Audizioni antipirateria, seconda tornata

Audizioni antipirateria, seconda tornata

Dalle disconnessioni alle sanzioni, dai rastrellamenti di indirizzi IP alle proposte per reinventare l'industria dei contenuti. Il secondo round delle audizioni al cospetto del Comitato contro la pirateria digitale e multimediale
Dalle disconnessioni alle sanzioni, dai rastrellamenti di indirizzi IP alle proposte per reinventare l'industria dei contenuti. Il secondo round delle audizioni al cospetto del Comitato contro la pirateria digitale e multimediale

Autori ed editori che operano dentro e fuori dal Web, provider e fornitori di servizi online, produttori di software e cittadini della rete. Il Comitato antipirateria ha ospitato la seconda tornata di audizioni , ha dedicato venti minuti a ciascuna delle istanze degli attori del mercato. Ha accolto proposte per contenere la pirateria digitale e multimediale, suggerimenti che dall’introduzione di alternative legali al download indiscriminato spaziano fino al rastrellamento degli indirizzi IP da parte dei detentori dei diritti. I primi passi verso la cessazione di comportamenti che numerosi fra i partecipanti ritengono radicati nella cultura del cittadino italiano.

Dal primo round è emerso un quadro sfaccettato degli interessi in gioco: si sono alternati coloro che, come FAPAV, hanno proposto soluzioni tecnologiche come filtraggio e fingerprinting per limitare la circolazione dei file, e coloro che, come FIMI, hanno proposto di ricondurre la tutela dei detentori dei diritti alla mediazione delle forze dell’ordine. La seconda convocazione ha restituito un panorama altrettanto composito.

“Dobbiamo essere animali sensibili e adattabili”: così l’avvocato Simona Lavagnini, che ha rappresentato BSA al cospetto del Comitato, ricostruisce a Punto Informatico la posizione dell’ industria del software business. È necessario comprendere il mercato per agire nel mercato e per mettere in campo soluzioni adeguate per fronteggiare la circolazione di software pirata che, ricorda Lavagnini, in Italia rappresenta il 49 per cento dei prodotti installati. La soluzione? Niente filtri e niente fingerprinting per contenere la circolazione dei contenuti: meccanismi del genere, se calati dall’alto, costringerebbero tutto il mercato ad adeguarsi. BSA auspica si possa mettere in campo una ” cooperazione incruenta ” con i provider. Gli ISP dovrebbero prestarsi ad accogliere le segnalazioni di violazione emerse dal monitoraggio ed emesse dall’industria dei contenuti, dovrebbero avvertire il titolare dell’abbonamento a Internet dell’avvenuta violazione. Solo in caso di condotta reiterata si dovrebbero mobilitare le autorità, affinché il sistema non risulti “svantaggioso per l’utente”: in questo modo il cittadino della rete che racimolasse online contenuti senza ricompensare il detentore dei diritti potrebbe venire dissuaso senza per questo motivo essere coinvolto in procedimenti giudiziari forse sproporzionati rispetto all’entità del danno inferto all’industria. Potrebbero bastare le comunicazioni, potrebbe bastare una sanzione amministrativa , senza invocare le ghigliottine previste dal sistema francese, spiega a Punto Informatico Lavagnini: “BSA è neutrale rispetto alle disconnessioni”. A gettare le basi per l’autoregolamentazione dovrebbe intervenire un “legislatore illuminato che faccia da mediatore, o l’Europa”: BSA auspica si possano rimuovere certi ostacoli all’enforcement, alcuni dei quali previsti per tutelare la privacy del cittadino, affinché l’industria possa vigilare in maniera proporzionata e non lesiva nei confronti dell’utente. Il movimento repressivo, spiega poi Lavagnini a Punto Informatico , dovrebbe essere affiancato a un ripensamento delle strategie di mercato: “se l’utente ha delle alternative ragionevoli – soggiunge – non è pervicacemente legato all’illecito”.

