Processo alla baia, tutto da rifare?

Processo alla baia, tutto da rifare?

La sentenza di condanna messa in forse dal curriculum del magistrato giudicante. Nel frattempo, tra detentori dei diritti e pirati si è scatenata una lotta senza quartiere in tutto il mondo
La sentenza di condanna messa in forse dal curriculum del magistrato giudicante. Nel frattempo, tra detentori dei diritti e pirati si è scatenata una lotta senza quartiere in tutto il mondo

Il mondo della rete ancora si affanna a metabolizzare in pieno quello che è successo una settimana fa, ma gli eventi si susseguono senza posa lasciando poco spazio alla lucida riflessione e occupando l’intera scena con la mera cronaca: dopo le condanne ai quattro uomini coinvolti con The Pirate Bay, nuove rivelazioni gettano una luce obliqua sulle motivazioni personali del giudice Tomas Norstrom, apparentemente coinvolto nelle lobby pro-copyright al punto da invalidare , potenzialmente, lo storico verdetto espresso dalla corte sul più grande portale di file sharing della storia recente.

Da una settimana la Baia è sotto attacco da tutti i fronti: le organizzazioni dei detentori dei diritti, forti del verdetto di cui sopra, pressano gli ISP affinché chiudano le porte di accesso al sito per gli utenti e molti provider in tutto il mondo pare stiano accondiscendendo senza che nemmeno ci sia il bisogno di fare richieste dirette .

Ma i giochi non sono finiti , non ancora, e se Brokep già prometteva “è solo l’inizio” appena dopo aver saputo di essere stato condannato assieme agli altri, l’occasione propizia per riaprire la questione senza nemmeno dover ricorrere in appello viene offerta dallo stato di “servizio” del giudice Norstrom, membro a tutti gli effetti sia di organizzazioni dell’industria multimediale che di gruppi coinvolti nella regolamentazione delle cose di rete.

Secondo quanto rivelato dalla radio nazionale svedese SR e poi riportato da TorrentFreak , Norstrom è membro dei seguenti gruppi: Swedish Association of Copyright (SFU), forum di discussione che tiene seminari, dibattiti e distribuisce la pubblicazione “Nordic Intellectual Property Law Review”; Swedish Association for the Protection of Intellectual Property (SFIR), organizzazione che vuole un inasprimento delle leggi pro-copyright che Norstrom contribuisce a gestire; la fondazione per il controllo e la risoluzione di dispute riguardanti i domini di primo livello .se .

Norstrom sarebbe insomma riconducibile in qualche modo ad organizzazioni che hanno per oggetto l’enforcement del diritto d’autore, quegli stessi detentori dei diritti che hanno denunciato la Baia e i suoi gestori come monito definitivo per chiunque utilizzi il P2P in maniera “illegale”. Il processo conclusosi con la condanna dei bucanieri svedesi è dunque viziato dal coinvolgimento di parte del giudice, questa la tesi che l’avvocato di Sunde ha già preannunciato sosterrà nel suo appello, un coinvolgimento che legali e protagonisti della vicenda ora commentano gravemente promettendo da una parte di chiedere una ripetizione del processo quanto prima.

E mentre quelli della Baia provano a risollevarsi dalla batosta, l’associazione internazione delle major musicali IFPI prova a sfruttare come può il vento in poppa datole dal verdetto favorevole alle ragioni dell’industria, motivando con la condanna relativa all’infrazione del copyright la richiesta ai provider svedesi di bloccare l’accesso a The Pirate Bay.

Niente ingiunzione del giudice: la crew di The Pirate Bay è stata condannata, ragion per cui vogliamo che il sito venga spazzato via dalla rete, argomentano i discografici. Ma gli ISP, a quanto pare, respingono al mittente la richiesta sostenendo che “noi non censureremo i siti per i nostri clienti”, perché “non è questo il nostro lavoro”. Così dice (tra gli altri) Jon Karlung, managing director dell’ISP Bahnhofs .

Uscendo dalla Svezia, poi, se è vero che nessuno si aspetta l’ inquisizione spagnola è altrettanto vero che finire in carcere per un reato che non si è commesso è una circostanza singolare: e invece pare proprio sia quanto successo all’admin del sito di file sharing InfoPSP , che si è visto costretto a patteggiare sei mesi di galera per evitare un processo che non poteva permettersi di supportare finanziariamente.

Avendo le corti spagnole stabilito che il diritto di link non è un crimine , l’admin non aveva che da procedere con il caso per difendersi davanti alle accuse dell’industria, cosa che lui stesso ammette avrebbe voluto fare se solo non fosse stato un semplice studente senza le risorse finanziarie utili all’obiettivo.

Anche in Spagna, in ogni caso, l’ombra del verdetto su TPB si fa sentire allorché una corte ha ordinato a un host di rete di mette offline i siti di P2P Elitemula.com ed ETMusica.com . La vicenda , nata a quanto pare da una causa civile dell’associazione dei produttori SGAE contro un membro dell’organizzazione pro-P2P GrupoET , sarebbe stata appunto condizionata dai fatti svedesi e i due siti riconducibili al suddetto GrupoET sono stati buttati giù prima ancora che gli interessati ricevessero alcuna comunicazione in merito.

Che la situazione sia complessa è dimostrato poi dal fatto che non solo i portali di torrent svedesi chiudono in massa a seguito della condanna di TPB, ma anche dal coinvolgimento diretto delle autorità malesi nella chiusura di LeechersLair , tracker BT in circolazione da 3 anni con circa 18mila membri registrati che si è visto l’host ( Shinjiru ) minacciato dall’ SKMM di pesanti conseguenze e richiamato al rispetto di una legge risalente a 12 anni fa.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 24 apr 2009
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