Ode al solipsismo videoludico

Ode al solipsismo videoludico

Meglio videogiocare soli o in compagnia? Se lo chiede (rispondendosi) un editoriale del magazine Wired, che esalta i vantaggi e i piaceri del single-player contro la baraonda inconcludente e cacofonica dei raid in multi-player
Meglio videogiocare soli o in compagnia? Se lo chiede (rispondendosi) un editoriale del magazine Wired, che esalta i vantaggi e i piaceri del single-player contro la baraonda inconcludente e cacofonica dei raid in multi-player

Meglio il videogame in solitaria o quello online condiviso con sconosciuti che abitano dall’altra parte del pianeta? Meglio in single-player , naturalmente. Questa, almeno, è la considerazione che fa da leit motiv all’editoriale Gamers Radical Realization di Clive Thompson, che dalle pagine digitali di Wired mette alla berlina i tanti “minus” degli MMOG a-là World of Warcraft ed esalta i “plus” dell’onanismo videoludico quando ci si trova davanti allo schermo.

Partendo da una controversia con un amico (appassionato di WoW) riguardo il nuovo gioco strutturalmente single-player di Peter Molyneux, Fable II per Xbox 360, Thompson mette in luce tutti i vantaggi derivanti dall’essere “l’unico umano vivo in circolazione”. “Le persone fanno schifo”, scherza Thompson, che in genere preferisce fare da solo perché “la verità è che, nei mondi multiplayer online, avere a che fare con il deliziosamente imprevedibile comportamento di persone reali può risultare davvero un compito ingrato. I compagni di team non si fanno vivi quando è l’ora di una instance, o si fanno attendere da tutti per un’ora, o lasciano la sessione nel bel mezzo di una battaglia lasciandoti tagliuzzato da una folla ululante”.

In un ambiente medievale da tipico RPG basato su quest come quello di Fable II, al contrario, si ha il tempo di costruire e godere delle abilità del proprio personaggio attraverso l’interazione con un mondo e dei “bot” che ti circondano per il tuo totale diletto emozionale , si può esplorare il territorio circostante senza l’incubo di un agguato di un esperto di PvP (player versus player) che ti stronca la vita digitale e ti rovina il panorama. Tutto un altro mondo, letteralmente.

Tanto più che, continua Thompson, giocare in single aiuta, anzi è il sale di una immersione totale e definitiva nei mondi di gioco . “Uno dei benefici dell’essere l’unica persona vivente in un gioco è che l’illusione dell’immersione non è mai interrotta – dice Thompson – I designer di Fable II hanno il completo controllo su quello che chiunque dice e fa nel gioco, così che possono assicurarsi che nessuno tiri fuori nessun linguaggio da l33t-spe@k o riferimenti a Barack Obama. Il mondo è medievale, tutto il tempo”.

I giochi massivi online sono la morte della sospensione volontaria della incredulità di cui parlava Samuel Taylor Coleridge, accusa (giustamente) Thompson. A dirla tutta “lo sporco segreto dei MMOG come World of Warcraft è che la gran parte delle persone ci gioca da sola”, rivela il solo-gamer citando una indagine secondo cui per il 70% del tempo i giocatori del metamondo Blizzardiano “grindano” come pazzi, esplorano il territorio e risolvono quest fregandosene alla grande di team e gioco in co-op .

Certo non si tratta di contestare l’indiscutibile (anche se sostanzialmente mai replicato altrove) successo di World of Warcraft , ma l’editoriale sembra colpisca nel segno a giudicare dai commenti in calce all’articolo o anche a quelli presenti su Kotaku . “Penso che comparare l’esperienza in solitaria a quella multiplayer sia come mettere a confronto mele e arance”, scrive tale “julierenee”, secondo il cui parere (e anche secondo quello di molti altri, a ben vedere) la mancanza di “storia” e della sensazione di sentirsi parte di un mondo che da sempre caratterizza tutti i titoli multiplayer (WoW incluso) potrebbe essere mitigata dal prossimo, ambizioso progetto di BioWare, Star Wars: The Old Republic .

Un progetto su cui Electronic Arts, il publisher recentemente noto più per l’ intrinseca stupidità delle tecnologie DRM dei suoi titoli piuttosto che per i titoli stessi, investe una gran parte delle sue future sorti commerciali . A questo punto, considerando che il single player tira come e più di prima, qualcuno dovrebbe avvertire EA, Blizzard e le altre software house di peso, di andarci piano con l’esaltazione e le cifre a 10 zeri e di smetterla di lodare, ogni due per tre, la prospettiva del videogaming online come la naturale, forzata evoluzione dell’intero settore negli anni a venire.

Alfonso Maruccia

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
5 nov 2008
Link copiato negli appunti