Lettera aperta contro le tecnologie anti-copia

Lettera aperta contro le tecnologie anti-copia

La firmano Alessio Papini, consigliere comunale dei verdi a Firenze e Adriano Sponzilli, del Bologna free software forum. Indirizzata al ministro Urbani. Questione bollente. Al centro balzelli su cd, palladium e dintorni
La firmano Alessio Papini, consigliere comunale dei verdi a Firenze e Adriano Sponzilli, del Bologna free software forum. Indirizzata al ministro Urbani. Questione bollente. Al centro balzelli su cd, palladium e dintorni


Roma – Sulla questione dei balzelli su CD e masterizzatori, della libertà d’uso dei beni acquistati e sulle tecnologie anti-copia riceviamo e volentieri pubblichiamo una Lettera aperta al sig. ministro dei beni e delle attività culturali on. Giuliano Urbani

Eccellenza,
come certo lei saprà, il suo ministero ha pubblicato uno schema di decreto legislativo relativo alla “Attuazione della direttiva 2001/29/ce del parlamento e del consiglio europeo del 22 maggio 2001 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”, che ora è in attesa di essere approvato dal Consiglio dei ministri.

Le scrivo per significarle come, a mio avviso, l’approvazione di questo decreto legislativo, nel testo attualmente noto, possa portare gravi peggioramenti nei diritti dei cittadini e degli utenti, come fruitori di opere coperte da diritto d’autore e come titolari di libertà civili.

Il dibattito che in questi giorni si è sviluppato sulla questione ha denunciato soprattutto la tassazione degli apparecchi di registrazione e dei supporti di registrazione (cassette, videocassette, cd vergini, memorie di massa, etc.). Si tratta chiaramente di un balzello odioso, che ogni cittadino dovrà pagare alla SIAE sulla base della presunzione che lui compia la duplicazione per uso personale di opere protette, anche se poi, eventualmente in concreto, non la compie affatto. E gli importi prefigurati di questa imposizione sono assolutamente sproporzionati.

Ma questa tassazione è solo uno dei problemi di questo decreto legislativo ed è probabilmente il meno grave. Ci troviamo di fronte a una norma che rischia di restringere concretamente le libertà individuali di ciascuno di noi. Ed è sorprendente, quindi, quanto nessuno sembri rendersi conto di quello che sta realmente accadendo.

La nuova normativa riconoscerà legittimità giuridica alla così detta autotutela tecnologica, ovvero alla pratica delle grosse case di produzione di musica, cinema, software di tutelarsi contro la pirateria utilizzando delle tecnologia anti-copia.

La legge considera efficaci misure tecnologiche quelle che consentono ai titolari dei diritti di controllare l’uso dell’opera tramite l’applicazione di un dispositivo di accesso o di un procedimento di protezione (come la cifratura o la distorsione) oppure attraverso un meccanismo di controllo delle copie.

La elusione delle efficaci misure tecnologiche sarà vietata, con una serie di norme penali che tendono ad attirare nella sfera dell’illecito tutta l’attività anche solo di studio dei sistemi di protezione. Qui non si punisce più solamente la pirateria pura, la vendita abusiva di contenuti copiati. Ora è punita la fabbricazione, la vendita, persino la semplice detenzione di attrezzature volte alla elusione di misure tecnologiche, che spesso consistono di apparecchiature informatiche o software utilizzabile anche per altre attività del tutto lecite. È del tutto irrilevante se di quelle attrezzature si intendesse fare un uso lecito o illecito: queste diventano materiale di per sé vietato, come se fossero degli stupefacenti.


E lo studio sui problemi della sicurezza, la ricerca sulla crittografia? E il testing delle misure di protezione effettuato da esperti indipendenti? Probabilmente dovremo mettere sopra a tutti questi diritti una pietra tombale. Negli USA una norma parallela a quella che noi stiamo per inserire (ispirata dai medesimi trattati WIPO del 1996) è stata interpretata nel senso di considerare vietata la semplice diffusione di informazioni tecnologiche che potessero risultare utili ad aggirare misure tecnologiche. E la libertà scientifica?

