WebTheatre/ Psichiatri in rete

WebTheatre/ Psichiatri in rete

Le paturnie degli analisti raccontate attraverso le fobie dei pazienti. Dalla rete alla televisione per tornare in rete con un linguaggio radicalmente cambiato
Le paturnie degli analisti raccontate attraverso le fobie dei pazienti. Dalla rete alla televisione per tornare in rete con un linguaggio radicalmente cambiato

Confrontare una serie online e una serie televisiva o un film che trattino il medesimo argomento è un modo per notare cosa la rete possa offrire di più e cosa prenda dagli altri media, perché solitamente il rapporto tra i due è dall’alto verso il basso: la rete prende contenuti di successo e li rielabora secondo il suo stile. In questo senso è curioso quello che è successo con le serie a sfondo psicoanalitico, partite in rete, passate in televisione e tornate nuovamente in rete ma radicalmente cambiate. In rete infatti un simile tema trova la sua applicazione migliore. Le serie con al centro sedute psicoanalitiche non parlano delle sedute e nemmeno dei diversi pazienti che si succedono sul lettino per parlare dei propri problemi, parlano del terapista, dello psichiatra che li ascolta e che in essi ritrova parte di se stesso . E come sempre la rete riesce a cogliere meglio di altri media lo spirito del proprio pubblico.

WebTherapy Tutto è iniziato con WebTherapy una serie nata quasi due anni fa da L Studios, la divisione che si occupa di intrattenimento online di Lexus (il marchio di macchine di lusso americane). Fu lanciata assieme a qualche altro tipo di contenuto di alto profilo all’interno di un’operazione per nulla campata in aria. La serie era scritta molto bene, con coscienza di come si facciano le cose in rete e aveva la collaborazione (sia per la scrittura che poi come attrice principale) di Lisa Kudrow nota per aver partecipato alla serie per la tv Friends.
WebTherapy racconta di una psichiatra che comincia a sperimentare un nuovo tipo di sessioni di terapia dalla durata di 3 minuti invece che di 50, fatte attraverso la videochat. Mischiando inquadrature tipiche da web serie (quelle posizionate come una webcam) ad altre in Screencasting (che consentono di vedere sia terapista che paziente) e suddividendo i racconti in microcapitoli da tre episodi ciascuno, WebTherapy riesce a raccontare con ironia non tanto i problemi personali dei pazienti ma l’approccio naive e scioccamente innovativo di una terapista alla rete . Si passa dai problemi di coppia a quelli personali ma alla fine del giro si torna sempre a come noi (il pubblico, che nel caso di WebTherapy si suppone essere amante di beni di lusso come le Lexus) utilizziamo e concepiamo la rete.

In seguito (non è dato sapere se per diretta ispirazione o meno) è nata In Treatment la serie televisiva di altissimo profilo mandata in onda dal canale HBO (da noi su Cult Network) con protagonista Gabriel Byrne (già al centro di I Soliti Sospetti) e scritta in maniera impeccabile, come spesso capita alla serie televisive americane degli ultimi anni. In Treatment ha tutto un altro approccio al racconto di un uomo fatto attraverso il suo rapporto con il proprio lavoro e i propri pazienti.
Molto meno scanzonata degli equivalenti online, molto meno allusiva ad un tema specifico e molto più “densa” di avvenimenti e concetti (anche in virtù di una durata maggiore di ogni episodio) In Treatment somiglia ad una versione normalizzata e drammatizzata nel senso più teatrale del termine di WebTherapy.

couch cases Ed è così che adesso arriviamo a Couch Cases , web serie appena partita (è arrivata al quarto episodio) che fin dalla grafica del proprio sito dichiara quale sia il suo pubblico di riferimento. La trama vede ogni episodio centrato su qualcosa che accade alla vita della psichiatra e che viene letto attraverso le confessioni delle paranoie di un paziente in particolare. Le fobie e i problemi dei pazienti si riverberano sulla psichiatra che in ufficio mostra di comprenderli e stigmatizzarli ma poi nelle immagini che vengono dalla sua vita privata si dimostra anch’essa affetta dagli stessi problemi.
Come in Sex & The City ogni episodio ha un tema portante, mostrato subito attraverso la confessione di un paziente, che darà la chiave di lettura di tutta la puntata. Rispetto dunque a WebTherapy il cuore è molto meno sulla rete e il modo in cui interagiamo con essa e molto di più su chi siamo e come ci rapportiamo al nostro lavoro.
Il modo di mettere in scena diventa molto canonico, sebbene più povero di una serie televisiva il modello rimane quello, scompaiono le inquadrature tipiche da internet a favore di un modo di girare che anche inconsciamente ricorda di più la televisione.

Dopo il passaggio televisivo la psicoterapia torna in rete privata di tutti quegli elementi squisitamente “internettari” e pronta ad un pubblico più vasto e femminile , un pubblico che magari ha apprezzato In Treatment ma che ha ancora in mente Sex & The City e che ne cerca una variazione più interessante. Per tutti gli altri invece Couch Cases è molto meno interessante di WebTherapy, che non solo cercava di adottare un linguaggio nuovo ma era anche un esempio audace di sponsorizzazione (le Lexus non sono mai nominate nella serie ma l’aria di lusso si percepisce) nonché di produzione per una serie in rete.

WEBTHERAPY – THE BREAKTHROUGH (parte 1 di 3)

IN TREATMENT – PROMO TRAILER

COUCH CASES – THE INTIMACY GUY

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Pubblicato il
19 feb 2009
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