Copyright, vogliono cancellare l'upgrade

Copyright, vogliono cancellare l'upgrade

di Paolo De Andreis - Il cittadino diventa consumatore e con la rete può compiere il grande balzo: diventare il seme del nuovo che verrà. Un soggetto pericoloso, un upgrade inaccettabile
di Paolo De Andreis - Il cittadino diventa consumatore e con la rete può compiere il grande balzo: diventare il seme del nuovo che verrà. Un soggetto pericoloso, un upgrade inaccettabile

La questione di fondo non è se essere o non essere più, come vorrebbero far credere al mondo i legulei delle major, ma se innovare o meno, se inseguire la rete, ossia la nuova comunicazione tra gli esseri umani, o se rallentarla assestando dei calci molto mirati ai suoi organi motori. Stiamo cioè parlando di guerra, di violenza, motivata come tutte le guerre da interessi economici ben sotterrati sotto proclami di principio. Una violenza che è arrivata al culmine e che richiede l’immediato intervento della politica se non proprio della polizia.

Quando le major e i propri compagnucci in Parlamento affermano che Internet debba sottostare a delle regole, loro parlano delle loro regole e, più nello specifico, di quelle che precedevano l’avvento della rete. In altre parole, intendono imporre normative concepite quando il mercato non conosceva la comunicazione continua e multilaterale innescata da Internet, quando il consumatore era isolato, prima che il cittadino ottenesse il nuovo upgrade: lo status di utente della grande rete. Un atteggiamento, il loro, che trova fertile terreno in un ambiente politico e giudiziario che fatica a cogliere le caratteristiche, belle o brutte che siano, della nuova socialità.

Il resto è tutto ovvio: innestare in un nuovo ambiente dalla natura imprevedibile regole precedenti, pensate per un mercato della proprietà intellettuale controllato grazie alle scarse risorse della comunicazione interpersonale, non solo non ha alcun senso, ma non può che deviare , distorcere , turbare il nuovo habitat . Il che, in altre parole, significa che tentare di imporre alla rete, ossia alla comunicazione tra le persone, una qualsiasi forma di ostacolo si traduce molto semplicemente in invadere gli spazi delle relazioni tra le persone, infilarsi tra gli amici, imbucarsi nelle community per devastarne la natura e l’afflato innovatore al solo fine di cancellare quell’upgrade, riportare l’utente allo stato di consumatore.

Sebbene concepisca la libertà individuale quale bene supremo e strumento principe della ricerca della felicità, e sia molto tollerante anche con i più invasivi dei miei conoscenti, non credo che tollererei a lungo qualcuno che voglia sapere cosa c’è nel pacchetto che sto dando al mio compagno, controllare quali file stia facendo sentire ai miei amici o con quali avatar si balocchino i maniaci del gioco di ruolo. Se le major hanno dimostrato di non aver pudore nel ficcanasare nelle reti di scambio, e di essere pronte a cancellare libertà storiche della persona, a colpevolizzare i provider e a condannare la libertà di comunicazione in nome del proprio business, oggi ormai tutto questo è roba vecchia. Con le decisioni francesi , le facilonerie italiote tra commissioni ad hoc e media drogati, siamo ormai alla fase due: i ficcanasi hanno acquisito nuovi poteri, sono ormai tra di noi e hanno nuove possibilità per denunciare, fermare e arrestare le correnti di pensiero e di cultura che si sviluppano nell’ambiente digitale, mettono cioè a rischio le nuove connessioni tra le persone.

È questo l’azzoppamento della rete, è questo il livello dello scontro, non conosce confini la battaglia contro l’heavy user quale progenitore del cittadino che un domani potrebbe affermarsi, finalmente consapevole, una violenza che entra nella vita privata, nei log di accesso, negli hard disk. Anziché ricercare modelli di business che sfruttino questa comunicazione, si arrogano l’autorità di darle una forma, si impegnano a delimitarla, vietano gli assembramenti e gli abbracci di piazza, vorrebbero impedire a gruppi di persone di manifestare il proprio pensiero parlandosi, magari scambiandosi ciò che piace loro, come piace loro, quando piace loro.

Dal mio punto di vista siamo dinanzi all’ennesima crisi dello stato di diritto innescata non dalla rete, come vorrebbero far credere gli azzeccagarbugli di cui sopra, ma dalla lucida follia di industrie quotate, corporation che stanno utilizzando gli strumenti difettati delle civiltà democratiche per sovvertire i principi stessi, i cardini di quelle democrazie, le ragioni per cui sono nate, e le lotte che ne hanno consentito la nascita.

Ci sono paesi in cui questi atteggiamenti sobillatori sarebbero puniti con mano di ferro. Qui in Italia non mi aspetto che intervengano i Carabinieri né che in Europa si mobilitino altre polizie. Però mi piace sperare che il cittadino della rete, l’utente, quello che forse rappresenterà un giorno il nuovo cittadino, quello che al suo upgrade ci tiene, arriverà al punto di trarre le conseguenze di quanto sta avvenendo e di integrare tutto questo nei propri comportamenti, nelle proprie comunicazioni, nei propri acquisti e nei propri voti. Che costui, che ha imparato a informarsi, e che può quindi finalmente iniziare a scegliere, decida di farlo e di trasformare il proprio comportamento in un approccio politico alle cose che lo riguardano, in primis al rispetto del suo habitat. Sarebbe un bel salto in avanti e anche il miglior indicatore di un futuro possibile.

Paolo De Andreis
Il blog di pda

dello stesso autore vedi anche
Le parole della rete
Sarkozy? Dàgli all’untore

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Pubblicato il
27 mag 2009
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