FAPAV, consegnateci quegli IP

FAPAV, consegnateci quegli IP

di F.Sarzana di S.Ippolito (www.lidis.it) - La federazione antipirateria audiovisiva tenta di rimescolare le carte. Ma Telecom, per il momento, tiene duro
di F.Sarzana di S.Ippolito (www.lidis.it) - La federazione antipirateria audiovisiva tenta di rimescolare le carte. Ma Telecom, per il momento, tiene duro

Se qualcuno avesse potuto nutrire dubbi sulle reali intenzioni dei titolari dei diritti d’autore in ordine al comportamento da tenere nei confronti di chi scarica musica o film da internet, l’iniziativa intrapresa della FAPAV in questi giorni contro Telecom Italia appare in grado di fugare ogni dubbio.

L’Associazione antipirateria, secondo quanto riportato da diversi organi di stampa e dal quotidiano la Repubblica sabato scorso, ha intimato a Telecom Italia di comunicare alle autorità di pubblica sicurezza “i dati idonei a consentire a quest’ultima di adottare gli interventi di sua competenza” nei confronti di coloro che si rendono responsabili di aver scaricato illegalmente dalla rete contenuti audiovisivi protetti dal diritto d’autore.

“L’industria cinematografica italiana – chiarisce la FAPAV – nel caso in cui questo tipo di azioni illegali dovesse continuare a persistere, procederà alla richiesta di risarcimento per gli ingenti danni subiti”. La pirateria digitale, “un fenomeno falsamente rappresentato da alcuni come scambio culturale – sottolinea la Federazione – costituisce nella realtà una vera e propria denigrazione della professionalità e della dedizione di centinaia di migliaia di persone, al punto da mettere a repentaglio l’intera industria cinematografica italiana”.

Al di là dell’ effetto-annuncio che sembrerebbe sotteso alla diffida, va rilevato come l’iniziativa della FAPAV sembri avviare un “nuovo corso” nella lotta legale e normativa che contrapporrebbe le associazioni dei titolari dei diritti d’autore da un lato agli “scaricatori” e dall’altro agli internet service provider.

La puntata precedente, per tutti gli appassionati del genere, era stata come si ricorderà il caso Logistep-Peppermint. Senza ripercorrere le tappe di quella che divenne il “leading case” nella disciplina della privacy e dei diritti d’autore, basta ricordare che all’epoca secondo i legali di Logistep-Peppermint i provider (ISP) dovevano ritenersi obbligati a fornire i dati personali degli utenti non solo alle forze dell’Ordine o alle Pubbliche Autorità ma anche a soggetti privati, eventualmente attraverso l’ordine di un tribunale.

Il fondamento normativo generale di tale iniziativa sarebbe stato l’approvazione della Direttiva Europea IPRED 2004/48/CE, cosiddetta “IP enforcement”, che avrebbe ampliato i poteri dei detentori di diritti autoriali danneggiati. La teoria fu autorevolmente smentita dal tribunale di Roma, sollecitato fra gli altri dall’associazione Altroconsumo, che sollevò obiezioni legate al diritto di privacy degli utenti telematici.

Orbene, l’iniziativa della FAPAV odierna sembra pensata per “aggirare” le prevedibili contestazioni in ordine alla consegna diretta di dati da parte dei provider ai titolari del diritto d’autore. La diffida inviata a Telecom Italia infatti invita la stessa a consegnare i dati non agli stessi titolari bensì alle Autorità di pubblica sicurezza. Non si conoscono i contenuti prettamente giuridici della diffida, ma è possibile che la stessa sia basata sul disposto dell’art. 17, 2 comma lettera a e b del decreto legislativo 70/2003, vale a dire il decreto sul commercio elettronico che dispone che:

2. Fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 14, 15 e 16, il prestatore è comunque tenuto:
a) ad informare senza indugio l’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società dell’informazione;
b) a fornire senza indugio, a richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l’identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite.

