YouTube, un 2009 ancora in rosso

YouTube, un 2009 ancora in rosso

Aumenteranno le entrate, aumenteranno le occasioni per far fruttare i contenuti postati sulla piattaforma. Ma nelle casse di YouTube entrerà poco più di un terzo del denaro che ne uscirà
Aumenteranno le entrate, aumenteranno le occasioni per far fruttare i contenuti postati sulla piattaforma. Ma nelle casse di YouTube entrerà poco più di un terzo del denaro che ne uscirà

Intesse negoziazioni con i colossi dei contenuti, sgomita con l’advertising, armeggia per costruire un modello di business sostenibile. Ma YouTube, nemmeno nel 2009, riuscirà a chiudere il bilancio in attivo.

A fare i conti in tasca a Mountain View è Spencer Wang, analista di CreditSuisse. YouTube è indiscutibilmente la piattaforma su cui converge il flusso più imponente di contenuti postati dagli utenti, sta diventando il punto di riferimento per i fornitori di contenuti tradizionali. Il punto di forza è la sua base di utenza, il potenziale di visibilità che può offrire a coloro che postano video: Wang prende in considerazione dati ComScore, che attribuiscono a YouTube il 44 per cento del traffico generato dagli utenti statunitensi, e dati Nielsen, che piazzano il portalone in testa alla classifica con una fetta di traffico pari al 58 per cento di quello che i netizen dedicano alla fruizione di video online. YouTube è capace di accaparrarsi l’attenzione dei cittadini della rete staccando di distanze abissali la concorrenza, YouTube è capace di innescare il circolo virtuoso per cui le platee attraggono contenuti che a loro volta fidelizzano fruitori e ne attraggono di nuovi.

Il flusso di utenti è costante, costante è l’upload di contenuti amatoriali e di contenuti generati dall’industria. Gli accordi si moltiplicano: a fronte di rimozioni di materiale rese necessarie dal fallimento di negoziazioni con le collecting society nel Regno Unito e in Germania , sono sempre più numerosi gli attori interessati a ritagliarsi una finestra sul portalone. La scorsa settimana Mountain View ha firmato con Disney, le negoziazioni con colossi della musica come Universal volti a dare vita a progetti collaterali sarebbero in fase avanzata . YouTube è terreno di sperimentazione e promozione anche per MGM e CBS : l’una con film, l’altra con materiale tagliato su misura per la tv, cercano una collocazione e una fonte di rendita per prodotti ormai spremuti su altri canali tradizionali. Le indiscrezioni nell’aria da tempo sono inoltre tornate a rimbalzare in rete: YouTube sarebbe nel pieno di una trattativa con Sony Pictures. L’accordo potrebbe sfociare nell’acquisizione di diritti per mettere a disposizione film completi su YouTube, prodotti supportati dalla pubblicità da somministrare alle platee di cittadini della rete.

Ma YouTube non riesce a monetizzare il circolo virtuoso : l’analista di CreditSuisse stima che le entrate di YouTube nel 2009 cresceranno del 20 per cento . Un aumento dovuto all’arsenale pubblicitario brandito dalla piattaforma: risultati sponsorizzati e clip sponsorizzate , consigli per gli acquisti e tecnologie per far fruttare lo sharing selvaggio garantiranno a YouTube 240,9 milioni di dollari. Le uscite, per contro, si possono calcolare in 711,3 milioni di dollari . Denaro indispensabile per sostenere un’infrastruttura che nel 2009 si prevede partecipata da 375 milioni di visitatori unici: garantire la banda necessaria costerebbe circa un milione di dollari al giorno, il 51 per cento delle spese sarebbe da attribuire alle esigenze tecniche della piattaforma. Denaro indispensabile per garantire ai netizen contenuti per cui è necessario acquisire le licenze dai detentori dei diritti, il 36 per cento delle uscite. Le perdite sono stimabili in 470,6 milioni di dollari .

Non si vende abbastanza pubblicità, chiosa Wand: YouTube riesce a far fruttare meno del tre per cento delle pagine che potrebbero ospitare advertising. La ragione non è imputabile solo alla contrazione del mercato pubblicitario: YouTube dovrebbe fare di più. La ricetta di Wang? Moltiplicare le partnership, convincere i partner che anche lo sharing di contenuti protetti può veicolare messaggi pubblicitari e garantire visibilità, stimolare gli utenti diffidenti a cliccare di più.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
7 apr 2009
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