Della necessità di consentire all’industria dei contenuti il monitoraggio del traffico che scorre nel solco delle reti P2P è altresì convinta l’Associazione Italiana Editori ( AIE ), secondo cui si dovrebbe agire “superando anche dubbie prese di posizioni giurisprudenziali e istituzionali degli scorsi mesi (a contorno del caso Peppermint)” per “consentire ai titolari dei diritti di raccogliere le informazioni necessarie per il perseguimento degli illeciti anche in sede civile”. AIE suggerisce l’adozione di un sistema di risposta graduale , fatto di avvertimenti e di disconnessioni: le ghigliottine sul traffico dovrebbero calare nel momento in cui il cittadino delle rete non recepisca gli avvertimenti e persista nel comportamento illecito. Per tutelare a monte il detentore dei diritti AIE invita il Comitato a ragionare sull’implementazione, anche in Italia, di un sistema di ” Notice and Take Down “, un meccanismo che gli editori considerano rapido ed efficace, ma che risulta svilito dalle disposizioni previste dal D.Lgs. 70/2003 , secondo cui l’intermediario ha l’obbligo di intervenire sui contenuti solo se sollecitato dalle “autorità competenti”. “L’AIE – così è stato spiegato al Comitato – può assicurare che gli editori sono certo favorevoli allo sviluppo e all’utilizzo di ogni mezzo offerto dalle nuove tecnologie per diffondere in modo più efficiente le opere dell’ingegno, purché ciò avvenga nell’ambito di modelli di business economicamente sostenibili”.

Concordano sull’indispensabile sviluppo di soluzioni capaci di stimolare un mercato che in Italia sembra languire anche gli operatori delle rete rappresentati da IAB , da Fedoweb e da Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici . Il punto di partenza, ha avvertito IAB, dovrebbe essere uno studio approfondito e indipendente che sappia tracciare i confini del mercato dell’illecito: studi che il Comitato è invitato a produrre e diffondere. Solo un’analisi attenta consente di conoscere i cittadini della rete, le loro abitudini, le loro esigenze. In questo modo, fa eco Confindustria, contribuendo a colmare il digital divide italiano e a creare platee più mature e consapevoli dei mezzi che hanno a disposizione, i detentori dei diritti potranno mettere a punto dinamiche distributive e commerciali che sappiano conquistare l’interesse dei netizen. Magari, osserva IAB, garantendo nel contempo neutralità e interoperabilità dei servizi offerti. IAB, Fedoweb e Confindustria non aspirano a strumenti che operino in maniera preventiva come il filtering e a misure come le disconnessioni: un tale impeto repressivo rischia di sospingere gli utenti nelle darknet , rischia di violare i diritti dei cittadini della rete e, sottolinea Fedoweb, “potrebbe rivelarsi economicamente penalizzante sia per i fornitori di accesso, che sarebbero costretti a terminare i contratti di fornitura, sia per i fornitori di contenuti su base gratuita, quali taluni editori online la cui attività è strettamente legata alla navigazione quotidiana da parte degli utenti”. Il provider è un semplice trasportatore : non è un giudice, non è un editore. Così Assoprovider ha descritto il ruolo degli ISP di fronte al Comitato. ISP che rifiutano di imbracciare la deep packet inspection a favore dell’industria dei contenuti: si considerano “comuni cittadini” che non hanno il dovere di agire se non sotto il controllo da parte della magistratura . “Nella nostra Costituzione si ribadisce che la legge è uguale per tutti e che per tutti essa viene amministrata da Magistrati e Forze dell’Ordine – ha spiegato l’Associazione – A tal fine tutti i cittadini forniscono il sostegno economico per mezzo delle tasse in modo che vi siano forze inquirenti e giudicanti sufficienti per combattere sia i reati contro la persona che quelli contro il patrimonio tra i quali ricadono quelli contro la proprietà intellettuale. Togliere a queste forze la piena potestà è una grave arbitrio in quanto fa cessare le tutele costituzionali dei cittadini italiani”. Internet non è diversa dagli altri ambienti in cui i cittadini agiscono e si relazionano: per questo motivo Assoprovider chiede che il legislatore non stratifichi disposizioni ridondanti o contrastanti rispetto al quadro normativo che già esiste.