Ma la portata di queste norme sulla libertà individuale di ciascuno di noi non si comprende fino in fondo, se non le si guarda alla luce dello sviluppo che stanno avendo le tecnologie informatiche oltre oceano. Il futuro dell’informatica potrebbe chiamarsi trusting computing e potrebbe fondarsi sul Digital Rights Managment.

Le grosse case di informatica (Microsoft, Intel, Amd, Ibm, Hp, etc.) unitamente ai grossi produttori e proprietari di contenuti (Disney, Mpaa, etc.) hanno formato un consorzio denominato Tcpa composto da 170 aziende, con lo scopo di sviluppare e in seguito adottare la piattaforma trusting computing.

Il computer del futuro, secondo il progetto di questi signori, sarà molto più sicuro, mediante un uso massiccio di tecnologie crittografiche. Le varie componenti hardware del pc prima si certificheranno a vicenda, scambiandosi chiavi crittografiche di validazione sconosciute all’utente, poi controlleranno anche la “bontà” dei programmi software, che a loro volta dovranno essere certificati con delle chiavi per poter girare. I software che gireranno su computer “buoni” saranno quelli che rispetteranno il Digital Rights Management, ovvero avranno il diritto di leggere dei contenuti crittografati, purché rispettino scrupolosamente le prescrizioni imposte dal titolare dei diritti, che così ne controllerà a distanza il rispetto.

La stessa Microsoft nel presentare il proprio progetto in linea con il Tcpa e il DRM, che porta il nome in codice di Palladium, ha parlato della possibilità di mandare mail “a scadenza” ovvero che durino per un certo periodo e poi si cancellino. Esattamente come il messaggio che si autodistrugge dopo pochi secondi che si vede nei film di spionaggio, con Palladium sarà possibile mandare messaggi che dopo un certo tempo spariscano. Ci penserà il computer del destinatario a cancellarle, senza che il proprietario possa opporvisi, senza che possa ordinare al proprio pc di fare diversamente.

Pare che a nessuno sia venuto in mente che, forse, conservare la corrispondenza che è a noi indirizzata, potrebbe essere un nostro diritto, anche contro la volontà del mittente. E che forse è assolutamente illecito creare una piattaforma informatica nella quale il mio computer obbedendo ad altri distrugga le lettere che io ho ricevuto.

Se l’utente deciderà di utilizzare programmi non certificati, non avrà la possibilità di leggere i contenuti crittografati, se li vorrà leggere dovrà usare software certificati, che però non obbediranno a lui, ma obbediranno al DRM. E siccome il futuro è fatto di software che vengono continuamente aggiornati on-line, i pc comunicheranno in continuazione con le case madri dei vari programmi che hanno dentro, senza che il titolare ne sappia nulla. E oltre a aggiornarsi potrebbero mandare informazioni sull’attività del proprio utente, su quali programmi usa, quali film in dvd vede e quali cd ascolta al computer.


Nelle dichiarazioni dei suoi creatori il sistema trusting computing sarà la soluzione finale contro i problemi di sicurezza, niente virus, transazioni economiche in rete più sicure, possibilità di acquistare contenuti multimediali anche in rete, garantendo i diritti dei loro proprietari. In realtà si profila un futuro in cui ogni cittadino comprando un computer si metterà in casa una spia, un controllore.

Se il trusting computing nascesse oggi, sarebbe ancora lecito per la concorrenza delle case informatiche del consorzio almeno provare a fare dei programmi che senza “tradire” il proprio utente consentano di accedere lecitamente ai medesimi contenuti, o potrebbe essere lecito ad un utente tentare di aggirare le restrizioni illegittime imposte o impedire le violazioni della propria privacy.

Onorevole ministro, il decreto legislativo che vi accingete a varare renderà illecito ogni tentativo in questo senso. Renderà illegale il materiale informatico che possa consentirlo, vietata la diffusione di informazioni in merito.

E si noti che qui non stiamo parlando di nessun tentativo di pirateria o di violazione del diritto d’autore, parliamo solo di utenti che pretendano di accedere in maniera non controllata a contenuti che hanno legittimamente acquistato o di difendersi da intrusioni nella loro vita privata.

