Il fascino perverso della perfezione

Il fascino perverso della perfezione

di Marco Calamari - Può un oggetto trascendere i principi e alle convinzioni morali del suo potenziale proprietario? Per uno schermo touch e un po' di icone si può rinunciare al resto?
di Marco Calamari - Può un oggetto trascendere i principi e alle convinzioni morali del suo potenziale proprietario? Per uno schermo touch e un po' di icone si può rinunciare al resto?

Partiamo da un assunto banalissimo, che potrebbe passare per una superficiale preferenza personale: non ho un iPhone anche se potrei permettermelo e mi piacerebbe averlo.

Detto da una persona che è stata per lunghissimo tempo un sostenitore della superiorità tecnologica ed estetica della casa della Mela sembra se non una contraddizione almeno una cosa “strana”. È pur vero che talvolta indulgo nel ricordare di essere andato in riunione con dei loro dirigenti a spiegare come ai bambini perché stavano sbagliando tutto su una certa questione tecnica, ricavandone una buona dose di immodesta soddisfazione, ma ovviamente non è questo il punto.

E non si tratta nemmeno di un “salto del fosso” come quello che talvolta (ho sentito “spesso”?) fanno i nostri politici. Semplicemente non più tardi di qualche giorno fa è accaduto che un conoscente a cui avevo chiesto di prestarmi iPhone per fare una prova mi abbia chiesto “Ma come, tu non ce l’hai?”. Questo mi ha costretto a tediarlo spiegandogli i perché ed i percome. Ed allora perché farlo anche con voi?

Si tratta di una serie di motivi importanti, che mi hanno spinto anche a non relegare questa piccola cosa tra gli “Spiccioli” ma inserirla nella rubrica a tutti gli effetti. Ma prima una domanda di fondo, per risparmiarvi eventualmente il fastidio di leggere cose inutili: “Vi capita mai di agire apparentemente contro il vostro interesse immediato in nome di qualche principio di cui siete convinti”?

Se la risposta non e un “Sì!” convinto troverete probabilmente ridicole le argomentazioni del seguito.

iPhone è un oggetto affascinante e assai vicino alla perfezione sia estetica che funzionale. Non parlo della perfezione o meno del set di caratteristiche tecniche come il copia&incolla o la durata e rimpiazzabilità della batteria. Si tratta invece più semplicemente della perfezione con cui si lascia impugnare ed usare, dei feedback istantanei che fornisce a chi ne sfiora lo schermo, della modalità intuitiva con cui si lascia manipolare con le gesture. Affascinante, tremendamente affascinante, pur senza parlare di altre questioni di personalizzabilità ed efficienza rispetto agli altri cellulari.

È l’impatto di base con le cose più normali ed immediate che fa la differenza nel successo di un prodotto in termini di fascino, e iPhone indiscutibilmente ce l’ha in quantità stupefacente. I pubblicitari userebbero parole come “feel” e “appeal” ma io ve le risparmio.

È questo il fascino a cui tutti siamo, chi più (tanti) chi meno (pochi), sensibili: ma dove sta la perversione?

Bene, come definireste la situazione in cui una persona (in realtà un consumatore, ma facciamo finta per un attimo che i consumatori siano persone) è indotta ad agire contro un duraturo proprio ed altrui interesse in cambio di un vantaggio immediato effimero? Sì, proprio come nel caso della dose regalata da un pusher o dei sorrisi dell’angelo azzurro al professor Rath. Si tratta del tipo di interesse che porta appunto a non preoccuparsi della sorte futura del proprio fegato oppure della possibilità di finire vestito da pennuto a fare “chicchiricchi” davanti ad un allibito pubblico di conoscenti.

E allora quali sono le questioni di principio che dovrebbero essere soppesate?

Ad esempio il fatto di rendersi un utente prigioniero di un mercato vasto eppure chiuso, che è soggetto a precise regole dettate da un’azienda che opera in sostanziale regime di monopolio. Ad esempio il fatto di partecipare allo sviluppo di un ennesimo ecosistema informativo in cui l’informazione (software, musica etc) viene resa per quanto possibile vincolata (ma volevo dire prigioniera) di periferiche e mercati strettamente controllati.

Ad esempio il fatto di scegliere di vivere in un luogo che si trova agli antipodi della economicità, della libertà e della disponibilità per tutti.

Ci sarebbero altri sfaccettature da esaminare, ma credo di aver già annoiato abbastanza e quindi termino con un semplice ma estremamente calzante paragone. Il commercio equo e solidale è vissuto da molte persone non solo come una moda od un mezzo per avere prodotti senza pubblicità e di buona qualità, ma come un modo di vivere in maniera più morale e più “giusta”.

Non è importante se questo caso particolare sia completamente aderente a questa definizione, e neppure se lo sia il mondo del Software Libero o dell’informazione aperta e gratuita. La cosa importante, come mi disse un collega tantissimo tempo fa, è se magari solo ogni tanto ci si lascia guidare da motivi ideali o da questioni rivolte al futuro piuttosto che da un interesse immediato e personale. A me talvolta accade, anche mentre sto comprando un computer od un telefonino.

Marco Calamari

Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari

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Pubblicato il
26 giu 2009
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