Gli ISP che convergono in Assoprovider chiedono che non gli si attribuisca un ruolo che si sovrapponga a quello di autorità che già operano con l’obiettivo di tutelare i diritti del cittadino, di decidere riguardo a degli illeciti, di erogare sanzioni. Chiedono che sia l’autorità giudiziaria ad intervenire nei confronti di chi violasse la legge: in questo modo si potrebbero garantire ai cittadini la presunzione di innocenza, il diritto ad un processo equo e la giusta proporzione nella valutazione degli interessi che ruotano intorno al mercato digitale dei contenuti. Le disconnessioni punitive? “Come dire – spiega Assoprovider – che a fronte di un reato per calunnia commessa a mezzo penna venisse inibito l’utilizzo della penna e quindi la possibilità di firmare qualsiasi documento”. Le ghigliottina sulla connessione, spiegano gli ISP, sono meccanismi impraticabili : l’indirizzo IP non identifica univocamente un solo cittadino, Internet è ormai strettamente legata all’esercizio di diritti e doveri inalienabile per l’individuo.

Assoprovider sposta l’attenzione sul mercato: dovrebbero essere i detentori dei diritti ad agire per catalizzare l’attenzione dei cittadini verso offerte legali eque e capaci a loro volta di sospingere l’evoluzione di un mercato che ancora non sembra essersi saputo adattare alla domanda. L’abolizione del monopolio SIAE, l’abolizione dell’equo compenso, il ripensamento del regime del diritto d’autore in modo che sappia alimentare la creatività, l’abbattimento delle barriere all’ingresso del mercato per i produttori e i distributori di contenuti: questi gli spunti offerti al Comitato da Assoprovider.

Si schierano sulla stessa linea i consumatori rappresentati da Altroconsumo : i sistemi DRM a presidio delle opere, l’attribuzione agli ISP di un ruolo di “gendarmi della Rete” non sembrano strumenti utili e opportuni per contenere il sommerso. “Continuare a parlare di nuove e sempre più invasive forme di enforcement del diritto d’autore – denunciano – risulta inaccettabile per i consumatori ma, a ben vedere, non dovrebbe essere neanche negli obiettivi a medio termine di un’industria seria che voglia affrontare un mercato che ha prospettive illimitate, tantomeno dovrebbe essere negli obiettivi delle Istituzioni”. Che dovrebbero propendere per l’impiego delle autorità preposte e per soluzioni di contrasto all’illegalità che si dispieghino con gli stessi mezzi e che garantiscano le stesse tutele , dentro e fuori dalla rete. Il diritto a manifestare il proprio pensiero, il diritto ad un giusto processo celebrato di fronte all’autorità giudiziaria e nel rispetto del principio del contraddittorio, il diritto alla privacy e alla tutela dei propri dati personali, spiegano i consumatori, dovrebbero essere imprescindibili. Sono diritti che potrebbero essere garantiti dalle ordinarie procedure giudiziarie, che soffrono spesso di lungaggini e complicazioni burocratiche e che comportano spese spesso poco sostenibili. Per questo motivo Atroconsumo propone l’introduzione di sistemi di Online Dispute Resolution volti a dirimere le controversie che opponessero cittadini e detentori dei diritti.

Ma a parere dei consumatori è l’industria che in prima istanze deve reinventarsi : l’abolizione del monopolio SIAE, suggerisce Altroconsumo, potrebbe contribuire a gettare le basi per l’avvento di un mercato più aperto e dinamico; la libertà di fruizione dei contenuti che non concorrano con le offerte commerciali potrebbe costituire il fondamento per alimentare una creatività che diversifichi l’offerta attuale; costi più equi e contenuti non lucchettati, nuovi modelli distributivi e modelli di business innovativi potrebbero rappresentare il viatico per un’industria che voglia davvero mettere a frutto la rete.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
25 mar 2009
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