Internet, capre e fabbisogno energetico

Internet, capre e fabbisogno energetico

Analisti e addetti ai lavori avvertono: se continuiamo così il web finirà per devastare il Pianeta. Intanto Google prova a risolvere i problemi energetici assumendo un assembramento di capre
Analisti e addetti ai lavori avvertono: se continuiamo così il web finirà per devastare il Pianeta. Intanto Google prova a risolvere i problemi energetici assumendo un assembramento di capre

È un invito all’efficienza energetica e assieme un avviso di quello che potrebbe succedere in un futuro non molto lontano, quello che esperti e analisti del settore tecnologico rivolgono ai fornitori di servizi di rete: la crescente popolarità di Internet fa crescere a dismisura anche i consumi energetici e la quantità di CO2 immessa nell’atmosfera . In un periodo di stravolgimenti climatici si tratterebbe dell’ennesimo problema che proprio non ci si può permettere di prendere sotto gamba.

“In un mondo in cui l’energia è limitata, non possiamo continuare a far crescere l’impatto di Internet… abbiamo bisogno di limitare il consumo di energia”, dice il vice-presidente di Sun Microsystems Subodh Bapat. E se il management di uno dei maggiori fornitori di server al mondo la pensa così, sembrerebbe che l’industria abbia seriamente bisogno di riconsiderare se stessa da questo punto di vista. Il cloud computing potrà anche sembrare un meme accattivante foriero di telematicità salvifiche e universi completamente online: per ora l’unica cosa sicura è che la crescita esponenziale di servizi di rete e relative infrastrutture pesa sempre di più sulla “bolletta” complessiva del Pianeta.

“Abbiamo bisogno di più data center, di più server. Ogni server brucia più Watt di quelli della generazione precedente e ogni Watt costa di più”, continua Bapat, sostenendo che se si mettessero insieme i trend attuali si arriverebbe al punto da poter teorizzare una “tempesta perfetta” capace di ridurre Internet a un groviglio di cavi senza alcuna utilità pratica.

Cresce la popolarità dei servizi di rete, cresce il fabbisogno energetico e quindi la bolletta da pagare dalle aziende, crescono infine le tonnellate di CO2 spedite ogni giorno, mese, anno nell’atmosfera a peggiorare le già preoccupanti condizioni climatiche del Pianeta. L’unica cosa che non cresce di pari passo con il resto sono i ricavi , anzi, la recessione mette a dura prova il flusso di denaro precedentemente garantito dall’advertising mentre molti servizi continuano a rimanere inesorabilmente gratuiti per l’utente finale.

Tra i provider telematici più osservati per le proprie competenze energetiche c’è naturalmente Google, che si vanta di avere realizzato un design per data center modulari “verdi” o quantomeno estremamente efficienti nel consumo energetico. Anche a Mountain View le stanno provando tutte per contenere costi ed emissioni di CO2, persino impiegare un’ orda di capre affamate per brucare i prati nel circondario da sostituire a tagliaerbe opportunamente attrezzati. L’ultima novità è poi un brevetto su un modello di data center marittimo , fatto questo di cui si parla da tempo e che viene confermato dalla concessione della IP da parte dell’US Patent Office.

Nel ” data center ad acqua ” di Google i container in cui alloggiano i server sono ospitati su navi che è possibile spostare in lungo e in largo, per portare capacità computazionali laddove non possono arrivare i server a terra vuoi per un disastro naturale o per un qualsivoglia altro motivo. L’elettricità necessaria al funzionamento del sistema viene generata direttamente dalle onde marine grazie ai Palemis Wave Energy Converter . Liberarsi del calore in eccesso sviluppato dalle macchine è operazione quantomai semplice.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
5 mag 2009
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