esigenza è già stata soddisfatta da strumenti “tradizionali” come ThinkFree e da soluzioni più innovative, come Google Gears .

Il problema è che questa “strategia” non può certo considerarsi innovativa. Lo sviluppo di applicazioni desktop di tipo “thin client” come queste viene portato avanti almeno dal 1998, a partire da progetti come www.desktop.com (DHTML), per arrivare fino a GHOST (Flash + AJAX, vedi http://g.ho.st/) ed a prodotti altamente innovativi come DesktopOnDemand .

Microsoft arriva quindi buona ultima in questa corsa. Cosa ancora più grave, arriva dietro aziende e progetti gratuiti e persino dietro progetti open source come EyeOS e YouOS .

Da alleati a nemici
Come fa notare Luca Annunziata, il passaggio da un modello distributivo all’altro comporta l’abbandono della catena distributiva esistente. Anni fa, mentre lavoravo per una software house italiana leader nel suo settore, ho assistito dall’interno ad un passaggio simile, quello dalla distribuzione del programma attraverso la catena dei distributori locali alla distribuzione via Internet da un unico sito di e-commerce.

Per poter procedere a questa transizione, il prezzo del prodotto ha dovuto passare da circa 6000 euro a meno di 1200. Questo perché nessun utente si sarebbe mai fidato ad acquistare un prodotto di classe medio/alta da un sito di e-commerce. Nello stesso tempo, la rete dei distributori ha deciso di passare dal nostro prodotto ai due suoi principali concorrenti (distribuiti in modo tradizionale).

Il risultato netto è stato che il mercato di riferimento dell’azienda è passato dal mercato nazionale a quello globale ma il fatturato globale è crollato al 40% di quello dell’anno precedente, con gli effetti facilmente immaginabili.

La rete di distributori può fare la fortuna di una azienda ma può anche segnarne la fine. Questo Ballmer lo sa bene ed ha già previsto di pagare i suoi distributori attuali per non incorrere nelle loro ire. Il peso di questa spesa ricadrà sugli utenti, rendendo impossibile una concorrenza ad armi pari con altre aziende già presenti sul mercato, come le già citate ThinkFree e GHOST.

I resti delle mura di Babilonia
Fino a qualche anno fa, si poteva scrivere un documento di testo in un modo solo: con MS Word. La ragione era banale: se si utilizzava un qualunque altro programma, od un qualunque altro formato, nessuno sarebbe stato mai in grado di leggerlo. Tutti possedevano ed usavano Word e Word leggeva/scriveva solo il suo formato ed i formati che non rappresentavano un pericolo per Microsoft (RTF e simili).

Al giorno d’oggi si può scrivere un documento con OpenOffice o con ThinkFree e passarlo al destinatario senza preoccupazioni. Il destinatario, infatti, può a sua volta scaricare gratuitamente e liberamente OpenOffice o ThinkFree dai rispettivi siti ed usarli per leggere il documento e per modificarlo. Chiunque altro, nel tratto successivo della stessa catena, può fare altrettanto.
In alternativa, si può scrivere il documento con l’editor online di Google Docs o di GHOST e renderlo disponibile ai collaboratori direttamente sul sito del fornitore del servizio. I destinatari dovranno solo fare il log-in per poter accedere al documento. Niente da installare, niente da acquistare, niente da capire . Quasi tutti i servizi di questo tipo sono liberi e gratuiti almeno nella loro versione base.

Le mura che difendevano il territorio di Microsoft sono cadute da tempo. Non siamo più ai tempi di MS/DOS o di Word 6.0. Misurarsi contro avversari che godono degli stessi privilegi, come Google o GHOST, non sarà facile come combattere contro concorrenti a cui erano state tarpate le ali, in vari modi e per varie ragioni, come WordPerfect o OS/2.

Utenti Windows, Utenti Google
La vera assicurazione sulla vita di Microsoft è sempre stato il famoso “utente Microsoft”. Ve lo presento:

“Si lo so che ci sono altri programmi, so anche che sono migliori e che sono gratuiti, ma… non ci voglio pensare. Io uso il computer solo come macchina da scrivere e non voglio crearmi dei problemi inutili. Non voglio imparare un nuovo programma. Ho già fatto una fatica bestia ad imparare quello di MS. Insomma, mi va benissimo il software della mutua.”

Inscalfibile. Potevi metterlo davanti a MS office (679 euri ) ed a OpenOffice (0,0 euri ), dimostrargli che OpenOffice Writer risolveva ogni loro problema e che riusciva persino ad aprire i documenti di MS Word che Word stesso, due release dopo, non era più in grado di aprire, ma lui continuava imperterrito a comprare MS Office. Perché “Ho bisogno di un programma professionale, non di un programmino gratuito.”

Al giorno d’oggi, però, questa gente sta andando in pensione. Al loro posto stanno arrivando schiere di ragazzini cresciuti a pane e PlayStation e che, da quando studiano e lavorano, usano Google . Apprezzano Google. Si fidano di Google.

Tanti auguri Microsoft…
Francamente, credo che ne avrai bisogno.
Proprio ieri è arrivata in Italia la notizia che la catena americana di grandi magazzini Best Buy ha sui suoi scaffali da qualche giorno Ubuntu Linux . La scatola di Ubuntu Linux costa 19.99US$ (circa 13 euro) e comprende l’equivalente di Microsoft Windows, Microsoft Office e gran parte degli altri programmi abitualmente usati dagli utenti privati. Oltre a questo, c’è un periodo di assistenza telefonica inclusa nel prezzo.

Come si misurerà Microsoft con realtà come queste? Potrà resistere ad un concorrente che costa meno di venti dollari (una sola volta nella vita) quando la sua migliore offerta (il software online) costa 50 US$ al mese? O quando la sua offerta tradizionale (Windows + Office) supera i mille euro?
Quanti abbonamenti dial-up (modem a 56Kb/sec) da 20 euro al mese vedete in giro da quando esiste la possibilità di collegarsi ad Internet in questo modo gratuitamente?

Alessandro Bottoni
www.alessandrobottoni.it

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Pubblicato il
14 lug 2008
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