Monitorare il numero di passi, le calorie, i chilometri e la propria posizione durante le sessioni di jogging. Una tecnologia che da qualche anno le aziende impegnate nel settore fanno a gara nel presentare in formati sempre più miniaturizzati e semplici da usare, e che ha conosciuto grande successo anche grazie all’introduzione del sistema Nike+ sviluppato in collaborazione tra l’azienda omonima e Apple. Quest’ultima ora si avvia a diventare definitivamente un ecosistema chiuso .
Apple ha infatti da poco depositato domanda per ottenere un brevetto sulle scarpe e le tute col DRM . Vista la spiacevole abitudine di “qualcuno” di “rimuovere il sensore dalla speciale tasca delle scarpe Nike+ e applicarlo in luoghi inappropriati (come i lacci delle scarpe)”, l’azienda di Cupertino si è sentita obbligata a mettere fine a questo scempio: con un bel chip RFID affogato nell’ EVA delle suole o tra le cuciture delle t-shirt si potrà stabilire chi ha diritto di sfruttare le funzionalità del sistema Plus, e chi invece sta barando.
Quanto proposto non è altro che un sistema DRM (Digital Right Management) per i vestiti: solo i prodotti che incorporeranno un chip che autorizzi chi li indossa a sfruttare Nike+ potrà usufruire dei vantaggi della tecnologia per tenere d’occhio i propri progressi sui 10mila. Per tutti gli altri, niente da fare: dunque ci saranno singlet e tutine autorizzate, e poi ci saranno ciclisti in acetato e scarpe pirata che abuseranno del sistema.
La proposta di Apple trasformerebbe Plus in un circolo chiuso: solo gli iPod potrebbero sfruttare appieno le sue funzioni, solo indossando scarpe e abbigliamento Nike si potrebbe pensare di utilizzare il sensore e il lettore assieme. Peccato che, in questo modo, tutti coloro che per ragioni economiche, di postura e di gusti personali non possono o non vogliono indossare scarpe Nike sarebbero tagliati fuori dall’ecosistema, senza appello. Nessuna notizia poi su eventuali capi risultanti difettosi, con RFID non funzionanti e dunque incapaci di garantire il servizio promesso.
“Apple guarda al DRM delle scarpe da tennis come una strada per tener testa a quella che giudica una possibile piaga dell’hacking delle sneaker” ironizza sul suo blog l’esperto di tecnologia Nicholas Carr , che prosegue caustico: “Oh mio dio: i geek stanno rippando i sensori dalle loro scarpette e li stanno attaccando ai lacci! Liberate i nazisti delle scarpe!”. La conclusione non è meno amara: “Una volta essere un fanboy Apple era divertente. Ora comincia ad essere imbarazzante”.
Luca Annunziata