Una licenza software tutela i diritti dell'uomo

Una licenza software tutela i diritti dell'uomo

Una celebre hacker crew ha dato vita ad una nuova licenza del software che, estendendo gli obiettivi della GPL, diviene paladina dei diritti dell'uomo-utente e mette al bando codici malevoli, spioni, razzisti o censori
Una celebre hacker crew ha dato vita ad una nuova licenza del software che, estendendo gli obiettivi della GPL, diviene paladina dei diritti dell'uomo-utente e mette al bando codici malevoli, spioni, razzisti o censori


Roma – In un’epoca, quella digitale, dove cittadino è ormai sinonimo di utente, difendere i diritti di quest’ultimo equivale sempre più spesso a difendere i diritti fondamentali dell’uomo.

Questa la riflessione da cui è partito Hacktivismo, celebre gruppo hacker nato in seno alla crew Cult of the Dead Cow , per la stesura di una nuova licenza del software, battezzata Hacktivismo enhanced-source software license agreement (HESSLA). Licenza che, partendo dai principi ispiratori del movimento del Free Software, protegge a spada tratta quelli che i suoi creatori definiscono “i diritti umani degli utenti finali”.

Se le tipiche licenze commerciali sono particolarmente attente a proteggere gli interessi di chi produce il software, quelle open source, e in particolar modo quelle promosse dalla Free Software Foundation, hanno introdotto importanti estensioni alle libertà e ai diritti degli utenti, come la possibilità di copiare e modificare il codice. HESSLA amplia ulteriormente la portata di queste licenze promuovendo non più soltanto la libera circolazione di codice e idee, ma anche alcuni dei diritti contemplati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, fra cui le libertà di parola, espressione, pensiero, culto, riservatezza, associazione, ecc.

In base alle clausole riportate dall’HESSLA, il codice dei programmi distribuiti sotto questa licenza deve essere privo di meccanismi che violino la privacy degli utenti (come spyware, backdoor, key-logger e altri sistemi di controllo), che censurino o filtrino i contenuti, che discriminino gli utenti in base alla loro religione o al loro sesso o che, più in generale, infrangano i diritti fondamentali dell’uomo. HESSLA proibisce inoltre l’uso di questa licenza da parte di quei governi che non riconoscano i diritti sanciti dalla Dichiarazione Universale o che intendano sfruttare il proprio software per attività di controllo e spionaggio.

“La principale differenza fra questo contratto di licenza e la GPL non è nella metodologia impiegata, ma nello scopo e nell’estensione degli obiettivi politici che cerca di promuovere”, si legge nel contratto di licenza HESSLA. “Detto più semplicemente, gli obiettivi politici che noi promuoviamo sono talvolta più ampi di quelli che la Free Software Foundation cerca esplicitamente di promuovere attraverso la GPL”.

A testimonianza della grande affinità fra le due licenze, HESSLA prevede che un software originale possa essere contemporaneamente rilasciato sotto entrambe le licenze. Le modifiche ad un software distribuito sotto HESSLA dovranno invece essere rilasciate utilizzando la medesima licenza.

HESSLA stabilisce anche, per quei programmi che utilizzano algoritmi crittografici, un livello minimo di sicurezza che risponda a determinati requisiti: ad esempio, l’uso di chiavi di una certa lunghezza (almeno 2048 bit per l’RSA, 1024 bit per l’El Gamal e di 256 bit per l’AES).

La licenza partorita da Hacktivismo è però già stata bollata da più parti come utopistica, e questo perché in alcune sue parti somiglia più ad un manifesto d’intenti che ad un contratto di licenza applicabile alla maggior parte dei casi reali. Violare le clausole HESSLA sembra infatti fin troppo facile, soprattutto se si considera che spesso un determinato programma può essere “buono”o “cattivo” a seconda dell’uso che se ne fa: un esempio è dato dai tool per il monitoraggio del traffico di rete, che possono essere sfruttati per violare la privacy degli utenti, o quelli per filtrare i messaggi di spam, utilizzabili invece come eventuali “strumenti di censura”.

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Pubblicato il
3 dic 2002
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