Aprire gli occhi con un'eco

Aprire gli occhi con un'eco

Nuovi studi nel campo della ecolocazione. Perché sentire ciò che non si vede si può. Una ricerca spagnola offre le prime conferme
Nuovi studi nel campo della ecolocazione. Perché sentire ciò che non si vede si può. Una ricerca spagnola offre le prime conferme

Un team di ricercatori spagnoli dell’Università di Alcala ha iniziato a studiare l’ ecolocazione umana partendo dalla ricerca del suono più adatto. Scopo della ricerca: scoprire fino a dove si estende questa capacità nell’uomo e quanto possa essere incrementata.

Il più facile esempio di ecolocazione è il sonar : è usata, per esempio, dai delfini e dai pipistrelli e consiste nel comprendere (sentire) lo spazio circostante attraverso i suoni riflessi ed i rumori ambientali.

Il nuovo studio spagnolo, pubblicato nella rivista Acta Acustica united with Acustica dimostra che l’uomo effettivamente possiede questa capacità, finora pressoché trascurata dalla ricerca scientifica ( pochi i dati e gli studi disponibili sull’argomento).

Eppure persone affette da deficit visivi o cecità come Daniel Kish, direttore esecutivo del World Access for the Blind , hanno sviluppato spontaneamente una personale tecnica di ecolocazione: Kish fin da piccolo schiocca la lingua e tramite la flebile eco di quel rumore si orienta, riuscendo ad interpretare il percorso del suono riflesso dagli oggetti che lo circondano ottenendo così un’ immagine mentale 3D . L’eco infatti gli permette di percepire tre caratteristiche degli oggetti: dove sono, quanto sono grandi e, a grandi linee, di che sono fatti, informazioni che permettono al cervello di crearsi un’immagine dell’ambiente circostante. Tutto questo gli consente di compiere azioni altrimenti impossibili, come andare in bicicletta.

Juan Antonio Martinez Rojas, primo autore della ricerca, ha studiato numerosi suoni che possono essere utilizzati nell’ecolocazione. Registrandoli e analizzandone la forma delle onde sonore, il suo team ha determinato che il palatal click , lo schiocco prodotto dalla parte frontale della lingua contro il palato, rappresenta il miglior suono ai fini dell’ecovisione: è un suono semplice, la cui eco è facilmente interpretabile dal cervello, ma ricco di frequenze. E più frequenze significa maggiori informazioni sull’oggetto incontrato dall’eco.

Kish, inoltre, supportato dal collega psichiatra Derek DeVecchio ha anche cercato di sviluppare suoni diversi per ottimizzare la capacità di ecolocazione: un sistema di click artificiali modellati sui suoni emessi dai pipistrelli ma entro il range uditivo umano.

L’obiettivo, per tutti gli studiosi che si stanno occupando della materia, è dimostrare che l’ecolocazione è un’abilità primaria umana: nelle parole di Kish, “l’hardware è nel nostro cervello, è solo un po’ arrugginito”.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
9 lug 2009
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