La logica di questo nuovo paradigma di rapporti fra produttore e utente è totalmente nuova. Ci troviamo di fronte ad una macchina che di volta in volta deve decidere se funzionare o non funzionare a seconda del compito che le viene richiesto. Se io acquisto una penna a sfera mi aspetto di poterci scrivere o disegnare qualunque cosa, anche cose sgradite al fabbricante della penna e al produttore dell’inchiostro, anche critiche alle loro aziende. In futuro acquistando un PC potrei non avere la medesima garanzia e considerando la centralità che questo strumento avrà nella vita quotidiana di tutti noi e la centralità che l’informatica avrà nella vita democratica delle nazioni evolute, non c’è da dormire sonni tranquilli.

Lo schema di decreto legislativo introdurrà una nuova nozione, quella di “messa a disposizione del pubblico di opere in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”.

Il titolare dei diritti non si limiterà più a vendere un diritto di fruizione di quell’opera, come accade ora ogni volta che si acquista un libro, un disco, un programma, ma potrà determinare una vendita di questo diritto in termini delimitati nel tempo, nello spazio, nelle modalità di fruizione e nell’identità dei fruitori. Questo sta a significare, essenzialmente, che nel bilanciamento di poteri e possibilità di scelta fra il titolare dei diritti e il fruitore, si arriva ad uno squilibrio totale di forze a favore del primo.

In base al suo schema di decreto, onorevole ministro, chi acquista un diritto d’uso secondo questa modalità di messa a disposizione non si vede riconosciuto nessun contenuto legale minimo del suo diritto; non ha, cioè, alcun diritto che gli viene riconosciuto ex lege, nessuno a parte quelli contrattualmente stabiliti da chi gli trasferisce l’opera.

Questa nuova modalità fa cadere anche il tradizionale diritto a effettuare una copia di sicurezza, così come sparisce il c.d. “esaurimento dei diritti conseguente alla prima vendita”. Questa formula tecnica sta a significare che, con la disciplina attuale, quando acquistiamo un libro, la vendita fa cadere i diritti del titolare su quell’unico esemplare, che non possiamo riprodurre in più copie ma che per il resto è nostro a tutti gli effetti, possiamo rivenderlo, prestarlo, farne l’uso che preferiamo fino a quando vogliamo, i nostri nipoti potranno tramandarselo fino a quando non si ridurrà a polvere di carta. La messa a disposizione nel luogo e nel momento scelti individualmente cancella questi diritti.

E’ teoricamente possibile vendere un libro vietandone la rivendita; oppure a scadenza: “questo cd musicale si autodistruggerà fra un anno”; oppure ad personam: “questa videocassetta potrai leggerla solo tu, se inviti un amico a vederla a casa tua commetti un illecito”.


Ipotesi fantasiose? Per la diffusione tradizionale forse, ma per la diffusione di contenuti multimediali per via informatica è realtà. Negli Stati Uniti sono in vendita manuali universitari in formato e-book, cioè dei libri elettronici che anziché essere su carta vengono spediti via mail e visualizzati sul monitor. Peccato che sia impossibile stamparli, che possano essere usati solo sul computer originale e quindi sia impossibile rivenderli o prestarli e soprattutto, che alla fine del semestre accademico si autodistruggano. Scopo dichiarato dell’operazione: impedire che gli studenti più anziani degli anni successivi passino i loro vecchi libri ai più giovani.

Onorevole ministro, il suo decreto legislativo modificherà radicalmente il concetto di fair use, ovvero di uso lecito e lo farà lasciando mano completamente libera alle grandi case proprietarie di diritti (case discografiche, major cinematografiche, case editrici), senza nessun elemento di tutela legislativa a favore del fruitore.

Onorevole ministro Urbani, le chiediamo di voler riconsiderare lo schema di decreto legislativo da lei varato, di voler bloccare la procedura di approvazione per meglio riconsiderare la questione, eventualmente di concerto con le realtà della società civile impegnate su questi temi.

La salutiamo cordialmente.

Alessio Papini
consigliere comunale di Firenze

Adriano Sponzilli
Bologna Free Software Forum

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Pubblicato il
20 nov 2002
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