In pratica la FAPAV, se è giusta questa impostazione, sembrerebbe ritenere che vi sia un obbligo giuridico da parte del provider di consegnare alle autorità competenti i nomi dei propri Clienti che avrebbero svolto “presunte attività illecite”. Se l’impostazione giuridica potrebbe risultare corretta da un punto di vista formale vi sono alcune obiezioni che appaiono insuperabili: come fa infatti la FAPAV a sapere che ci sono elenchi di nomi da consegnare all’Autorità giudiziaria? Lo presume o ne è certa? E in questo ultimo caso come fa a sapere che ci sono soggetti che scaricano musica o film senza adottare meccanismi di tracciamento degli IP o, ancor più grave sistemi di intercettazione dei flussi telematici?

Come si vede sono le stesse domande che sorsero nel caso Peppermint e per le quali il Tribunale di Roma sembrava aver detto una parola definitiva sula prevalenza del dato personale dell’utente telematico rispetto all’esigenza di “conoscenza” da parte del titolare del diritto d’autore. La differenza che sembrerebbe emergere da questa nuova iniziativa è che all’epoca si usò la disciplina del diritto d’autore, ritenuta la più idonea a “svelare” i nomi degli scaricatori telematici ai titolari dei diritti, e si agì anche nei confronti degli utenti: oggi si cambia impostazione e si punta sui provider e sulle autorità di pubblica sicurezza, in base alla disciplina normativa del commercio elettronico.

La risposta di Telecom Italia peraltro non si è fatta attendere: le Agenzie di stampa il giorno dopo l’invio della diffida hanno battuto una lunga dichiarazione all’interno della quale la stessa Telecom invoca la disciplina comunitaria che consente “agli Stati membri di circoscrivere all’ambito delle indagini penali o della tutela della pubblica sicurezza e della difesa nazionale il dovere di conservare e mettere a disposizione i dati sulle connessioni e il traffico generati dalle comunicazioni effettuate durante la prestazione di un servizio della società dell’informazione, escludendo la possibilità che tali dati possano essere messi a disposizione per controversie civili relative ai diritti di proprietà intellettuale”.

A sostegno delle proprie tesi Telecom Italia non ha fatto altro che riportare quanto affermato dal Garante della privacy (citazione di sentenze incluse) il quale sollecitato ancora dall’Associazione Altroconsumo ha emesso il 28 febbraio 2008 il provvedimento Peer-to-peer: illecito “spiare” gli utenti che scambiano file musicali e giochi (Peppermint) , nel quale appare in maniera incontrovertibile l’impossibilità da parte dei titolari dei diritti di utilizzare strumenti di “tracciamento” degli IP.

Poiché la vicenda Peppermint sembrava essere stata abbastanza chiara dovremmo domandarci il perché proprio in questi giorni l’Associazione antipirateria abbia deciso di agire con questa che sembrerebbe essere più una provocazione, che una reale iniziativa destinata ad una qualche forma di successo, vista anche la ferma reazione della stessa Telecom Italia. Il momento sembrerebbe forse propizio per “sparigliare” le carte in vista di una possibile modifica normativa che introduca in qualche forma anche in Italia la dottrina Sarkozy e che attribuisca, come si è spiegato in un precedente articolo , poteri più penetranti alle forze dell’ordine in materia di accertamento e di repressione degli illeciti legati al peer to peer.

L’azione inoltre, che non ha riguardato a quanto pare altri provider, sembrerebbe quasi essere una sorta di “avvertimento” dei titolari dei contenuti al più grande provider italiano, che esercita sì l’attività di titolare delle reti di telecomunicazione, ma che ha anche forti interessi nel mercato dei contenuti e sui costi legati all’acquisizione di tali diritti.

Fulvio Sarzana di S.Ippolito
www.lidis.it

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Pubblicato il 26 mag 2009
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