Canada, i link non possono diffamare

Canada, i link non possono diffamare

Il link è come una nota a piè di pagina: se chi linka non esprime pareri nei confronti del contenuto a cui punta il link, non c'è diffamazione
Il link è come una nota a piè di pagina: se chi linka non esprime pareri nei confronti del contenuto a cui punta il link, non c'è diffamazione

Un link si può considerare una pubblicazione e coloro che linkano non possono assumersi la responsabilità del contenuto verso cui indirizza il link: a stabilirlo è una corte canadese in un caso di diffamazione che ha investito numerosissimi attori della rete.

Wayne Crookes, esponente del Green Party canadese, aveva scagliato anatemi e denunce contro la rete intera: riteneva che certi netizen e gli intermediari che avevano dato spazio alla loro voce avessero lanciato una campagna diffamatoria nei suoi confronti riprendendo degli articoli pubblicati sul sito collaborativo openpolitics.ca . Poiché i link agli articoli erano disseminati su Wikipedia, sui blog ospitati da Google, sulle pagine di MySpace e su Yahoo Groups, Crookes aveva denunciato per diffamazione tutti coloro che avessero diramato link agli articoli sgraditi. Fra gli altri , Jon Newton di P2P.net .

In passato le tesi accusatorie di Crookes sono state progressivamente smontate dalle corti con le quali si è confrontato. Sono cadute le accuse nei confronti di Yahoo, Crookes avrebbe dovuto dimostrare che i contenuti postati fossero stati letti da cittadini della provincia canadese della Columbia Britannica. Sono ora cadute anche le accuse nei confronti di Jon Newton di P2P.net : il giudice ha stabilito che un semplice link non può diffamare .

P2P.net aveva dato spazio alla vicenda scatenata dal fervore di Crookes: dopo che il politico aveva denunciato buona parte del Web, Newton aveva illustrato i rischi connessi alla disinvoltura con cui erano state lanciate le azioni legali e aveva difeso la libertà di espressione dovuta ai cittadini della rete. Non aveva espresso alcuna opinione riguardo alla integrità o alla statura morale di Crookes: aveva però commesso l’errore di linkare gli articoli che erano stati linkati dai netizen accusati dal politico . Pur senza citarne alcun estratto, pur senza esprimersi riguardo al contenuto dei link, aveva attirato su di sé le ire di Crookes e una denuncia per diffamazione.

Newton si è difeso ricordando che non è avvenuta alcuna pubblicazione della parole chiamate in causa dal politico. Il tribunale ha dato ragione a Newton: così come avviene per una nota a piè di pagina, ha argomentato la corte, il link è un modo di offrire la testimonianza di un evento avvenuto su un’altra pagina web, è un consiglio per approfondire . Impossibile dimostrare che i netizen che si imbattono in un link si sentano obbligati a esplorarne il contenuto, impossibile dunque stabilire un’analogia tra i link e la ripubblicazione di un contenuto, fondamentale per dimostrare che sussista un caso di diffamazione.

Il Canadian Internet Policy and Public Interest Clinic ha definito l’archiviazione del caso come “una importante vittoria per la libertà di espressione online”. Se lo augurano anche gli altri cittadini della rete sul capo dei quali pende la denuncia di Crookes.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
29 ott 2008
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