Norvegia, prove di IPRED

Norvegia, prove di IPRED

La Norvegia imita la Svezia: si vorrebbero provider che danno in pasto all'industria dei contenuti i nomi degli abbonati. Ma il ministero dell'Educazione frena: sbagliate a temere la Rete
La Norvegia imita la Svezia: si vorrebbero provider che danno in pasto all'industria dei contenuti i nomi degli abbonati. Ma il ministero dell'Educazione frena: sbagliate a temere la Rete

La direttiva IPRED che ha fatto tanto discutere in relazione, e non solo , alla vicenda del processo a The Pirate Bay sembra avere degli estimatori anche dall’altra parte delle Alpi Scandinave. Una modifica al quadro normativo apportata dall’autorità norvegese delle Poste e delle Telecomunicazioni ha di fatto eliminato lo scudo protettivo garantito in precedenza dalle leggi sulla segretezza dei dati personali.

Fino a poco tempo fa i cittadini norvegesi potevano dirsi molto più tranquilli rispetto ai cugini svedesi in materia di anonimato online : ora corrono allo stesso modo il rischio di ritrovarsi davanti al giudice se pescati a condividere materiale coperto da copyright.

Ad aver convinto le autorità norvegesi sarebbe un rapporto stilato da Simonsen, azienda specializzata in investigazioni sul file sharing illegale. Ad affiancare Simonsen vi sarebbe inoltre l’avvocato Espen Tondel , noto per aver ingaggiato una battaglia personale volta a trasformare gli ISP in vigilantes disposti a fornire i nomi di chi era sospettato di commettere file sharing. La vita culturale sulla Rete è importante – riferiscono fonti governative – perciò non sarebbe possibile avallare una situazione dove rimanga impunita la violazione del copyright.

È possibile, in questo contesto, che i provider norvegesi seguano l’esempio dei corrispettivi svedesi e sfruttino un buco legislativo che permette di aggirare IPRED o leggi analoghe: esiste l’obbligo di fornire gli indirizzi IP qualora questi vengano archiviati ma in Svezia e Norvegia non vi sarebbe per ora alcuna legge che costringa gli ISP ad immagazzinare i dati dei propri clienti.

Con i provider si è schierato il Ministero dell’Educazione, dichiarando che l’industria dei contenuti dovrebbe vedere Internet non come una minaccia ma come fonte di rinnovamento. Tutte le precedenti innovazioni tecnologiche – si legge in una nota ministeriale – hanno portato a temere la scomparsa dei formati precedenti. Ma la televisione non ha ucciso la radio, la Rete non ha ucciso il libro e il download non ucciderà la musica.

Giorgio Pontico

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Pubblicato il
21 apr 2009
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