Roma – Attenzione pirati della domenica: smanettare con i sistemi di file-sharing e scaricare musica anziché comprarla nei negozi rischia di far perdere il lavoro a circa 600mila persone. Questa la sintesi di una denuncia-appello diffusa nelle scorse ore dal boss della IFPI , l’organizzazione internazionale dei discografici, da tempo in prima linea nella repressione della pirateria online.
E proprio sulla diffusione incontrollata della musica sulla rete delle reti è infatti tornato il CEO IFPI, Jay Berman, secondo cui il futuro di questa massa di lavoratori è messo in forse dall'”uso sconsiderato” delle potenzialità di internet.
Berman ha insistito sul fatto che “no, internet non sta per uccidere l’industria della musica”, perché questa per il 2003 “ha in animo di lavorare su internet molto più duramente”, ma ha spiegato che questo non significa che la pirateria online non faccia vittime e che “non è vero che la diffusione gratuita di musica su internet non faccia male a nessuno”.
Il manager IFPI ha spiegato che nel corso di gennaio chiuderanno negli USA, per esempio, 224 negozi di musica, che centinaia di artisti non otterranno un contratto discografico per i problemi finanziari delle aziende e via dicendo. “Ci sono – ha dichiarato Berman – 600mila persone che lavorano in Europa nell’industria musicale. Sono tutte vittime potenziali dei pirati”.
Berman ha poi suggerito che sui servizi legali a pagamento si debba insistere, moltiplicando opportunità, quantità di musica disponibile e modalità di ascolto e riproduzione. E ha sottolineato come “il traffico peer-to-peer non sta accelerando, al contrario il suo tasso di crescita sta rallentando”. Una tendenza che IFPI spera di consolidare, ha spiegato Berman, anche utilizzando quel team di 250 esperti legali che stanno aprendo “fronti di battaglia” in tutto il mondo…