Il keylogger che rischia 20anni

Il keylogger che rischia 20anni

di A. Chiodi - Fa rabbrividire il modo in cui viene gestito il caso di un ragazzo che ha registrato i tasti premuti dai propri compagni di università per accedere ai loro account
di A. Chiodi - Fa rabbrividire il modo in cui viene gestito il caso di un ragazzo che ha registrato i tasti premuti dai propri compagni di università per accedere ai loro account


Roma – Non ha avuto molta eco la recentissima storia di un universitario americano accusato di aver installato su più di cento computer del proprio ateneo software di keylogging e di aver avuto accesso ai dati personali di altri studenti.

Eppure la questione è piuttosto interessante visto che per le sue azioni, sulle quali sta investigando assieme all’Università anche il procuratore generale del Massachussets, il 21enne Douglas Bourdreau ora rischia davvero moltissimo.

Sul piano formale, infatti, il giovane studente è accusato di aver violato ben sette normative federali, che vanno dall’intercettazione illegale delle comunicazioni elettroniche all’accesso non autorizzato a sistemi informatici protetti. La colpa più grave è di essere entrato di soppiatto nel corso della notte negli uffici dell’Università al fine di commettere un reato: da sola quest’accusa prevede una pena massima di 20 anni di carcere.

In pratica, il nostro ha utilizzato il software di registrazione dei tasti premuti sulle tastiere (keylogging, appunto) nel proprio campus per poter accedere agli account degli altri studenti, ricaricare impunemente la propria carta per compiere acquisti all’interno del campus e leggere dati che non avrebbe mai dovuto conoscere.

L’ha fatta senz’altro grossa ma le accuse sono così pesanti da destare preoccupazione, visto che il processo che attende Bourdreau potrebbe concludersi con una condanna senza precedenti. Anche per questo i responsabili dell’Università hanno tenuto a sottolineare come, nonostante le gravi azioni commesse, nessuno dei dati di cui è entrato in possesso l’accusato sono stati venduti a terzi o utilizzati per altri abusi.

Da due anni a questa parte gli illeciti informatici commessi all’interno delle Università americane devono essere riferiti alla polizia anziché essere gestiti con inchieste e procedure interne. E dunque, anziché rimediare con tuttalpiù un’espulsione e una multa ora si parla apertamente di carcere. E qualcuno alla procura generale vuole fare di Bourdreau un esempio per tutti. Che bello lo stato di diritto.

Adele Chiodi

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Pubblicato il
11 feb 2003
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