Sharp punta sul solare

Sharp punta sul solare

L'azienda nipponica ha realizzato un pannello fotovoltaico in grado di essere implementato sui dispositivi mobili. Perché rinnovabile è bello, e pure conveniente
L'azienda nipponica ha realizzato un pannello fotovoltaico in grado di essere implementato sui dispositivi mobili. Perché rinnovabile è bello, e pure conveniente

La necessità di seguire la svolta verso il green tech inizia sempre più a far proseliti in settori dell’industria tecnologica, tra cui il settore della telefonia mobile: dopo l’exploit di Samsung, anche Sharp ha deciso di realizzare un piccolo pannello solare, in grado di ricaricare la batteria in movimento e, presumibilmente, di adattarsi a svariati dispositivi mobile.

Il piccolo pannello solare, denominato Solar Module for Mobile Devices consiste in un sottile strato realizzato in silicio policristallino dello spessore di 0,8mm in grado di accumulare fino a 300mW di energia. Stando a quanto dichiarato dal produttore, la particolare forma del dispositivo e, soprattutto, il limitato spessore lo rendono adattabile a qualsiasi dispositivo, poiché “gli elettrodi collocati sulla superficie del dispositivo possono essere disposti in maniera da soddisfare le richieste dei produttori di dispositivi, rendendo possibile una maggiore flessibilità nella loro progettazione“.

Con tutta probabilità, l’idea di Sharp è quella di battere un nuovo sentiero dell’industria hardware, focalizzandosi su un settore sempre più florido, ovvero quello della telefonia mobile. In tal senso, il paragone diretto con i piani dell’azienda nipponica è senz’altro rappresentato da Blue Earth, lo smartphone ideato da Samsung costruito interamente con materiali riciclati e anch’esso dotato di un accumulatore di energia solare sul retro della scocca.

Nonostante non sia chiaro al momento se e quando il dispositivo di Sharp verrà integrato su nuovi smartphone, quello che appare chiaro è che le tecnologie in grado di concentrare l’energia solare risultino il cavallo vincente su cui i produttori dovrebbero puntare. A dirlo è uno studio realizzato da alcuni enti di ricerca in collaborazione con Greenpeace, secondo il quale dopo un periodo di stento iniziale, le tecnologie CSP potrebbero arrivare a soddisfare il 7 per cento di tutto il fabbisogno energetico mondiale entro il 2030 e il 25 per cento entro il 2050. 

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
28 mag 2009
Link copiato negli appunti