Canone RAI, il Governo ammette: è il caos

Canone RAI, il Governo ammette: è il caos

Il sottosegretario Paolo Romani risponde ad una interrogazione dei radicali e spiega: in effetti la normativa non è adeguata e le interpretazioni dubbie. E promette: cercheremo di capire che succede
Il sottosegretario Paolo Romani risponde ad una interrogazione dei radicali e spiega: in effetti la normativa non è adeguata e le interpretazioni dubbie. E promette: cercheremo di capire che succede

Ci sono voluti anni ma alla fine qualcosa si è ottenuto: il Governo ha ufficialmente ammesso in Parlamento che sul Canone RAI vige un sostanziale caos normativo che si ripercuote sulla certezza del diritto. Una situazione che – dice ora – va risolta e che è riconducibile al problema del definire chi deve pagare il canone e perché.

Ne parla il sottosegretario Paolo Romani in una risposta scritta all’interrogazione che era stata rivolta al Governo dai senatori radicali Poretti e Perduca. Una risposta in cui sottolinea che dalle attuali disposizioni emergono “profili di incertezza”.

“La Corte Costituzionale – spiega Romani – con sentenza 26 giugno 2002, n. 284, ha inteso precisare che è questione di mera interpretazione della legge stabilire quali siano gli apparecchi la cui detenzione obbliga al pagamento del canone di abbonamento alla televisione, inserendo tale affermazione nell’ambito di un iter argomentativo integralmente incentrato sulla strumentalità dell’imposizione del canone rispetto al finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo (iter che conduce la Corte a definire il canone “imposta di scopo”)”.

“La questione – continua il sottosegretario – presenta dunque alcuni profili di incertezza, considerato che si tratta di disposizioni normative non adeguate alla evoluzione tecnologica, e concrete difficoltà applicative (si pensi, tra l’altro, al parco computer delle Pubbliche Amministrazioni e degli uffici di società private)”.

Romani, che segnala come nella scorsa legislatura il problema, pur posto da molte interrogazioni, non sia però stato risolto, conclude promettendo un “approfondimento tecnico-giuridico” che sarà messo in atto anche con il ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Agenzia delle Entrate e la RAI, un confronto che dovrà portare ad una “identificazione univoca” degli apparecchi soggetti al canone. Una definizione da lungo tempo richiesta dalle associazioni dei consumatori che si sono occupate della vicenda, e che se verrà prodotta porterà a capire chi deve pagare e per quale ragione.

La posizione del Governo peraltro non convince alcuni dei protagonisti della battaglia per la chiarezza. In particolare l’associazione ADUC , da anni in prima fila nel cercare di fare chiarezza, rileva come mentre il Governo ammette che non vi sono certezze, RAI “sul suo sito e nelle lettere che invia a casa dei contribuenti, intima il pagamento alle famiglie anche per il possesso del computer, mentre per le aziende (canone speciale) lo intima solo per il possesso di un apparecchio tv”.

Vista la situazione caotica, ADUC si chiede cosa debba fare “a questo punto il contribuente che possiede un computer e non un apparecchio tv? A nostro avviso non deve pagare l’imposta e se la Rai insiste, col nostro sostegno anche legale, deve portare la tv di Stato in tribunale, facendo riferimento alle risposte della Rai medesima, dell’Agenzia delle entrate e del ministero delle Comunicazioni”.

Come si ricorderà, ADUC ha più volte tentato di ottenere dalle diverse entità istituzionali e dalla stessa RAI una parola definitiva in materia, non riuscendo però nel tentativo, un’operazione che ha richiamato l’attenzione dei parlamentari che hanno firmato le interrogazioni. Va rilevato che nell’interrogazione Poretti-Perduca a cui ha risposto Romani i due senatori chiedevano anche lumi sul Canone RAI per i turisti . Sul punto, Romani ha spiegato che la RAI non ha dati su quante siano le licenze temporanee da richiedere per apparecchi portatili, che non si applicano più però a quelli “autoradiotelevisivi”. E ha appunto rilevato come anche su questo pesi, appunto, l’incertezza normativa.

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Pubblicato il 15 gen 2009
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