Le guerre del XXI secolo si vincono sui media

Le guerre del XXI secolo si vincono sui media

Lo sostiene uno studio israeliano: i gruppi terroristici starebbero diventando sempre più esperti nell'usare i nuovi media. Per abbattere le azioni di propaganda bisogna analizzare i contenuti che circolano in rete e i game
Lo sostiene uno studio israeliano: i gruppi terroristici starebbero diventando sempre più esperti nell'usare i nuovi media. Per abbattere le azioni di propaganda bisogna analizzare i contenuti che circolano in rete e i game

La guerra al terrore si combatte anzitutto sui media, dove i terrorismi sembrano essere ormai abilissimi e ramificati. Per vincere l’ information warfare appare necessario guardare anche ambienti fino a ieri trascurati, come i videogiochi ed i video postati online.

A sostenerlo è uno studio realizzato dal ricercatore dell’Università di Haifa Yaniv Levyatan, e pubblicato di recente sulla rivista ufficiale del Collegio di Sicurezza Nazionale dello stato di Israele. Secondo Levyatan, nel nuovo scenario creato dai conflitti tra stati e unità terroristiche è necessario prestare un’attenzione ancora maggiore rispetto al passato alle informazioni che circolano sui vecchi ed i nuovi media .

Anche perché, argomenta il ricercatore israeliano, i nemici sono diventati bravissimi a “combattere” su questi nuovi campi. “Le organizzazioni terroriste investono molte risorse sugli strumenti per l’ information warfare – spiega – ed oggi detengono addirittura un vantaggio competitivo su questi terreni”. E questo, continua Levyatan, consente ai terroristi di presentare paesi come USA e Stati Uniti come criminali che uccidono persone innocenti.

Per controbattere queste azioni di contro-informazione, si spiega nello studio, è necessario raccogliere sempre più informazioni sul nemico. Ma questo richiede un cambio di mentalità e la focalizzazione su informazioni non direttamente collegate al campo di battaglia. “La raccolta di informazioni deve concentrarsi su aspetti come l’identità dei capi terroristi, la struttura sociale cui appartengono, le loro affiliazioni tribali e politiche” dice Levyatan a DailyTech .

Ma ci sono anche consigli pratici. Anzitutto, si legge nella ricerca, è necessario scattare un grande numero di fotografie sul campo di battaglia, in modo da smascherare eventuali tentativi di manipolazione da parte dei nemici. Secondo, analizzare e scovare tutti i punti di possibile frizione tra i gruppi guerriglieri e la popolazione che li dovrebbe sostenere, in modo da incrinare il supporto.

Da ultimo, Levyatan suggerisce di prestare maggiore attenzione agli ambienti informativi emergenti, come la rete ed i videogiochi. “I nostri eserciti devono sviluppare capacità e abilità in campi fino a ieri non contemplati come militarmente rilevanti, come i videogiochi, i prodotti culturali, i videoclip e le trasmissioni televisive”, spiega, per controbattere la sempre crescente abilità dei guerriglieri in questi domini.

Negli ultimi anni i confronti sui media – e specialmente su internet – stanno diventando una componente sempre più significativa della guerra. Lo illustra bene la perdurante hack-guerrilla in corso tra India e Pakistan o, per altro verso, l’oscuramento nel settembre 2008 di diversi siti e forum collegati ad Al-Qaida. E lo stesso neo-presidente statunitense Barack Obama ha mostrato di tenere molto alla questione della cybersicurezza digitale, ordinando un check-up complessivo sulle infrastrutture web critiche della rete statunitense.

Giovanni Arata

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
23 mar 2009
Link copiato negli appunti