Twitter si controlla col pensiero

Twitter si controlla col pensiero

Una ricerca svolta in un istituto del Wisconsin vorrebbe eliminare le barriere comunicative erette dal alcuni tipi di invalidità. Fondendo scienza e nano-blogging
Una ricerca svolta in un istituto del Wisconsin vorrebbe eliminare le barriere comunicative erette dal alcuni tipi di invalidità. Fondendo scienza e nano-blogging

Secondo quanto si apprende dai risultati di un ricerca svolta da Adam Wilson, dottorando dell’Università del Wisconsin, basterebbero pochi elettrodi fissati sulla testa, una tastiera visualizzata su uno schermo ed il già noto software BCI2000 per comporre ipertesti bypassando il proprio corpo.

Il 30 Marzo scorso Wilson ha cinguettato su Twitter per la prima volta facendo uso del suo sistema e Justin Williams, direttore del Neural Interfaces Lab dell’ateneo americano nonchè consulente di Wilson, ne spiega così il funzionamento: “Le lettere compaiono sullo schermo e iniziano a lampeggiare individualmente. Concentrandosi su un lettera precisa lo strumento rileverebbe un cambiamento momentaneo delle onde cerebrali nel momento in cui questa si illumini”. Tali onde verrebbero poi tradotte nel segno grafico pensato dall’utente e una volta scritto il messaggio basterebbe fissare attentamente il bottone Twit per proiettarlo sulla Rete.

All’inizio sembra un procedimento piuttosto lento, riconosce Wilson, ma basta acquisire una buona confidenza con il mezzo per usufruirne pienamente.

Nonostante il BCI2000 sia impiegato da più 300 laboratori sparsi per il mondo, gli studi effettuati fino ad oggi non hanno prodotto impieghi nella realtà quotidiana. Inoltre esistono già da qualche anno strumenti a controllo neurale come la Brain Machine Interface di Honda o il dispositivo X-Finger realizzato da Dan Didrik.

L’esperimento di Wilson rappresenta dunque una novità rispetto al passato: stavolta si pensa seriamente alle eventuali applicazioni in ambito medico, più precisamente nei casi in cui disabilità gravi abbiano depauperato una persona delle proprie capacità fisiche lasciando però intatte quelle mentali.

Lo stesso Wilson sostiene e spera che possa diventare un valido ausilio per individui affetti da disabilità fisiche cui spesso sono associati gravi problemi di comunicazione. È infatti stimato che negli Stati Uniti vi siano fra i 25mila e i 50mila pazienti impossibilitati ad utilizzare eye-tracker o sistemi a controllo vocale, e che sono tagliati fuori non solo da Internet e sono costretti a rinunciare all’interazione con amici e parenti.

Rendere utili queste tecnologie a questi pazienti è dunque l’obiettivo che si pone Williams, che ha individuato in Twitter un ottimo supporto attraverso il quale poter comunicare senza specificare le proprie condizioni fisiche. Secondo lui sarebbe ottimale sviluppare una periferica economica costituita da un berretto fornito di elettrodi collegato ad un normale computer domestico. Se un finanziatore si facesse avanti – conclude – si potrebbero fissare sia i costi che i tempi di lancio sul mercato.

Giorgio Pontico

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Pubblicato il 22 apr 2009
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